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Spiagge, braccio di ferro tra l’Italia e l’Ue: a rischio bocciatura la proroga delle concessioni

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MILANO – Sulle spiagge è braccio di ferro tra l’Italia e l’Unione europea. Nel mirino della Corte di giustizia europea è finita la legge con cui il governo – nel 2009 e nel 2012 – ha garantito la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime e lacustri per attività turistico-ricettive fino al 2020. Secondo l’avvocato generale della Corte, Maciej Szpunar, la norma sarebbe contraria al diritto europeo: certo, le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano il tribunale, ma sono seguite nella grande maggioranza dei casi. E adesso le sue parole fanno tremare i balneari italiani e le oltre 30mila imprese attive nel settore.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale della Corte ricorda che con vari decreti-legge emessi dal 2009 al 2012 e convertiti in legge, l’Italia ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31 dicembre 2020. Il caso è arrivato a Lussemburgo dopo che alcune aree demaniali marittime in Sardegna e la Promoimpresa operante sul lago di Garda avevano aperto contenziosi davanti ai Tar della Sardegna e della Lombardia a proposito di contestazioni relative al rilascio e e al rinnovo delle concessioni.

D’altra parte la proroga delle concessioni aveva già incassato il ‘no’ della Commissione europea, in quanto contrasta con la direttiva che per le concessioni demaniali prevede l’assegnazione tramite asta pubblica. Secondo l’Ue, si tratta di “servizi su suolo pubblico” e in quanto tali devono essere aperti alla libera concorrenza come stabilito dalla direttiva Bolkestein, una norma del 2006 entrata in vigore in Italia nel gennaio del 2010.

Sia il Tar Sardegna che quello della Lombardia hanno quindi sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue chiedendo di verificarne la compatibilità con il diritto comunitario e soprattutto “con i principi di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di eguaglianza di trattamento tra operatori economici, nonchè con quelli di proporzionalità e di ragionevolezza”. I dubbi dei giudici italiani erano in particolar modo riferiti all’automatismo della proroga poiché “in questo modo si sottraggono al mercato, per un periodo irragionevolmente lungo (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico”.

Un meccanismo che secondo i tribunali amministrativi “parrebbe incidere in modo eccessivamente penalizzante, e quindi sproporzionato, sui diritti degli operatori del settore, che non hanno la possibilità di ottenere una concessione, malgrado l’assenza di concrete esigenze che giustifichino il protrarsi delle proroghe. Un siffatto sistema potrebbe quindi creare una discriminazione tra gli operatori economici”. Dubbi che secondo l’avvocato generale sono fondati e che se venissero accolti dal tribunale Ue sconvolgerebbero la mappa della spiagge italiane.

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