Quando la nostra giustizia si trova a dover affrontare crimini di americani alla fine finisce sempre con uno “schiaffo” a lei e alle strutture penitenziarie
Un processo ad americani diventa sempre un scontro di capacità
Per quanto a memoria posso ricordare, quando la giustizia italiana si è trovato a dover affrontare crimini commessi, in Italia, da americani, alla fine è sempre finita con uno “schiaffo” a lei, alla nazione, e alle sue strutture penitenziarie.
Tanto per ricordare, un caso per tutti: la Strage del Cermis.
20 anni fa, era il 4 marzo 1999, il capitano Ashby tranciò, con il suo aereo, i cavi della funivia del Cermis provocando 20 vittime. Vittime che, ad oggi, sono rimaste senza ottenere giustizia visto che lo stesso, rimpatriato in USA e lì processato da corte militare, con testi militari e giuria di militari (tutti USA), con una sentenza scontata in partenza, fu giudicato non colpevole.
Ma veniamo al caso di questi giorni: l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega avvenuto il 26 luglio a Roma.
Tutto sembra chiaro e comprovato: ci sono le riprese delle telecamere, ci sono i tracciati dei cellulari, c’è l’arma del delitto trovata nascosta nella camera dei due americani e, soprattutto, c’è la confessione degli stessi eppure …..
Eppure subito partono gli arzigocoli legali innescati, guarda caso, da Carlo Dalla Vedova, legale di Amanda Knox, l’americana condannata insieme a Raffaele Sollecito e poi assolta definitivamente per l’omicidio di Meredith Kercher.
Arzigocoli subito raccolti dalla stampa americana e, soprattutto, dalle famglie dei due rei-confessi. In particolare dalla famiglia di Finnegan Lee Elder, uno dei due giovani americani rei confessi dell’omicidio vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, che, tramite un loro legale ha fatto sapere, da San Francisco, di auspicare che “la verità venga fuori e nostro figlio torni presto a casa”.
span style="color: #000000;">Con un comunicato letto dall’avvocato Craig Peters davanti alla casa degli Elder a San Francisco dopo la visita in carcere del padre di Finnegan Elder Ethan a Roma, la famiglia afferma:
“Abbiamo l’impressione che l’opinione pubblica abbia avuto un resoconto incompleto della verità degli eventi”
La “scusante” difensiva messa insieme dai legali sembra basarsi sul fatto che gli investigatori hanno riferito che il giovane ha confessato l’accoltellamento avvenuto durante una rissa ma, secondo quanto risulta da documenti del tribunale, Elder ha detto di aver creduto che uno “strano uomo” volesse strangolarlo, e di non sapere che Cerciello fosse un poliziotto in borghese.
Ora, a prescindere dal fatto che invece risulterebbe che. Cerciello ed il collega si qualificarono come carabinieri, la domanda è: ed allora? Questo avrebbe autorizzato il rampollo USA ad uccidere con ben 11 coltellate chi “credeva” che lo stesso aggredendo? E’ pur vero che con Salvini imperante galoppa anche la legittima difesa ma, finanche con essa, la cosa appare quantomento esorbitante e, alla fin fine, incomprensibile nonché inaccettabile.
Se poi ci aggiungiamo che il “bravo ragazzo” non solo è partito dall’america sentendo il bisogno di portare con se un’arma da guerra (il pugnale era in dotazione ai navy seals) che poi ha portato con se per strada, ed usata, come se nulla fosse in quella tragica notte, il tutto risulta ancora più incomprensibile come sempre più inaccettabili appaiono gli arzigocoli che certi avvocati portano sempre in campo in un infinito: facite ammuin.
Come finirà si vedrà ma, quand’anche finisse, come sembra inevitabile, con una condanna, tra i corridoi circolano già voci di “possibili scambi di prigionieri” tra gli USA e l’Italia al fine di far comunque tornare a casa gli USA rampolli.
Nello specifico Libero scrive:
La vicenda è quella relativa all’omicidio di Mario Cerciello Rega, il vicebrigadiere ammazzato a Roma dai due balordi americani. E tra i prigionieri da scambiare, secondo quanto riporta Il Giornale, ci sono proprio loro: Lee Elder Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth. Loro due agli Stati Uniti, all’Italia Chico Forti, il velista vicentino condannato all’ergastolo nel 2000 e che si è sempre dichiarato vittima di un errore giudiziario (il caso infatti è costellato da parecchi dubbi e ombre).
Dello scambio di prigionieri – sul piatto da parte dell’Italia ci sarebbero anche due americani accusati di violenza sessuale – starebbero già trattando le due ambasciate. L’ipotesi, dunque, è che dopo il processo e l’eventuale condanna, i due killer americani accusati dell’omicidio di Cerciello Rega, potrebbero scontare la pena in un carcere americano. Washington sostiene da tempo che la giustizia italiana sia troppo permissiva e superficiale coi detenuti, ragione per la quale non hanno mai concesso il ritorno in patria di Forti. Ma ora, con Lee e Hjorth, qualcosa potrebbe cambiare.
E questo è! Che dire: usando le parole del comandante dei Carabinieri, speriamo che da tutto questo non arrivi la dodicesima coltellata al vicebrigadiere Mario Cerciello Rega
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