I medici campani scioperano a causa delle gravi condizioni lavorative
In Campania i medici hanno indetto uno sciopero, il cui esito prevede: sale operatorie chiuse, malati prenotati per interventi chirurgici (non urgenti) costretti a rimandare, ambulatori con saracinesche abbassate, guardie assicurate solo per i servizi minimi. E infine visite, controlli e indagini diagnostiche solo per le urgenze. In molti reparti non chirurgici, con organici ridotti all’osso, è stato tuttavia difficile sottrarre ai turni di lavoro unità di personale precario già calibrate sul minimo indispensabile. In caso di sciopero la legge prevede infatti che in corsia sia garantita un’offerta assistenziale come quella assicurata nei giorni festivi. Un assetto che in molti reparti in Campania è già strutturato su tale livello minimo.
Per come stanno le cose infatti in molti hanno scelto la via del web per protestare con selfie indirizzati sui social sotto l’insegna «Vorrei ma non posso perché siamo ridotti all’osso».
Un’aspirazione che ha visto coinvolti anche i medici del 118 e dei pronto soccorso consegnati al dovere in corsia pur di fronte di turni massacranti. Invece la Sanità privata accreditata (il cui personale non è stato coinvolto dalla protesta) e l’istituto tumori Pascale di Napoli, erano pienamente operative, dove il manager Attilio Bianchi ha precettato per l’intera giornata di ieri tutto il personale dirigente in considerazione delle particolari necessità e urgenze dei pazienti già duramente colpiti dalle malattie tumorali.
Le ragioni dello sciopero sono: il disinteresse della politica verso il Servizio sanitario nazionale, il definanziamento previsto nella legge di Bilancio (rispetto al Pil) nel prossimo triennio, le difficoltà organizzative, la pesantezza del lavoro quotidiano con dotazioni organiche ridotte al lumicino. E poi la mancata stabilizzazione dei precari, la inapplicata norma su orari di lavoro e riposi dettati dall’Ue cui fa da contraltare la enorme mole di straordinario cui è costretto il personale anche in età avanzata. Infine i nodi del contratto rimasti al palo dopo 8 anni di digiuno su cui non è stato posto nella legge di Bilancio alcun Bonus come invece assegnato ad altre voci di spesa.
Unica àncora di salvezza il gettito della tassa di scopo sulle sigarette (prima bocciata in Aula e poi riportata in commissione Bilancio) che vale circa 600 milioni rispetto ai 900 necessari. «Gli anestesisti hanno risposto allo sciopero in maniera significativa, più che in passato – avverte il segretario regionale della categoria Giuseppe Galano – garantendo al contempo tutti i servizi di rianimazione, pronto soccorso e 118. Un incrociare le braccia che guarda ai preoccupanti scenari nazionali che si ripercuotono su quelli delle regioni più deboli come la Campania».
«Andare avanti così non è più possibile – aggiunge Bruno Zuccarelli, leader dell’Anaao – a livello nazionale, e ancor di più in regioni come la Campania, ci sono difficoltà organizzative che ricadono sul lavoro di tutti i giorni. In Campania anche solo cercare di applicare le regole europee sull’orario di lavoro è stato, ed è, un grosso problema».
«Il segnale è stato netto – conclude Antonio De Falco, segretario regionale della Cimo – anche se molti colleghi proprio per l’esiguità delle unità in servizio e per la presenza di tanti contratti atipici cui è negato il diritto di sciopero, sono rimasti al lavoro. Uno sciopero per la salute dei cittadini e per la sicurezza delle corsie, per migliori condizioni di lavoro e per aumentare la qualità dell’assistenza». Un decalogo di doglianze che domani a palazzo Santa Lucia sarà riproposto nel programmato incontro dell’intersindacale con il governatore Vincenzo De Luca.
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