Spigolando Cap. 3: storia del Patto con lo Stato di Girolamo Bruzzese

Spigolando Cap. 3: La decisione di Girolamo Bruzzese, una decisione sofferta. Una decisione presa per fermare una scia di sangue inarrestabile.

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Anche Girolamo Bruzzese si presentò spontaneamente ai Carabinieri di Polistena con la pistola in mano, quella con la quale credeva di aver appena ucciso il boss Crea, del quale era stato braccio destro.

Spigolando Cap. 3: La decisione di Girolamo Bruzzese, una decisione sofferta la sua, come tutte le altre del resto. Una decisione presa per fermare una scia di sangue inarrestabile, per le ritorsioni fra cosche, quelle vendette che non rispettavano più né donne né bambini innocenti.

Lo fece, come fanno in tanti, per amore delle sue figlie, che chiedevano una vita diversa, per amore di quella famiglia, alla quale regalare la speranza di un futuro, grazie al suo sacrificio, alla sua assunzione di responsabilità. Quindi si consegnò alla giustizia, stringendo quel patto, Stato-Collaboratori, che sembra però molto più debole dell’altro fra stato e mafie, tornato in auge in questi giorni.

La prima cosa, forse l’unica che induce un boss latitante ad affrontare il carcere, i processi e a svelare i segreti della sua organizzazione, è la certezza, offerta oggi, solo sulla carta, che i propri familiari saranno protetti dalla furia omicida, scatenata proprio dalla loro intenzione di collaborare con lo Stato e dalle successive rivelazioni.

Tenete a mente questo punto, perché è importantissimo, ancor più pericoloso, del togliere l’ergastolo ai boss stragisti e non pentiti.

Questo è ciò che veramente, sta distruggendo, l’unico meccanismo reale di attacco alle mafie. Solo il rapporto di fiducia e correttezza tra Stato e Collaboratori di Giustizia, può dare vita a quelle testimonianze.

Girolamo Bruzzese onorò quel patto ma lo stato non seppe fare altrettanto…

Già nel 2004 venne brutalmente assassinato suo suocero, Giuseppe Femia, un tranquillo agricoltore, estraneo alla mafia ma quel che più colpisce, è l’omicidio del fratello, Marcello Bruzzese, avvenuto la sera di Natale, nella tranquilla e silente cittadina di Pesaro nel 2018.

Lontano da casa, da quella calabria insanguinata, nella casa di quello stato che avrebbe dovuto proteggerlo.

I Bruzzese, come molti altri, si trovano costretti ad usare la loro vera identità, in quanto lo stato non è in grado di fornirgliene una nuova.

Che non sia in grado, lo affermano proprio loro, le vittime, mostrandosi più misericordiosi di noi che dallo sfinimento, scivoliamo nella malignità riuscendo a supporre perfino una volontà in questo, non solo una responsabilità oggettiva.

Ai nostri occhi, di elettori innamorati, foderati di cotechino, appare impossibile che nell’era attuale, si possa ” non essere in grado” di fornire nuove identità e rifugi sicuri a tutti quegli innocenti, la cui unica colpa, risiede nell’essere ancora vivi.

Ci hanno sempre detto di avercelo duro e noi ci credevamo, come possiamo ora pensare che non siano neppure in grado? Con tutte le porcate che hanno saputo fare i nostri servizi segreti Deviati, pensavamo che quelli ganzi fossero in grado di cambiargli anche i connotati ai nostri protetti di Stato, benché questo, in effetti, pare sia avvenuto come segreti servizi…

Si parla continuamente dei diritti dei boss, autori delle stragi di stato e mai pentiti. A loro viene riconosciuto ogni diritto, dallo studio, ai premi per buona condotta, al lavoro, fino alle riviste porno per una sana sessualità, peraltro già espletata anche in altri modi, visto che un paio di loro hanno persino messo incinta le mogli, proprio da quel 41 bis, il regime carcerario tanto duro e disumano da risultare inaccettabile, anche nel famoso “Papello” di Totò Riina al centro della “trattativa stato-mafia”.

Di questi e molti altri Collaboratori, vi parleremo in seguito, con interviste, laddove possibile e con ricostruzioni storiche, dove queste autorizzazioni non venissero rilasciate…

Avete visto come è stato facile per un delinquente come Formigoni, non solo non scontare la pena di quasi 6 anni, facendo solo 6 mesi ma soprattutto come, a lui vengano autorizzate interviste e apparizioni in tv, per non privare noi dei preziosi consigli che ha da elargirci in materia di sanità, tipo come rubare le siringhe quando ti fanno il vaccino…

E avete notato come sia stato facile per lui, farsi attribuire nuovamente anche il vitalizio da un’apposita “Commissione” del senato, aggirando norme ed ogni forma di decenza, pur di fare giustizia? (leggi: Cappuccetto rosso, il cacciatore violento, il lupo, la nonna assassina)

Quando vogliono, sono una squadra fortissima, è li che avevi creduto che potessero averlo duro davvero, facendo il tifo felice e scordando tutto, anche il fatto che non essere gay…

Ebbene, per i Collaboratori , i loro familiari ed i rari giornalisti interessati ad intervistarli, la strada risulta completamente diversa. Anche solo dar voce alla moglie o al figlio di un Collaboratore, persone che mai hanno preso parte alla mafia o siano a conoscenza di segreti istruttori, risulta pressoché impossibile.

Formigoni può andare ad indottrinare ovunque da condannato, ma a questi innocenti si impedisce di parlare della propria condizione, naturalmente per la loro sicurezza ma questo ve lo spiegherà meglio lo stesso celeste Formigoni in una delle sue prossime apparizioni spontanee, cioè senza che vi siate fatti niente.

Loro non hanno da svelare segreti o turbare indagini ma potrebbero parlare dei loro diritti negati, di come lo stato non li protegga, di come i loro figli non abbiano lo stesso diritto allo studio dei boss stragisti e dei loro, di figli. Turbando, magari e finalmente, noi…Dio volesse.

E con questo vi saluto e vi do appuntamento a domani con il CAPITOLO 4

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Francesca Capretta / Redazione

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