«
Povertà» e il suo contrario, «ricchezza», sono concetti che assumono valenze diverse a seconda del luogo e della società. Sono, come si usa dire, variabili sociali e culturali; nel senso che più una società riesce ad affrancarsi dai bisogni materiali (cibo, casa, vestiario ecc) più il significato di povertà si sposta su livelli secondari. È evidente questo nella società consumistica che, creando bisogni superflui, genera automaticamente altri livelli di povertà, legati per lo più a insoddisfazione o a stati di frustrazione.
La povertà materiale che, purtroppo, tende ad aggravarsi sempre di più, è il risultato di una distribuzione ingiusta dei guadagni generati dalla globalizzazione. Secondo l’ultimo rapporto Oxfam essa è frutto di un’economia politica pensata per l’1% della popolazione mondiale.
Nel 2015, solo 62 persone, le più ricche del mondo, possedevano la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone. Per questo motivo Amartya Sen, premio Nobel per l’economia, sostiene che la sfida principale da affrontare nel nostro mondo globalizzato è la crisi della disuguaglianza: tra le nazioni, ma anche all’interno delle nazioni. Ma la parola povertà rinvia a un altro importante significato: povertà come difetto, scarsezza: di idee, di valori, di progettualità, di speranze, di capacità di pensare. Una povertà globalizzata, questa, che rallenta la tensione intellettuale, morale e spirituale che ha dato vita a grandi creazioni. Di questa povertà, frutto del nichilismo, soffrono molti adulti e giovani di oggi, cresciuti, purtroppo, nella negazione di ogni valore, nella mancanza di senso, nell’assenza di verità e di speranza nel futuro (U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007).
Eppure, la povertà è considerata da sempre anche un grande valore in tutte le religioni. La povertà materiale, scelta volontariamente da tanti uomini e donne del passato e del presente, è capace di rendere migliori, più liberi; rende più sensibili ai grandi valori, avvicina alle grandi ingiustizie di cui soffrono i più poveri del mondo.
Si tratta della povertà intesa come sobrietà. Papa Francesco, nella Laudato Si’, ha più volte invitato a uno stile di vita caratterizzato da una maggiore sobrietà che, nel tempo, produce effetti sorprendenti. Oltre a liberare dall’ossessione del consumo, che genera molti squilibri nell’ambiente e fra gli uomini; dall’attaccamento eccessivo ai beni e dall’inutile accumulo di piaceri, la sobrietà rende la persona più presente e attenta alla realtà e aiuta a comprendere che “meno è di più”: di più in felicità, libertà, condivisione, fraternità, pace con se stessi, con gli altri e con il creato, perché viene meno l’illusione di pensare di poter dominare su tutto e su tutti: «La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario …
Si può aver bisogno di poco e vivere molto …» (LS, 223).
vivicentro.it/opinioni
vivicentro/Ricchezza? Povertà? Sobrietà!
ilsole24ore/La scelta della sobrietà (Nunzio Galantino)
Lascia un commento