L’obiettivo del premier è far capire agli elettori che Grillo, Berlusconi e D’Alema non possono accordarsi e che quindi resta lui l’unico garante di stabilità e governabilità. “Il 5 dicembre, immaginate lo spettacolo”: Grillo e Salvini? D’Alema e Berlusconi?
Renzi: “Se perdo il referendum questo governo cade”
È
MOLTO semplice: se perdo il referendum, questo governo cade. A quel punto vediamo chi sarà capace di trovare un accordo per un altro esecutivo “. Ecco lo scenario che ha in mente Matteo Renzi, consegnato ai fedelissimi durante l’ennesimo weekend elettorale.
Tirarsi fuori da inciuci e svolte tecnocratiche, innanzitutto, mostrarsi in controluce come garante unico della stabilità. Un premier sempre più a rischio, giurano i sondaggi. Eppure convinto di incarnare ancora il tassello che tiene in piedi il sistema: “Io non giocherò sulla paura – confida agli stessi interlocutori -. Saranno gli elettori a capire la posta in gioco. E d’altra parte, immaginatevi la scena: Grillo e Salvini, D’Alema e Berlusconi che devono incontrarsi, accordarsi. A quel punto inizierà lo spettacolo. Voglio proprio vedere qual è il progetto comune di quelli del fronte del No”.
C’è il voto decisivo del 4 dicembre. E c’è un contesto, che peserà come un macigno dal 5 dicembre: Trump e Brexit, mercati fuori controllo e forze politiche in lotta. Una spettro che non serve neanche rammentare agli elettori, questa è la tesi del premier, perché si manifesterà autonomamente nelle ultime due settimane di campagna. A Renzi spetterà invece il compito di scagliarsi proprio contro i protagonisti dell'”accozzaglia” – così l’ha chiamata – di quelli cioé che camminano a braccetto per il No. “Se perdo – continua a ripetere – io certo non traghetto nulla, né guido governicchi. Ci penseranno quelli del No”. Difficile, in realtà, che una volta aperte le consultazioni al Colle il Pd possa chiamarsi davvero fuori dalla partita. Rappresenta il primo gruppo parlamentare, e c’è per di più una legge elettorale da modificare. Eppure, marcare una distanza da chi gestirà la nuova fase è esattamente il progetto del leader per rilanciare il partito (e se stesso).
L’ostacolo più grande, in questo senso, sono proprio gli equilibri fragili che ruotano attorno al Nazareno. Le grandi manovre per un eventuale “dopo” sono già partite. Il sospetto di una manovra “avvolgente” ai danni del leader non si spegne. E in cima ai rancori degli ortodossi renziani finisce soprattutto Andrea Orlando, considerato il “turco” più freddo verso l’attuale segreteria e poco impegnato nella campagna per il Sì. Né è sfuggito a molti il feeling tra Pierluigi Bersani e Graziano Delrio. I due hanno scambiato qualche battuta proprio l’altro ieri a un convegno. E intanto l’ex segretario continua a bombardare il premier: “Nessuno gli chiederà di dimettersi. Se dovesse decidere comunque di farlo, nessun problema: ci sarà una maggioranza e ci sarà un altro presidente del Consiglio”.
La strada è tutta in salita, su questo non dubita neanche l’ultimo dei renziani. I sondaggi a disposizione del capo segnalano uno scarto del 5,5% per il No. Ciò nonostante, Renzi considera ancora possibile la scalata. Gli hanno spiegato che almeno 9 elettori dem su 10 sono già arruolati per la riforma, e quindi questo bacino è ormai sostanzialmente vuoto. Ora bisogna puntare soprattutto sugli incerti a trazione berlusconiana.
Berlusconi, appunto. I rapporti tra gli ambasciatori del premier e quelli del Cavaliere non si sono mai interrotti. Certo, la tattica del momento prevede di non rompere con una Lega lanciatissima verso la nuova fase lepenian- trumpista. Ma l’ex premier ha ben chiaro che una disfatta di Renzi potrebbe addirittura costringerlo alla pensione: “Lo scenario migliore è una vittoria di strettissima misura del No – ha fatto sapere agli interlocutori del governo -. Se invece Renzi straperde, Salvini e Grillo travolgeranno anche me”. Non a caso, il suo impegno è finora ridotto al minimo: zero comizi e pochissima tv, anche se la prossima settimana ha finalmente in agenda Matrix e Porta a Porta. Ma ciò che più conta, le reti Mediaset continuano a spingere poco sull’acceleratore del No, sotto la prudente regia di Fedele Confalonieri.
Non basterà comunque per annullare lo scarto, pensano nel Pd. Adesso è il momento di sporcarsi le mani. Volando fuori dai confini per il voto degli italiani all’estero – Ernesto Carbone è reduce da una missione a Stoccolma – o battendo a tappeto il Nord, come il vicesegretario Lorenzo Guerini. “L’altro ieri sono stato in Veneto. Non ci crederete, ma molti dei piccoli artigiani erano con noi: buon segnale”. Vale tutto, ormai, anche la strategia di propaganda “creativa” suggerita da Maria Elena Boschi ai militanti dem radunati dal deputato Sebastiano Barbanti a Lamezia Terme: “Quando siete in fila al supermercato chiedete a chi vi sta davanti: “Cosa fa il 4 dicembre?”. Fate campagna ovunque, anche se qualcuno penserà che volete invitarlo a cena…”.
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