I
n questi giorni m’è venuto in mente uno dei miei più cari amici, da tempo scomparso: Guido Carli che fu uno dei più efficienti governatori della Banca d’Italia, insieme a Carlo Azeglio Ciampi qualche anno più tardi.
La Banca d’Italia è per definizione un’istituzione assolutamente indipendente e il suo governatore è una delle figure istituzionalmente del tutto autonome. In genere le sue iniziative vengono concordate con il ministro del Tesoro, ma possono anche divergere senza che questo comporti le dimissioni dell’uno o dell’altro. Un tempo il compito del governatore era quello di stabilire la politica monetaria, di stampare moneta e metterla in circolazione nella quantità ritenuta necessaria, d’intervenire e vigilare sulla correttezza del sistema bancario, di stabilire rapporti continuativi con le altre Banche centrali dei Paesi più importanti, a cominciare da quella americana, da quella francese, inglese, tedesca. Curava i rapporti della moneta italiana con il dollaro, il franco, la sterlina, il marco.
Gran parte di queste funzioni, con la moneta dell’euro, sono passate alla Banca centrale europea, ma non tutte.
E comunque le Banche centrali dei 19 Paesi aderenti all’euro hanno un consiglio direttivo del quale fanno parte.
Ho citato Guido Carli e Carlo Azeglio Ciampi perché anche loro furono spesso attaccati da forze politiche ed economiche i cui interessi erano danneggiati dagli interventi della Banca centrale; attacchi talvolta violenti e volutamente provocatori. A loro debbo aggiungere Paolo Baffi che fu perfino colpito da un mandato di cattura per l’azione di un giudice che si rivelò poi influenzata dalla società massonica chiamata P2.
Ho ricordato queste vicende ma molte altre potrei raccontare perché ho quasi sempre apprezzato l’azione della Banca d’Italia e chi l’ha governata. Del resto anche il governatore attuale, Ignazio Visco, ha subito l’altro ieri un attacco inatteso e immotivato da Matteo Renzi e dal suo “ cerchio magico” del Pd. Visco ha preso il posto di Draghi quando Draghi andò a dirigere la Bce, del cui consiglio direttivo fa parte anche il governatore della Banca d’Italia. La sua carica scade a fine mese e sarà certamente rinnovata perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cui spetta di firmare il decreto di nomina del governatore, ha già deciso che Visco mantenga la sua carica attuale. Ciononostante il segretario del Pd l’ha duramente attaccato con un documento presentato al Parlamento, chiedendo che Visco non sia rinominato a causa della sua indolenza nella attività di vigilanza sul sistema bancario nazionale. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha cambiato notevolmente il contenuto di quel documento tagliando tutte le punte renziane e sostituendole con una frase in cui raccomanda agli organi competenti di scegliere con la dovuta attenzione il governatore.
Purtroppo Gentiloni è costretto ad un lavoro che occupa notevole parte del suo tempo, è costretto a fare lo sminatore: Renzi mette le mine e lui le toglie. C’è un film americano che racconta una situazione analoga, ma appunto è un film. Per Gentiloni è un lavoro molto apprezzabile ma molto noioso e ruba tempo.
Questo mio articolo viene dopo un altro pubblicato ieri su Repubblica, di Massimo Giannini e — sempre sul nostro giornale — le dichiarazioni del senatore del Pd Massimo Mucchetti, presidente della commissione parlamentare dell’Industria. Nel frattempo ci sono state dichiarazioni molto critiche nei confronti di Renzi su questo tema, provenienti da Giorgio Napolitano, Walter Veltroni, Luigi Zanda, Carlo Calenda, nonché — come abbiamo già detto — la conferma della decisione che verrà presa dal presidente Mattarella.
Questo mio intervento era quasi inutile ma ho voluto far sentire anche la mia opinione critica perché domenica ho riferito della manifestazione del Pd per festeggiare i dieci anni dalla sua fondazione; sabato scorso in un gremito teatro Eliseo Renzi sembrava cambiato in positivo, affiancato da Gentiloni e da Veltroni e da tutto il meglio del partito. Sembrava che il Pd si fosse finalmente rinnovato e il suo segretario avesse accettato la formazione d’una squadra di prima qualità. Il “Sono uno e comando da solo” che finora era stata la pessima realtà del Pd renziano era stata dunque superata. E invece no. Renzi è sempre lo stesso, per di più su un argomento che ha alcuni risvolti delicati per il leader di un partito che dovrebbe essere il perno politico e culturale dell’Italia e perfino dell’Europa.
C’è un sentimento isterico nel carattere di Renzi che talvolta lui domina, ma più spesso ne è dominato. Speriamo che riesca a guarire dall’isterismo. Altrimenti deve mettersi nelle mani d’un neurologo che tenti di curarlo. Faccio voti affinché avvenga.
Repubblica/Renzi e la politica del neurologo/Eugenio Scalfari
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