Un pesce spada di 229 chili è stato pescato a dieci miglia da Marettimo, la più occidentale delle isole appartenete all’arcipelago delle Egadi e frazione di Favignana comune della provincia di Trapani. A catturarlo un noto ristoratore dell’Isola – Alberto Bevilacqua e pescatore.
La notizia della grossa pescata si era diffusa via social. Quando poi il peschereccio è rientrato al porto di Marettimo nello Scalo Vecchio, si è assemblata sul molo una moltitudine di persone sbalordite dalla lunghezza del pesce, tanto che per trasportarlo si è dovuti ricorrere ad una gru.
Sicilia: pescato un altro pesce spada di oltre 220 kg
La famiglia Bevilacqua, pescatori da generazioni, non sono nuovi a pescate di esemplari così grossi di pesci pelagici. Nel maggio 2020 erano balzati agli onori della cronaca per la cattura di un tonno di 300 a circa 5 miglia a Nord del Castello di Punta Troia, una fortificazione situata sull’isola di Marettimo. In quell’occasione hanno impiegato circa due ore per potere issare a bordo i grosso pesce preso con la tecnica del “conzo” o “coffa” come lo si definisce solitamente al Sud e ufficialmente detto “palangaro” o “palamito”*.
Solo alcune settimane addietro, l’8 giugno 2022, dei pescatori del borgo marinaro di Ganzirri, a Messina, avevano pescato di un esemplare di pesce spada di 227 kg. Il pescespada era stato avvistato e fiocinato a largo di Scilla, un comune della provincia di Reggio Calabria, quasi dinanzi al leggendario promontorio che suggestivamente delimita l’ingresso nello Stretto di Messina.
A fiocinare il pesce Salvatore Mancuso, capobarca della M/B San Francesco, una delle sei imbarcazioni che fanno parte della cooperativa “A Fulua” nata per promuovere la pesca e la pescaturismo nello Stretto di Messina e che riunisce le storiche famiglie dedite alla antica caccia del pescespada. Con lui, sulla barca, il figlio 24enne Antonio e il piccolo Giacomo di 14 anni che, finita la scuola, aiuta la famiglia. L’ultimo pescespada di queste dimensioni e’ stato catturato 15 anni fa, e pesava 254 chili
* IL PALAMITO: sostanzialmente è costituito da un lungo e robusto cavetto (trave o madre) con numerosi bracciòli più sottili ognuno dei quali porta un amo. A intervalli regolari sul trave sono inseriti dei cavetti portanti dei galleggianti che permettono il posizionamento dell’attrezzo alla corretta profondità di pesca. Ai due estremi della madre sono fissate due cime portanti un galleggiante con bandiera (o riflettore radar) che permette la facile localizzazione dell’attrezzo.
Se il palangrese è fisso questa cima porta anche un peso nella parte inferiore. Il palamito si definisce fisso se è ancorato al fondo e derivante se è libero di seguire le correnti. Diametro della madre e dei braccioli, intervalli di distribuzione dei braccioli sulla madre, dimensione degli ami utilizzati, scelta dell’esca, profondità di pesca e del momento di calata e salpata sono le variabili che permettono di indirizzare l’attività di pesca alla specie desiderata con una certa selettività, dai piccoli sparidi di fondale ai grandi pelagici di superficie.
Palamiti fissi e derivanti hanno alcune differenze di struttura, la lunghezza dei braccioli, ad esempio, nei palangari fissi va dai 100 cm ai 3 metri, nei palangari derivanti può raggiungere i 30 metri. I braccioli di palamiti tesi a specie dotate di dentatura robusta (squali, pesci serra, ecc.) possono avere la parte finale in cavetto di acciaio.
La scelta dell’amo, soprattutto della sua dimensione, è una fase cruciale nella progettazione di un palamito e presuppone la conoscenza delle specie ittiche bersaglio dell’attrezzo.
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