Donald Trump, a margine dell’incontro con Benjamin Netanyahu, spiega di non considerare la strada dei «due Stati» l’unica percorribile per porre fine al conflitto tra israeliani e palestinesi. Fra le opzioni alternative per raggiungere la pace vi sono una Confederazione o un tavolo saudita di negoziati permanenti. Il presidente americano – scrive Stefano Stefanini – «sta imprimendo più di un cambio di direzione alla politica estera americana, ma non è detto che avrà successo».
Trump e Netanyahu congelano la soluzione dei “due Stati”
Il leader americano frena sugli insediamenti. «Tocca a Israele e Anp fare un’intesa». Sintonia sull’Iran: impediremo che abbia l’atomica. Il Pentagono pensa a truppe in Siria
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Io – ha detto Trump – sono per uno Stato, o due Stati. Quello che preferiscono le parti. Il mio obiettivo è la pace, e a negoziarla devono essere israeliani e palestinesi. Noi possiamo assisterli, e poi sosterremo le loro decisioni». Il presidente si è detto sicuro che «faremo un accordo», scherzando con il suo ospite che non sembrava altrettanto ottimista. Quindi ha aggiunto che preferirebbe uno stop agli insediamenti, per favorire il negoziato, che intende affidare al genero Jared Kushner, un ebreo ortodosso che conosce Netanyahu da quando era bambino. Trump ha ripetuto che «stiamo considerando il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme», ma senza prendere impegni precisi sui tempi.
Il premier ha detto che «non mi interessano le etichette, ma la sostanza. E la sostanza è la stessa che ripeto da sempre. Le nostre condizioni per la pace sono due: primo, i palestinesi devono accettare l’esistenza dello Stato ebraico, smettendo di minacciarne la distruzione e insegnarla ai loro bambini; secondo, la sicurezza dell’intera regione dovrà essere affidata ad Israele, altrimenti creeremo solo le condizioni per una nuova base terroristica». Netanyahu ha detto che questo momento rappresenta una grande occasione, perché a causa del terrorismo prodotto dall’islam radicale «molti Paesi arabi, per la prima volta nel corso della mia vita, non considerano più Israele un nemico, ma un alleato». Questo ha spinto Trump a dire che il disegno strategico è allargare il negoziato a questi Paesi, in modo da fare un accordo complessivo per la stabilità dell’intera regione.
I due leader hanno confermato la determinazione a lavorare insieme contro il terrorismo, e la piena convergenza sulla linea verso l’Iran. Entrambi considerano l’accordo nucleare negoziato dal presidente Obama un errore, e il capo della Casa Bianca ha ribadito che «non consentiremo mai a Teheran di avere l’arma atomica». Netanyahu ha elogiato la decisone di imporre nuove sanzioni per il recente test missilistico, «fatto con un vettore con su scritto che Israele deve essere distrutto». Quindi ha chiesto di prendere provvedimenti anche contro Hezbollah.
Il clima tra gli Usa e lo Stato ebraico è cambiato radicalmente rispetto all’amministrazione precedente, ma secondo l’ex vice segretario di Stato e vice consigliere per la sicurezza nazionale di Obama, Tony Blinken, la strategia di Trump e Netanyahu non è praticabile «a causa della demografia. Se resta un Stato solo, Israele non potrà essere insieme ebraico e democratico, perché i palestinesi diventeranno la maggioranza. A quel punto o dovrà rinunciare alla democrazia, oppure al fatto di essere uno Stato ebraico».
Poco dopo la conclusione dell’incontro e mentre Netanyahu stava dirigendosi al Congresso, il Pentagono faceva filtrare la notizia che «potrebbe raccomandare l’invio di truppe da combattimento Usa in Siria contro lo Stato islamico». Il Pentagono – ha riferito la Cnn – avrebbe illustrato la proposta a Trump.
vivicentro.it/politica
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