Storie di Bufale – Giobbe Covatta: “Ci stiamo abituando all’idea che i diritti possano essere limitati”
Giobbe Covatta negli ultimi anni è stato spesso impropriamente citato in diversi gruppi xenofobi a causa di una vecchia bufala che lo ha visto protagonista suo malgrado.
span style="font-weight: 400;">L’attore napoletano è stato una delle prime illustri vittime di questa ondata di disinformazione che ha investito il nostro Paese ed ha ripetutamente smentito le dichiarazioni che i siti di fake news gli hanno attribuito.
La redazione di ViViCentro.it ha scelto la sua simpatia e il suo contributo in tema di solidarietà per dare il via a una nuova rubrica, “Storie di Bufale“, che raccoglierà interviste esclusive a persone colpite da fake news:
Gli anni passano, ma quella bufala continua a spuntare fuori nei gruppi facebook. Ormai è diventata una delle più famose…
“Ma famosa nel senso che ormai tutti sanno che è una fake news? In realtà non utilizzo molto i social, ma mi è stato riferito che ogni tanto torna in circolazione. Io più che continuare a dire che è una cazzata… So che viene utilizzata per alimentare una certa “analisi politica” che non riflette il mio pensiero e questo mi fa alterare”.
Si è mai chiesto perché scelsero proprio lei per questa bufala? Era un primo tentativo di attaccare chi opera nel campo della solidarietà?
“Questo non lo so, ma suppongo sia perché è dal 1994 che mi occupo del continente africano. Immagino fosse un tentativo di utilizzare una persona credibile per quanto riguarda il terzo mondo per mettergli in bocca cose che non ha mai detto. Insomma, hanno sfruttato la credibilità di una persona per rendere credibile una “puttanata”…”
Ultimamente le ONG e i volontari sono diventati bersaglio della politica e di parte opinione pubblica…
“Come ho già detto, non sono molto presente sul web. Quindi almeno da questo sono lontano, ma è vero: oggi chi lavora nelle Onlus e chi fa solidarietà si trova in difficoltà proprio per questo “sospetto” creato da qualcuno.”
Ha avuto problemi sul lavoro dopo questa storia?
“Problemi sul lavoro no, fortunatamente. Chi mi conosce anche solo professionalmente sa chi sono, non ha bisogno di credere a queste storie. Ma il fatto che non mi abbia creato problemi specifici non vuol dire che non abbia creato una certa confusione. Oggi c’è una consapevolezza generale che questa storia che circola ancora sia una stupidaggine. Le persone con cui sono in contatto lo sanno benissimo, ma immagino che continui a confondere o preoccupare chi è lontano da me. C’è ancora tanta gente che potrebbe dire “Uh guarda, anche Giobbe Covatta pensa che…” e purtroppo lo prendono come un dato di fatto.
Qualche anno fa lei parlando di solidarietà ha detto “Basta poco, che ce vo’?” In questi anni però sembra essere diventato tutto più difficile a causa di questo “sospetto”:
“Quello slogan non è stato mai vero, sin dall’inizio. Non basta poco. Serve molto di più: serve molto impegno, consapevolezza e determinazione. Ma soprattutto serve la verità, perché qualsiasi scelta è sacrosanta, ma si deve basare su dati di fatto, non su queste bugie. Una persona decide di non voler essere solidale? Non c’è una legge che lo vieta. Però deve sapere perfettamente perché, come, quando, nei confronti di chi…Senza questa consapevolezza vengono a crearsi delle posizioni personali basate sul nulla.
Spesso giornalismo e “controinformazione” sul web finiscono con il confondersi agli occhi di chi legge…
“Spero che siano errori in buona fede. Sono convinto che ognuno deve fare quel che sa fare: nel senso che l’informazione spesso viene data su internet dove ognuno può dire la sua su qualsiasi argomento. Internet è libero e credo lo resterà sempre, ma non vuol dire che scrivere qualcosa sulla quale non si conosce nulla sia “democratico”. Una cazzata dove la dici la dici resta una cazzata. Questa idea che Umberto Eco e un qualsiasi no-vax analfabeta abbiano su internet lo stesso peso e la stessa credibilità mi fa rabbrividire!” “Poi se questo avviene addirittura su un giornale, c’è chi si dovrebbe prendere le proprie responsabilità. Fa parte delle responsabilità morali di un direttore intervenire dopo che il suo giornale ha sbagliato. Il giornalismo mantiene ancora una struttura sua, ma la certezza della fonte spesso è messa a rischio, anche da internet. Senza la certezza della fonte ognuno può scrivere “o’cazz ca’ vo’ iss” e non si capisce più niente.
Lei a Teatro, tra le altre cose, ha portato anche uno spettacolo sui trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Oggi, nel 2019, c’è secondo lei un diritto che le sembra in pericolo?
Non sento la mancanza di un diritto in particolare. Sento invece il fatto che si sta legittimando sempre di più l’idea che i diritti non siano poi così indispensabili. Ormai per i Governi sta diventando normale l’idea di poterli comprimere senza doversi giustificare troppo. Ci stiamo abituando all’idea che i diritti possano essere limitati, compressi…Ci siamo dimenticati che questi diritti non è che sono stati “concessi”. Non si può decidere di concederli o non concederli. Sono diritti innati. Non c’è una via di mezzo: se non si concedono, sei automaticamente nel torto. La Carta dei Diritti non è una cosa che ci siamo inventati tanto per. E’ un documento sottoscritto dalle Nazioni Unite. E’ la legge fondamentale. Non rispettare questi diritti vuol dire essere fuorilegge. C’è la sensazione che oggi anche documenti come la Carta dei Diritti e la Costituzione si possano tranquillamente piegare o bypassare.
La cultura è spesso il mezzo indicato per superare tutto ciò, ma la scuola sembra faticare. La televisione e gli altri media non aiutano, ma potrebbero avere un ruolo educativo? Bisognerebbe che tutte le forze culturali facessero la propria parte. Se invece le strutture addette alla cultura cominciano ad abdicare in favore di un intrattenimento come quello portato, per esempio, da Berlusconi negli anni 90’… allora prima o poi si arriverà allo zero assoluto.
a cura di Mario Calabrese
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