La Polizia di Stato di Siracusa ha eseguito ieri un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale della città nei confronti di un uomo responsabile di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate.
L
E INDAGINI
L’attività investigativa esperita dalla locale Squadra Mobile, coordinata dal Procuratore capo presso il tribunale di Siracusa, Sabrina Gambino e dal Sostituto Tommaso Pagano, ha consentito di mettere in luce oltre sette anni di maltrattamenti perpetrati da un giovane della provincia di Siracusa nei confronti di tutte le “sue donne”.
Agli agenti più che una famiglia si è presentato sostanzialmente un “harem”, dato che sotto lo stesso tetto erano costrette a coabitare moglie e amante e quattro figlie, due nate all’interno del matrimonio e due dalla relazione extraconiugale.
All’interno delle mura domestiche c’era un clima di terrore determinato dalla violenza fisica e psicologica che l’uomo che imponeva alla moglie, all’amante e alle quattro figlie minori.
Secondo la polizia le due donne erano costrette a vivere in una condizione di “semi-segregazione”, non potendo uscire di casa se non con il consenso dell’uomo.
Per strada potevano camminare solo con il capo chino, diversamente a casa sarebbero state aggredite con calci, pugni o con colpi di bastone. Tutto questo avveniva in presenza delle figlie che spesso subivano lo stesso trattamento che il padre riservava alle madri.
Moglie e amante sarebbero state costrette a intrattenere rapporti sessuali contro la loro volontà.
I PROVVEDIMENTI
Le donne sono state collocate con le rispettive figlie in una località protetta.
Il giovane già gravato da pregiudizi di polizia, è stato posto ai domiciliari.
STORIE DEL PASSATO: UNA VICENDA MA NON DRAMMATICA DI UN HAREM IN SICILIA RISALENTE A DIVERSI ANNI ADDIETRO
La sconcertante vicissitudine di violenza sulle donne sopra riportata, ne rammenta una precedente a proposito di “harem” – ma non drammatica come quella sopra riportata – risalente al 1979 e sempre in Sicilia, della quale all’epoca se ne occuparono tutti i notiziari del mondo. Alcuni forse ancora ricorderanno la vicenda del “Califfo di Cuccubello” all’anagrafe Giuseppe Scaffidi Fonte che viveva a S. Agata Militello comune della provincia tirrenica di Messina. Quando i Carabinieri entrarono nel suo “harem” l’uomo aveva ufficialmente 33 anni, una moglie e 4 figli. Di fatto aveva avuto 36 figli accertati con donne che incontrava una per sera, al primo piano di un vecchio casolare abbandonato, sulla strada provinciale Messina-Palermo, in contrada Cuccubello. Le sue amanti volevano diventare madri e concepivano i figli con lui, ad insaputa dei mariti ma anche con il loro consenso. Nel 216 intervistato nella trasmissione “Parliamone…” della Rai 1 il “Califfo di Cuccubello” che aveva 64 anni raccontava “Ne ho reso felici tante, giovani e meno giovani”. L’uomo era figlio di contadini e non aveva mai avuto un mestiere fisso: aveva fatto per qualche tempo il contadino, il venditore ambulante di pesce, poi lo scaricatore di legname, e ancora il meccanico, il manovale nell’edilizia. Poi con la sua moto-Ape andava anche in giro per raccogliere ferro e roba vecchia. Le donne che ha avuto dicevano di lui che “aveva il sangue pazzo nelle vene ma sapeva anche essere tenero e dolce con noi tutte, sempre affettuoso e premuroso, allegro e innamorato”. Il “Califfo di Cuccubello” non era molto alto, aveva le spalle larghe, occhi celesti e capelli neri. L’uomo di Sant’Agata di Militello aveva poi avuto un lavoro fisso al Comune come operatore ecologico. I suoi figli, ufficialmente accertati, sono 36, e 27 portano anche il suo duplice cognome, Scaffidi Fonte. Ma potrebbero essercene anche tanti altri.
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