Il Movimento Cinque Stelle apre il dialogo con il Pd sulla legge elettorale e i democratici rispondono: “Noi ci siamo, se fate sul serio”.
Sfida sulla riforma elettorale Pd e M5S tentano Berlusconi
Giovedì il testo base. Trattativa partita tra Dem e grillini. Ma per il via libera servono i voti dei forzisti in Senato
L
’accelerazione è improvvisa: sarà che un certo nervosismo è stato percepito nelle reazioni del Quirinale, ma il Pd sembra tornato a modi più ragionevoli e diplomatici. E dopo lo stop and go che va avanti da settimane sulla legge elettorale, mostra di non volersi sottrarre all’inconsueta disponibilità offerta dal M5S. Pur nutrendo forte scetticismo sulla possibilità che si riesca ad approvare una nuova legge nei due rami del Parlamento.
Renzi non si fida, ma deve prendere atto delle dichiarazioni d’intenti ufficiali dei cinquestelle. Comincia Luigi Di Maio: «Vogliamo scrivere le regole del gioco insieme al partito di maggioranza, il Pd». Partendo dal Legalicum, il sistema creato dalla Consulta sulle spoglie dell’Italicum. Risponde il portavoce dem, Matteo Richetti: «Se il M5S fa sul serio è possibile costruire in tempi rapidi un terreno di intesa. L’importante è che l’impostazione conservi un impianto maggioritario e che garantisca governabilità». I 5 Stelle bocciano il premio di coalizione, perché conduce, dice sempre Di Maio, alle «grandi ammucchiate». Questi i paletti reciproci. Ma esce allo scoperto anche Berlusconi, «disponibile al confronto» per far capire che senza di lui non si va lontano. Sì perché anche se alla Camera grillini e dem dovessero riuscire a trovare un’intesa, al Senato da soli non avrebbero i numeri. E se non si accodasse Angelino Alfano con i centristi, allora bisognerebbe bussare dalle parti di Forza Italia. Che però pende a favore del proporzionale e non del maggioritario per cui tifano Pd e 5 Stelle.
Insomma un gran caos. Ma con qualche novità. I 5 Stelle propongono una sintesi tra legge attuale e il testo di Gian Mario Fragomeli, bollinato da Renzi e depositato alla Camera. È un proporzionale con effetti maggioritari: un doppio turno, senza ballottaggio, a cui possono accedere tutti i partiti che superano la soglia del 20% alla prima consultazione. La legge mantiene, per il primo turno, la soglia al 40% per accedere al premio di maggioranza, come l’Italicum, che si abbassa al 37% al secondo. Per i 5 Stelle, che hanno sondato gli azzurri in Parlamento, è una legge che piacerà anche a Berlusconi, perché, con qualche alleato, la lista di Fi potrebbe sfondare il muro del 20% anche senza Lega e giocarsi il tutto per tutto in una sfida a tre contro M5S e Pd, coalizzando di fatto l’elettorato. Al contempo, con questa proposta i 5 Stelle sperano di tentare Berlusconi e così disinnescare il pericolo di un Nazareno bis tra ex Cav e Pd su un sistema che tagli fuori i grillini.
È tenendo presente questa convinzione che bisogna leggere l’attacco a orologeria, apparentemente lontano dai toni della negoziazione, di Alessandro Di Battista: «Renzi è un buffone, alla fine farà un proporzionale puro per l’inciucio con Berlusconi». Fatto sta che giovedì il relatore Andrea Mazziotti, presidente della prima commissione, presenterà un testo base. Stamattina vedrà Pd e 5Stelle, e «dopo aver sentito tutti butterò giù il testo» assicura. Tradotto, non può essere una legge che piace solo ai due grandi, ma entreranno in gioco anche altri. Di sicuro chi ha in dote voti preziosi del Senato. Come Forza Italia.
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