Ranking Uefa su, ranking Fifa giù: qual è il vero volto del calcio italiano?
In attesa di conoscere i risultati delle italiane in Europa League (Milan e Lazio tra pochi minuti in campo), le sorelle impegnate in Champions ieri hanno ottenuto un risultato storico: quattro vittorie su quattro alla seconda giornata della fase a gironi. Non accadeva dal novembre 2005, quando i bianconeri superarono il Bruges, l’Udinese ebbe la meglio sul Panathinaikos, il Milan sul Fenerbahçe e l’Inter sull’Artmedia Bratislava. Ma l’ottimo risultato non è servito solo a riempire le pagine dei quotidiani sportivi: grazie al poker di vittorie di Juventus, Roma, Inter e Napoli, la Serie A ha scavalcato la Premier League nel ranking Uefa, salendo al secondo posto. Posizione che non ricopriva da anni. L’attacco al potere è iniziato già l’anno scorso, a discapito della Bundes e della Ligue 1, con la Serie A che da quest’anno si è potuta presentare al nastro di partenza con quattro club già qualificati alla fase a gironi. L’obiettivo è quello di chiudere la stagione con il sorpasso alla Premier. Resta ancora inarrivabile la Liga spagnola che macina punti su punti nella speciale classifica, ora a quota 89,283 contro i 67,440 italiani.
Ma se il trend per i club fa ben sperare, quasi contemporaneamente è arrivata una mazzata dall’altra classifica: quella Fifa, che prende in considerazione il cammino delle Nazionali nelle competizioni ufficiali. La nazionale allenata attualmente da Roberto Mancini, reduce dal flop della qualificazione al mondiale mancata sotto la gestione Ventura e dall’inizio disastroso in Nations League, è sprofondata in 20esima posizione, superata da Galles, Polonia e Svezia. Peggior risultato di sempre.
Ovviamente la polemica è quella che batte da anni: troppi stranieri in campo, mancanza di programmazione, sfiducia nei giovani e mancanza di investimenti. Insomma tutti hanno la ricetta, ma nessuno si muove.
Eppure la Serie A ha dimostrato di saper resistere e dare battaglia, nonostante i ricavi molto inferiori rispetto agli altri campionati europei (quasi 1/3 rispetto ai ricavi della Premier). Ricavi che limitano di molto gli investimenti.
Il modello tedesco a cui tutti hanno fatto riferimento per risolvere la mancanza di programmazione sta piano piano naufragando, con la nazionale tedesca che colleziona cattivi risultati e con la Bundes che nelle competizioni europee ha perso il passo delle contendenti.
Resta la questione “troppi” stranieri: sebbene le tante proposte di limitare ulteriormente l’ingaggio di giocatori non comunitari, nessuno sembra voler rinunciare ad accaparrarsi il talento venuto da chissà dove che promette una plusvalenza quasi assicurata, date le scarse risorse investite (caso fortunato di quest’anno: Piątek che al Genoa sta oscurando la stella del promettentissimo Favilli). Le uniche che stanno riuscendo a proporre un “mercato di italiani” interessanti sono Atalanta, una vera e propria scuola di calcio con giovani lanciati in prima squadra ogni anno, e paradossalmente l’Inter, dominatrice assoluta nei campionati giovanili, ma che raramente manda in campo le proprie baby stelle. Quest’anno, poi, la società nerazzurra è stata costretta a privarsi forse della sua generazione migliore a causa del Fair Play Finanziario. Bene anche la Fiorentina, acerrima rivale dei nerazzurri nei campionati giovanili, che sta lanciando giovani interessanti in questi anni come Bernardeschi e Chiesa.
La Juventus grazie alla programmazione di Marotta era riuscita ad avere in pugno i migliori talenti italiani, dispersi però in prestiti o scambi, preferendogli campioni stranieri già formati. Tutte le altre squadre, invece, hanno partecipato poco o niente alla scoperta di nuovi talenti italiani. E mentre il tecnico azzurro di turno chiede coraggio alle squadre di Serie A nel lanciare talenti del Bel Paese, tutto tace dalla Federazione che è annaspa ancora sulle nomine dei vertici.
Forse è proprio questo il momento per le decisioni importanti sul futuro del movimento calcistico italiano, anche per non far sì che i club si adagino sugli allori della Champions che rischiano di bruciare come paglia da un momento all’altro.
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A cura di Mario Calabrese
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