Marco Bresolin, inviato de La Stampa, racconta il personaggio Rutte e la sua notte da salvatore dell’Europa.
La notte da salvatore dell’Europa del premier che piace alla Merkel
Rutte ha sfidato il rivale anti immigrati sottraendogli voti proprio sul suo terreno
U
na sfida al «cattivo populismo», per usare l’espressione del premier, da cui il Partito della Libertà esce sconfitto. Da domani Rutte potrà tornare in Europa e vantarsi di aver frenato l’ondata populista che minaccia di disintegrare l’Ue. E di aver riportato tanta gente alle urne in un’epoca di disaffezione verso la politica: ha votato l’82% degli aventi diritto, cinque anni fa solo il 74,6%. «Una festa per la democrazia – ha alzato le braccia al cielo il capo del governo – non accadeva da anni».
Esulta Berlino, esulta Bruxelles con Jean-Claude Juncker: «Un voto per l’Europa contro gli estremismi». Un ruolo determinante nell’arrestare Wilders lo hanno giocato anche i cristiano-democratici, ma soprattutto i liberali di sinistra (D66) e i Verdi. Tutte forze marcatamente pro-europeiste. «È vero, gli altri partiti hanno guadagnato seggi rispetto a cinque anni fa – ammette Klaas Dijkhoff, segretario di Stato per l’immigrazione -, ma siamo felici di essere ancora il primo partito».
La mossa contro Ankara
Il colpo di reni di Rutte è arrivato negli ultimi giorni. La sfida alla Turchia ha permesso al leader dei liberal-conservatori di scavare il terreno sotto i piedi dell’estrema destra. Wilders ci aveva provato a dire che l’idea di fermare i comizi dei ministri di Ankara era stata sua, ma il volto di questa battaglia non ha la chioma bionda bensì gli occhialini da Herry Potter di Rutte. Pur senza mostrare pubblicamente entusiasmo, nessun altro partito si è azzardato a criticare la mossa del premier. Nemmeno da sinistra. Con un elettorato così sensibile al tema, sarebbe stato troppo rischioso. Rutte l’ha capito e così ha guadagnato credibilità, mostrandosi un capo di governo sicuro di sé e protettivo nei confronti del Paese.
Il tentativo di sedurre gli elettori con le stesse armi di Wilders, però, era iniziato da tempo. L’immagine-simbolo è quella lettera inviata ai giornali a gennaio, in cui invitava «chi non rispetta le regole ad andarsene». Un cambio di atteggiamento totale rispetto al passato, ma dal suo punto di vista necessario per dare tranquillità ai cittadini e frenare la valanga del Pvv. Giocando sullo stesso terreno. I risultati dicono che c’è riuscito, nonostante i cinque anni di governo abbiano lasciato parecchie cicatrici. I numeri dicono che i deputati persi sono almeno dieci. Ma poteva andare molto peggio.
L’uomo di Stato
Cinquant’anni, single, il premier Rutte è riuscito a presentarsi come un uomo di Stato. Estimatore di Reagan e della Thatcher, ha proposto rigide misure economiche per uscire dalla crisi. Il suo governo ha saputo trovare la ricetta per la ripresa, che ha portato la disoccupazione ai minimi (meno del 6%) e il tasso di crescita attorno al 2%. Certo le misure di austerità hanno lasciato sul campo parecchi feriti, soprattutto nelle classi più povere. Ma Rutte è stato molto abile nel far pagare il conto politico agli alleati laburisti. Il partito del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e del vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans è crollato al 6% e gli exit poll dicono che non dovrebbe portare in Parlamento più di 9 deputati (erano 38 nella scorsa legislatura). «Un colpo durissimo, un graffio sulla nostra anima» ha detto un Dijsselbloem affranto ieri sera dal quartier generale del Pvda. «Ci dispiace molto che l’elettorato vi abbia puniti per il lavoro fatto insieme» ha provato a consolarlo Halbe Zijlstra, leader dei liberal-conservatori in Parlamento.
La terza volta
Ora Rutte proverà a formare il suo terzo governo. Sette anni fa, appena nominato primo ministro, aveva cercato il patto con il diavolo. L’alleanza con i cristiano-democratici non poteva garantirgli la maggioranza, per questo era riuscito a ottenere un appoggio esterno da parte di Wilders. Il patto è durato due anni, dopodiché il Paese è tornato alle elezioni. Nel 2012 la maggioranza si è allargata e Wilders è stato messo nell’angolino. Rutte gli ha promesso di non volere più i suoi voti. Solo i suoi slogan.
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