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Renzo Piano, nella sua casa di Parigi, parla dello Ius soli

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L’archistar e senatore a vita aderisce allo sciopero della fame. “Invito i miei colleghi di ogni partito a parlarne con figli e nipoti, a superare i calcoli elettorali”

Renzo Piano: “Ius soli, il no è crudele, quei bimbi sono italiani. Lo dicono i loro amici”

L’ITALIA – comincia Renzo Piano come sanno tutti, è il Paese dove si amano i bambini. Più ancora che per la chitarra e per il sole, gli stranieri ci identificano perché siamo i cocchi di mamma, il paese dove i bimbi vengono accolti e festeggiati dovunque. Nei ristoranti, per strada, nelle case, nelle scuole, i bambini sono la nostra allegria e la nostra consolazione. E infatti li coccoliamo e li proteggiamo, e questo ci risarcisce anche perché addolcisce e compensa i tanti difetti che abbiamo. I bambini sono insomma una benedizione del cielo perché sono lo “ius” che in latino vuol dire anche il succo, lo ius soli dunque, il succo della terra, l’essenza della nostra terra, il fertilizzante del futuro”.

E invece? “La parola ‘invece’ non è (ancora) da pronunziare. Io ci credo davvero che i senatori, i miei colleghi, non butteranno via questa occasione di civiltà e troveranno il modo di approvare questa legge, per quanto imperfetta essa sia. Li invito tutti, di destra, di sinistra e di centro, di sotto e di sopra, a parlarne la sera, a casa, con i figli e con i nipoti. Basterà ascoltarli per capire che sarebbe un delitto contro di loro, contro i loro compagni di scuola, contro i loro simili e contro la tanto sbandierata italianità. Continuare a negare a dei bimbi, che sono italiani come i nostri figli, i diritti – lo ius appunto di ogni altro italiano, è tradire la nostra italianità, una crudeltà indegna dell’Italia “.

Renzo Piano, nella sua casa di Parigi, parla di getto, nel senso che “si getta” a capofitto dentro un argomento che lo tormenta sin da quando “insieme con Franco Lorenzoni sto progettando una scuola elementare da donare ad un piccolo comune del Lazio, in zona sismica”. Il luogo esatto lo dirà tra qualche giorno Paolo Gentiloni. “Sarà una scuola di legno, a due piani, attorno ad un cortile con un grande albero. Al piano terra si aprirà alla città: genitori, pensionati, la musica, l’arte … Al piano di sopra, sotto il tetto, dove c’è più aria e più luce, ci abbiamo messo i ragazzi – le otto classi dell’obbligo – che mentre studieranno vedranno l’albero e di fronte i bimbi delle altre classi. Useremo quattrocento metri cubi di legno che restituiremo alla natura piantando nel bosco più vicino 400 piccoli alberi: 5 euro ad albero”. E forse somiglierà alla scuola che nel 1988 Piano progettò per Pompei ma non fu mai realizzata: “Solo per quello – scrisse Umberto Eco che se ne era innamorato – avrebbe meritato di essere nominato già allora senatore a vita”.

E ora Piano racconta che li ha visti, nelle scuole che ha visitato, alcuni degli 800mila piccoli italiani senza Italia, “con i loro occhioni spalancati, che studiano la Costituzione che non li accoglie, parlano la lingua italiana che li chiama “diversi”, pensano e giocano “in italiano” ma non hanno il diritto di dire “sono italiano””. Gli sembra insomma un’ingiustizia che non capisce: “Anche perché, come è stato detto sino alla nausea, non ha nulla a che fare con il controllo dei flussi migratori, con la sicurezza, con l’orientamento politico, con i libri che abbiamo letto, con il partito per il quale abbiamo votato, con la corsa inarrestabile dell’umanità dai paesi dell’infelicità a quelli dell’abbondanza, con il Mediterraneo come campo di concentramento, e meno che mai con la criminalità e con gli stupri. Tutto questo materiale, che alimenta la paura, svanisce subito dinanzi alla fisicità e alla verità di quei bimbi. Ecco perché invito i miei colleghi ad andarli a cercare nelle nostre scuole come ho fatto io. E mi rivolgo anche alle mogli dei miei colleghi, mamme italiane che, quando vogliono, sanno come convincerli: riescono persino a “ingravidare” i loro mariti”.

Ovviamente Piano sa che la Boschi sostiene che “in Parlamento non ci sono i numeri”, che Alfano ha dichiarato che “la legge è giusta ma il momento è sbagliato “, e che dunque si rischia la crisi di governo. Ma gli pare molto importante che sia partita un’iniziativa trasversale, “un’alchimia di numeri, dove ci sarà pure il politichese, ma ne vale certamente la pena”. Perciò digiuna anche lui: “Sì, ma non mi pare un eroismo da esibire; è solo un piccolo segnale, un modo per dire a me stesso che ci sono anche io”. E sostiene di parlare da costruttore: “Quando cominci , prendi con le mani un pietra di 32 chili e sai che, se non la metti giù, ti cadrà sui piedi. Dunque la posi, la guardi e scopri che è imperfetta, e che forse non è messa nel modo migliore. Ma sai pure che hai cominciato, e allora ci posi accanto altre pietre. Io penso che costruire città e costruire civiltà sia la stessa cosa e non solo perché l’origine della parola è la stessa, ma perché, pietra su pietra, adatti le imperfezioni, e con una grande pazienza, nei limiti della legge di gravità. E non sto facendo l’elogio del compromesso, dell’inciucio e del pasticcio: le migliori leggi che abbiamo fatte erano imperfette e però hanno cambiato la nostra storia: il divorzio, la legge sui manicomi, l’aborto, il sistema sanitario nazionale, le unioni civili”. Dunque gli piacerebbe parlare con tutti i senatori uno per uno: “Siamo tutti cristiani, anche quelli laici come me. Siamo cresciuti, noi italiani, con un idea di Cristo che non è la Croce ma il Bambinello: la Madonna nella grotta, la natalità. Come può un cristiano buttare via questa occasione storica in nome di un calcolo elettorale, di una paura, di un voltastomaco, di un cattivo umore?”.

E poi ci sono i grillini: “Sento dire che si asterranno e mi dispiace per loro. Io non voglio sembrare ecumenico e non amo i tromboni, ma sono stato fatto senatore a vita e ho accettato. Non sono un eletto che ha il dovere di andare in aula per votare le leggi, ma frequento il Senato da architetto e provo, come sto facendo adesso, ad accendere qualche luce sui temi civili, appunto. Quelli che riguardano la costruzione della civiltà e della città. Ho ottant’anni e dunque anche per età so che è sempre molto saggio dubitare della saggezza dei saggi. E voglio dire che non sono qui a proporre accordi di scuola e mediazioni nella dottrina tra forze politiche con il pelo arruffato dalle nevrosi del paese e inseguite da plebeismi sempre più aggressivi. Dico però che mi fa paura tutto questo discutere di sangue e di terra, come nei libri che raccontano le guerre contro la Ragione. Molto più dolcemente si parla di bimbi e di ragazzi, di civiltà dei diritti, di una legge che non prevede che si diventi italiani, qualunque sia la nazionalità dei genitori, per il solo fatto di nascere in territorio italiano. I bambini sono segnali che mandiamo al mondo che non conosceremo, ad un futuro che non vedremo, ma che vorremmo aver contribuito a migliorare. Ecco, qui non si maneggia la politica, la casta, il sistema, siamo nel campo della libertà e della coscienza. Sarebbe davvero un peccato se nell’universo grillino non splendesse la sesta stella , quella dello ius soli”.

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