Dallas, la città teatro dell’assassinio di Kennedy può ridefinire la partita per la Casa Bianca
I
dimostranti che a Dallas, come in decine di città americane, protestavano giovedì sera, dopo la morte di due afroamericani uccisi dalla polizia, s’erano dati appuntamento alla Old Red Courthouse, vecchio tribunale in arenaria rossa, torri e guglie al 100 di South Houston Street.
Non si contrattano più affari o giudicano criminali dietro le bifore, con la foga del Texas, messicano, indipendente nel 1836 dopo l’assedio di Fort Alamo, americano nel 1845, secessionista con i Confederati schiavisti scacciando anche l’eroe Sam Houston. I ragazzi convocati online da Black Lives Matter, movimento contro la brutalità della polizia, sanno che Old Red è ormai un museo, pezzo forte le armi di Clyde Barrow, gangster innamorato di Bonnie Parker quanto del fucile Browning automatico, caricatore da 20 pallottole esplosi in tre secondi.
I turisti guardano ammirati, ma si tratta di catenacci rispetto alle armi da guerra che, mentre la manifestazione sciama verso downtown Dallas, hanno preso a crepitare dai tetti, orgoglio della città che ha minacciato di morte con manifesti lividi il povero presidente Kennedy nel 1963, ed è da allora celebre per averlo ucciso, da una finestra del Magazzino dei Libri, poco lontano da Old Red.
Lee Oswald, killer accusato dalla Commissione d’inchiesta Warren e dall’ultimo, bellissimo, romanzo di Stephen King, «22/11/63», ma scagionato dai complottisti fino al regista Oliver Stone, sparò con un fucile Carcano-Mannlicher, arma da tiratore scelto, un cimelio rispetto alla gragnuola di colpi a Dallas oggi.
Della morte di Kennedy abbiamo solo pochi fotogrammi del filmino girato dal passante Zapruder, della sparatoria che insanguina la città, dal Belo Garden Park al Museo Old Red, abbiamo immagini angoscianti, momento su momento. La morte di Philando Castile a St.Paul freddato inerme è stata ripresa dalla fidanzata, che ne ha fatto la cronaca in diretta su Facebook. Il video dell’esecuzione di Alton Sterling a Baton Rouge è stato invece girato dagli attivisti di Stop The Killing, gruppo fondato da Arthur «Silky Slim» Reed: i militanti ascoltano la radio della polizia e, quando immaginano ci possano essere tensioni, arrivano a filmare le violenze. Lo studioso del Mit Ethan Zuckerman –come anticipato ieri da La Stampa- ne collega l’iniziativa digitale alle pattuglie di Pantere Nere che, negli anni 60 delle rivolte urbane, seguivano la polizia armati, pronti a intervenire.
Nessuno però immaginava che, oltre il muro di Belo Garden Parker, struttura opaca per separare i passanti dal traffico che fa infuriare gli ambientalisti, a pochi isolati dalla finestra che i fantasmi di Kennedy e Oswald rendono ancor oggi sito turistico numero 1 di Dallas, davanti al Community College El Centro, costruito per educare la crescente popolazione ispanica dell’ex feudo messicano, cominciasse la guerra. Non la Guerra Civile 1861-1865 che a El Centro si studia sul manuale del McPherson, la Guerra Civile 2016. Cadono 5 poliziotti, altri restano feriti insieme a passanti, sette in tutto. Tra i morti il poliziotto Patrick Zamarripa, tre volte veterano della Marina in Iraq, poi agente a Dallas. A sparargli, secondo le prime voci, Micah Johnson, suo commilitone dell’Esercito in Afghanistan, ora nella Riserva. Un video, brutale come quelli di Philando e Alton, inquadra il terrorista, che sembra indossare una divisa mimetica, aggirare un poliziotto, saltando da un pilastro all’altro di un elegante edificio di downtown, per ucciderlo alle spalle, con una raffica a bruciapelo.
Il presidente Obama ha interrotto per due volte il vertice Nato che dovrebbe decidere di guerra e pace nel mondo, per commentare la guerra a casa, prima stigmatizzando la violenza della polizia, poi – con imbarazzata marcia indietro – dandole solidarietà dopo Dallas. Hillary Clinton e Donald Trump hanno sospeso la campagna elettorale e il magnate di New York ha parlato – per la prima volta – con toni moderati, esprimendo sostegno alle vittime. Sa che Black Lives Matter, nata dopo la morte di Michael Brown e i disordini 2014 a Ferguson, in Missouri, convergerà tra una settimana sulla sua Convenzione di Cleveland, e teme violenze. Poche settimane fa aveva sfidato Blm a contestarlo, ora capisce che il gioco è tragico, non un giro di black jack al casinò.
Dalla feritoia del cecchino Oswald ai tetti del boom del petrolio e delle nuove industrie high-tech del Texas, qualcuno organizzerà presto un nuovo tour turistico «Violenza a Dallas», da votare su Tripadvisor. Ma il capo della polizia in città, David Brown, nero, sa che altre gang armate sono in agguato. Prima di essere abbattuto con un robot poliziotto, pioniere della giustizia tecnologica, Johnson avrebbe detto «Voglio uccidere bianchi e poliziotti, la fine è vicina». Per Brown un’angoscia familiare, suo figlio, giovanissimo, ha ucciso un agente, per finire anche lui morto, crivellato di colpi dai colleghi del padre.
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vivicentro.it/politica – lastampa / Sulla corsa di Clinton e Trump ora si allunga l’ombra di Dallas GIANNI RIOTTA
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