La storia si ripete cambiando ma questa volta il cambiamento riguarda il mondo intero. Questa è l’immensa novità
T
alvolta mi capita di scrivere poesie; non le ho mai pubblicate salvo in uno dei miei libri dove stilisticamente servivano da intermediazione didascalica.
Oggi per la prima volta userò, per introdurre questo articolo domenicale, alcuni versi che mi sembrano pertinenti alle riflessioni che seguono. Spero che non dispiacciano ai miei lettori.
«I nostri desideri / crescono sempre e inseguono / il ricurvo timone dell’Orsa / senza sapere / dove li condurrà.
Anch’io son preda / dei miei pensieri fuggitivi / Dove vanno non so / ma non li inseguo.
Resto sotto le stelle / che già son morte / ma la loro luce / mi illumina il destino / di quel che ancor resta / della mia lunga vita».
I desideri crescono insieme alla vecchiaia per la semplice ragione che, quali che siano, restano inappagati ma non è soltanto l’età a produrre questo risultato d’insoddisfazione, semplicemente il mancato risultato che ciascuno si propone di raggiungere: chi vuole far soldi e non ci riesce sente crescere il desiderio e così chi vuole il potere, il successo, l’amore, insomma la voglia di vivere con pienezza e non ci riesce, vede crescere quella voglia e cerca di comprenderne le motivazioni.
Sono d’ogni genere le motivazioni e chi le valuta è l’Io che alberga nell’animo nostro e ci rende consapevoli di quanto i risultati stentino ad appagarci.
Non è una questione di rango sociale, salvo nel caso della povertà assoluta. I poveri. Purtroppo sono una minoranza assai numerosa, specie in certi paesi del mondo e la loro povertà li riduce ad avvertire soltanto bisogni a livelli elementari: il cibo, il clima, il desiderio sessuale, il sonno che attenui la fatica del sopravvivere. I poveri di questi livelli tornano a riavvicinarsi al livello animalesco da cui la nostra specie proviene: l’Io è ridotto ai minimi termini e così pure la memoria. C’è un punto però che ridà all’Io una validità improvvisa ed estremamente vigorosa: quando le minoranze povere e disperate insorgono, abbattono, distruggono. L’Io che è psicologicamente singolo diventa Noi, cioè rivoluzionario.
La storia è gremita di rivoluzioni di questo genere che offrono ai poveri uno stato sociale ma offrono ai potenti il vantaggio di accrescere la loro potenza. Speculare sui poveri? Non avviene sempre, ma spesso sì. Oppure — ma assai più di rado — avviene che la rivoluzione dei poveri assuma storicamente la lettera maiuscola e siano loro a cambiare a proprio vantaggio il loro destino e quello del paese in cui vivono. Così avvenne nell’antica Roma dei pastori; così nella Macedonia di Filippo e di Alessandro che trasformarono una moltitudine di poveri in uno degli eserciti più potenti di quel mondo; così avvenne nelle tribù tartare, assire, fenicie. E poi, secoli e secoli dopo analoghi fenomeni avvennero con i Goti, i Galli, i Visigoti, i Vandali, i Longobardi.
Questa insomma è la Storia, fatta insieme dai poveri e dai ricchi, dai potenti e dalle plebi, dai saggi e dai passionali. Col passare dei secoli e dei millenni queste categorie cambiano. L’elemento politico, quello economico, sociale, religioso, si combinano, si combattono, si alleano, si sostituiscono al vertice della società, delle nazioni, del mondo. La Storia si ripete cambiando. Sempre cambierà e si ripeterà. Ora, proprio in questi anni, siamo ad uno dei cambiamenti avvenuti infinite volte ma con una differenza rispetto a prima: stavolta il cambiamento riguarda il mondo intero. Questa è la grande anzi immensa novità.
I poveri, dei quali papa Francesco parla continuamente in qualunque parte del mondo vada, in Europa, nelle Americhe, in Africa, in Oceania, con l’omissione esclusiva della Cina e della Russia, sono sempre quelli di prima, ma più politicizzati. Non sono più quelli d’un tempo. Sono tuttavia masse di manovra che premono per una politica. Quale politica? Tutto si concentra soprattutto su due temi-problemi: la politica fiscale che tende alla diminuzione della diseguaglianza; la politica economica e sociale che tende all’occupazione, all’equo salario e possibilmente alla stabilità del lavoro.
Stando ai calcoli internazionali più attendibili, interi popoli attendono e/o lottano per questi obiettivi. La cifra più attendibile si colloca attorno ai 250 milioni di persone per quanto riguarda il lasso temporale di due/tre generazioni. Naturalmente, se il percorso temporale si allunga fino a un paio di secoli, le masse in movimento passano da milioni a circa un miliardo e mezzo di popoli in libero movimento e alla ricerca di spazi sociali più negoziati. Il mondo insomma ha imboccato una storia che coinvolge masse di persone e di mutazioni globali. La tecnologia ha avuto ed avrà un ruolo fondamentale ma ferve la discussione se sia la tecnologia a dominare le persone o viceversa.
Per quel che il mio giudizio può valere penso che i due fenomeni siano profondamente integrati; il risultato è una Rivoluzione che dominerà più o meno fino al 2400, del resto altrettanto ci volle per arrivare da Dante a Shakespeare e da Giotto a Caravaggio. Non è poi molto.
Se registriamo una netta riduzione di tempo e luogo e ci occupiamo brevemente dell’Italia e dell’Europa di oggi, il giudizio appare molto più facile perché abbiamo i fatti e le cause sotto gli occhi.
Tutta la Rivoluzione mondiale della quale abbiamo fin qui parlato ha una delle sue sedi principali in Europa. Nel bene e nel male è stato il continente coloniale per eccellenza, è poco popolato rispetto al territorio ed è quello di più antica ricchezza. La Storia è stata lungamente europea, dai tempi dell’Ellade e dell’antica Roma, fino alla fine dello scorso Ottocento.
Conclusione: molti dei mutamenti che stanno per verificarsi nel mondo intero avranno come luogo e protagonista l’Europa e le principali Nazioni che la compongono: la Germania, la Francia, l’Inghilterra (Brexit a parte), l’Italia, la Spagna, la Polonia. Non dimentichiamo che il Medio Oriente, la penisola arabica e la costa africana del Mediterraneo fanno parte di questo quadro che è uno dei centri della rivoluzione mondiale.
L’Italia ha dunque un ruolo di notevole importanza. Sarebbe grave se la sua classe dirigente non se ne rendesse conto.
L’Italia deve guardare soprattutto al problema europeo e alla necessaria trasformazione del nostro continente in uno Stato federale. L’ho scritto infinite volte ma oggi lo sottolineo nel quadro d’una Rivoluzione mondiale che avrà come epicentro l’Europa. I miei, come ho scritto all’inizio, sono Pensieri fuggitivi, ma proprio per questo rappresentano l’importanza dei desideri. Pensate e agite in conseguenza, con la consapevolezza dei valori che amiamo ed attengono al passato e al futuro operando in un presente dove memoria e speranza confluiscono giorno per giorno.
/larepubblica
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