Un pinguino per amico. La gratuità dell’amore genera gratitudine, almeno nei pinguini. Non è buonismo. Pinguinismo semmai.
T
ra i gesti d’amore che tengono in piedi questo pianeta sfuggendo ai radar dei media tarati sul male, ogni tanto ne affiora in superficie qualcuno. L’Independent ha raccontato la storia di João, un pescatore brasiliano in pensione, che camminando sulla spiaggia si imbatté in un pinguino intriso di petrolio. Decise subito di legarlo a sé dandogli un nome, Dindim, ma impiegò una settimana a togliergli il catrame dalle piume e parecchi mesi a rimetterlo in sesto con scorpacciate di sardine. Quando Dindim ebbe recuperato le forze e mutato le piume, João lo restituì alle onde del mare per consentirgli di raggiungere la sua base in Patagonia. Succedeva nel 2011. Ma da allora, ogni estate, Dindim percorre ottomila chilometri per tornare alla spiaggia brasiliana in cerca dell’amico pescatore. Appena riconosce la sua sagoma raggrinzita dagli anni e dal sole, lancia un suono stridulo: il suo personalissimo inno alla gioia. E da lui, e solo da lui, si lascia avvicinare e toccare.
La gratuità dell’amore genera gratitudine, almeno nei pinguini. Non è buonismo. Pinguinismo semmai. E umanesimo, voglio sperare. In fondo, dall’Isis a Wall Street, tutte le comunità disumane e «dispinguine» hanno un tasso di ferocia misurabile dalla distanza che separa i loro gesti da quelli di Dindim e João.
*lastampa /Â Un pinguino per amico. MASSIMO GRAMELLINI
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