i>Di Virginia Murru
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La diffidenza verso le ‘criptovalute’ dilaga, la Cina ne sta vietando il trading centralizzato, ma il muro alzato sugli scambi arriva anche dalla Corea del Sud, e in Europa,  da Germania e Francia. Il bitcoin è sotto i 12 mila dollari, secondo l’Agenzia Reuters, c’è un affondo pari al 18% (martedì 16 gennaio, valore minimo del 2018, dopo un anno al galoppo che sembrava inarrestabile).
E’ stato quindi il bando sentenziato sugli scambi che ha innescato panico e timore ‘di un più ampio giro di vite regolatorio’. Il 16 gennaio scorso è già stato definito il ‘martedì nero del bitcoin’.
L’impetuosa corsa alle vendite turbina nel mercato di tutte le criptovalute, delle quali, Ethereum è in calo del 23%, e Ripple del 33%. Il sito sudcoreano ‘Yonhap’, riporta le dichiarazioni rilasciate ad una radio locale dal ministro delle Finanze Kim Dong-yeon, il quale sostiene in sintesi che verranno adottate una serie di misure per arginare la corsa irrazionale e sfrenata agli investimenti in criptovalute.
Ma anche la Cina ha contribuito ad assestare colpi pesanti al bitcoin. Sempre secondo  la nota di Reuters, ai vertici della Banca Centrale (su direttiva del vice Governatore Pan Gongsheng), avrebbero deciso di vietare il trading centralizzato delle criptovalute. Ossia quello che passa attraverso le piattaforme ‘Coinbase o Kraken’, canali privilegiati per lo scambio. Anche se per gli irriducibili gli scambi avvengono su canali alternativi.
Intanto, la Corea del Sud, intende bandire gli scambi di valuta virtuale, almeno per ora quelli che non sono stati ancora finalizzati, ma è in programma una disciplina di carattere giuridico per la regolamentazione del mercato. Tutte  notizie che corrono sul web e che non contribuiscono ad un rialzo della fiducia, e infatti il bitcoin sta rilevando un crollo di notevoli proporzioni, dato che sulla piattaforma Bitstamp (Lussemburgo), è andato giù fino a 11.200 dollari. Di questo passo la sopravvivenza diventa critica.
Ma la criptovaluta, in termini razionali, che cos’è in realtà ?
E’ certamente un’espressione dell’era digitale, in primis.
Dunque una moneta ‘paritaria’, decentralizzata (e digitale), queste le caratteristiche più singolari, il cui ‘volume’ d’implementazione è basato sulla crittografia, quando si tratta di rendere valide le transazioni e per la generazione. Ma una vera e propria definizione sfugge e tutte le leggi della finanza in questo ambito, dato che, in ogni caso, è difficile legittimarla al pari di una moneta con corso legale. Trasponendo in un’asse di confronto le due ‘unità di conto’ – la moneta reale e quella virtuale – si può arrivare a qualche stentata conclusione, per ovvie ragioni.
La moneta reale è certamente il mezzo di scambio per eccellenza, e ‘riserva di valore’, poiché è intrinseca la capacità di mantenere nel tempo il valore e quindi d’essere utilizzata nel futuro senza rischi di ‘deterioramento. La moneta reale porta in sé un ‘potere liberatorio’ in quanto mezzo di pagamento, dato che, nel momento in cui l’acquirente versa il corrispettivo del bene acquistato mediante il controvalore (in moneta appunto), viene meno ogni onere che grava su di lui, dato che si estingue così il debito.
La moneta reale è un’unità di conto, per via delle caratteristiche che storicamente le sono state attribuite, ossia rappresenta un metro comune per misurarne il valore, cosa che si verifica regolarmente con le transazioni  commerciali. Ed è la prerogativa storicamente più datata nel tempo, basta pensare agli scambi delle Civiltà più evolute nel Mediterraneo di ormai 5 mila anni or sono, che incidevano su tavolette di argilla il valore relativo allo scambio dei beni, il più elementare negozio giuridico nel quale i protagonisti erano l’acquirente e il venditore. E’ implicito che, a garanzia del legittimo uso della moneta reale, vi siano organismi di carattere economico-giuridico-finanziario (di espressione politica) che investano la moneta stessa di potere liberatorio nella conclusione di una transazione.
Alla criptovaluta (bitcoin o altre con funzioni simili), non vengono riconosciute le stesse prerogative della moneta reale. Secondo gli esperti, il bitcoin finisce per essere volatile in quanto (secondo un’analisi de Il Sole 24 ore), l’offerta finale del numero di bitcoin è definita, ossia il valore varia a seconda degli umori della domanda. La conclusione alla quale si perviene è che in un simile contesto, la ‘criptovaluta’ non si può definire ‘unità di conto’, poiché si comporta come un metro  la cui capacità di misura si dilata o si restringe nel tempo. Pertanto non è un mezzo idoneo virtuoso che può essere usato nella contabilizzazione.
Nel panorama poco edificante delle criptovalute, negli ultimi giorni, troviamo anche paesi europei che mettono le mani  avanti e prendono misure adeguate a difendere i risparmiatori dai rischi di perdite ingenti, come sta accadendo in Francia e in Germania.
E’ stato infatti  Macron a mettere in discussione il bitcoin, decidendo di portare all’attenzione del G20 questo tema attuale e ormai scottante, sempre con l’obiettivo di tutelare i risparmiatori. Ma non solo. Sempre in Francia è di prossima istituzione un ‘Osservatorio Nazionale sulle Criptovalute’, considerate ormai una potente insidia per la società .
Le Maire, ministro dell’Economia, ha recentemente dichiarato che è in via di definizione la nomina di una Commissione, guidata da Jean Pierre Landau (ex Governatore della Banca di Francia), che avrà la funzione di argine sui rischi derivanti dalle speculazioni nell’ambito delle criptovalute in generale e del bitcoin in particolare. Landau è sempre stato un nemico dichiarato del bitcoin, e non ne ha mai fatto mistero, pare li abbia definiti ‘i tulipani del XXI secolo’, rimando alla speculazione del 2014.
L’avversione sta diventando un tam tam generale, e anche dal versante tedesco della Bundesbank le riserve sono tante. Secondo i vertici della Banca Centrale, sarà inutile lottare all’interno dei propri confini nazionali se non si realizzerà una disciplina di coordinamento giuridico internazionale in grado di ostacolare le speculazioni e tutelare i risparmiatori.
Si annunciano insomma tempi duri per le criptovalute;  le sue ‘regole’ quasi imponderabili sui mercati virtuali, dovranno passare ora attraverso i cingoli delle ferme opposizioni politiche, quasi un morso del cobra per chi fino ad ora ha lucrato in questo ambito. Certamente imprevisto, non in modo così severo, dopo un anno di boom esplosivo, in un mercato in cui vere e proprie regole non ne esistono, forse anche questa è stata la ragione del successo, basato sull’azzardo e il brivido del rischio.
Quando in questi panorami virtuali s’insinua la disciplina della Legge, si è obbligati a procedere su strade ferrate, non su quelle fissate nei transiti irrazionali, dove c’è spazio per illeciti e trasgressioni.
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