Domenica 20 e lunedì 21 oltre 46 ml di italiani saranno chiamati alle urne per l’importante votazione sul referendum costituzionale.
Referendum costituzionale 2020: le ragioni del Sì e quelle del No
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omenica 20 e lunedì 21 settembre oltre 46 ml di italiani saranno chiamati alle urne per una questione di rilevante importanza: il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, che era stato indetto a gennaio 2020 per il 29 marzo scorso e posticipato a causa dell’emergenza Covid.
La scelta che gli elettori saranno chiamati a fare, optando per un Sì oppure per un No in risposta alla seguente domanda: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente “modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari?”, non è semplice e non può essere fatta a cuor leggero.
Quando ci troviamo di fronte ad un referendum di modifica della nostra Carta costituzionale, bisogna infatti ponderare bene l’opportunità di cambiamento, riflettere sulle implicazioni della scelta effettuata, in quanto la Costituzione della Repubblica Italiana rappresenta l’impalcatura del nostro sistema democratico, che è assicurata dall’equilibrio perfetto delle sue componenti, un bilanciamento di tutti i poteri dello Stato che potrebbe essere compromesso da una qualsiasi variazione.
L’idea della riduzione del numero dei parlamentari, con la modifica degli artt. 56, 57 e 59 della Costituzione italiana nasce dall’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega nel maggio del 2018 durante il I° governo Conte e prevede:
Il taglio del numero dei deputati della Camera da 630 a 400, e della circoscrizione estero con una riduzione dei deputati da 12 a 8 (art.56).
Il taglio del numero dei senatori da 315 a 200 (e della circoscrizione estero da 6 a 3). Per ogni regione italiana è previsto un numero minimo di senatori: non più 7 ma 3 (art. 57).
La riduzione a 5 del numero di senatori a vita che il Presidente della Repubblica può nominare.
Se a prevalere dovessero essere i Sì, dalla prossima legislatura si avrebbero115 senatori e 230 deputati in meno. Se si avesse un maggior numero di No, esprimendo parere non favorevole all’entrata in vigore della modifica, il numero dei parlamentari resterebbe invariato.
Per tale referendum costituzionale, che è confermativo, a differenza di un referendum abrogativo, non è previsto un quorum di validità. Cioè, l’esito è valido, a prescindere dal numero dei votanti. Proviamo ora ad analizzare i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le opzioni.
I sostenitori del Sì affermano che il vantaggio maggiore sarebbe quello di una riduzione dei costi della politica, che porterebbe ad un risparmio annuo di oltre 80 milioni di euro.
Un altro vantaggio sarebbe quello di una maggiore efficienza del Parlamento, perché il ridotto numero di rappresentanti porterebbe alla velocizzazione dei lavori nelle Commissioni.
Per i sostenitori del No i benefici apportati dalla riduzione dei costi della politica sarebbero invece irrilevanti: pochi euro all’anno per ciascun italiano (lo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana – 1,35 euro annui per cittadino).
Il grave problema che si andrebbe a creare è invece quello della mancanza di rappresentatività in Parlamento delle regioni più piccole (e più povere) che, a causa dei tagli del numero dei senatori, non riuscirebbero più ad avere un loro portavoce.
Con la rimodulazione dei parlamentari ci sarebbe un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila (mentre nel testo originario della Costituzione è previsto un deputato ogni 80 mila abitanti ed un senatore ogni 200 mila). In tal modo il ruolo del Parlamento risulterebbe fortemente indebolito.
La riflessione che fanno i sostenitori del No è quella che, per risparmiare realmente sui costi della politica, bisognerebbe tagliare gli sprechi e non ridurre il numero dei rappresentanti, riduzione che va solo a modificare l’equilibrio dei poteri dello Stato, svilendo il ruolo del Parlamento, senza apportare benefici tangibili in termini economici.
Nel clima di disinformazione sulle ragioni del Sì e del No del referendum conservativo del prossimo 20 settembre, il rischio è che molti, nel dubbio, non vadano a votare, mentre il voto è un diritto e un dovere civico, è alla base della democrazia.
Il voto del singolo è quello di tutto il popolo e può produrre un cambiamento. Per questo non bisogna mai rinunciare al voto, esercizio di democrazia, informandosi prima e ponderando bene tutte le implicazioni che esso comporta.
Adelaide Cesarano / Redazione Campania
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