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Castellammare di Stabia

Presentazione Edizione Critica “Le cinque rose di Jennifer” – Stabia Teatro Festival 2023

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Nel contesto dello “Stabia Teatro Festival – Premio Annibale Ruccello 2023”, l’Edizione Critica de “Le cinque rose di Jennifer” a cura di Vincenzo Caputo è stata presentata ieri a Castellammare di Stabia.

V

incenzo Caputo, professore di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, è uno degli invitati alla IX edizione dello Stabia Teatro Festival – Premio Annibale Ruccello 2023 che prevede, come in ogni edizione, il susseguirsi di diversi eventi letterari e teatrali.

Presentazione Edizione Critica ''Le cinque rose di Jennifer'' - Stabia Teatro Festival 2023
Presentazione Edizione Critica ”Le cinque rose di Jennifer” – Stabia Teatro Festival 2023

L’incontro culturale che vi raccontiamo è stato promosso dal Dipartimento di studi umanistici dell’Università degli studi di Napoli “Federico II” e dalle Associazioni “Achille Basile – Le ali della lettura” e “Certamen Plinianum” e si è svolto presso la sala conferenze della Banca Stabiese, alla presenza di un pubblico attento e partecipe.

Una serata per riflettere su uno dei più importanti testi di Annibale Ruccello, compianto drammaturgo, attore e regista stabiese, che con la sua opera ha lasciato un’impronta indelebile nella produzione teatrale del secondo Novecento, anticipando dibattiti attualissimi.

Nei suoi drammi, tematiche come la solitudine, l’identità di genere, l’ipocrisia, l’impossibilità di stabilire relazioni significative col prossimo emergono in tutta la loro scottante attualità, facendo riflettere sulle difficoltà di vivere e convivere in una società conformista, dove il “diverso” non riesce a trovare una sua dimensione.

I presenti a questo evento letterario nell’ambito dello “Stabia Teatro Festival – Premio Annibale Ruccello 2023”

A coordinare gli interventi, la prof.ssa Carmen Matarazzo, Presidente dell’Associazione ‘Achille Basile- Le Ali della Lettura e “Certamen Plinianum” di Castellammare di Stabia.

L’opera è stata presentata da due illustri docenti dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”: il prof. Pasquale Sabbatino, ordinario di Letteratura italiana già coordinatore del Master di II livello in Drammaturgia e Cinematografia e il prof. Matteo Palumbo, docente onorario del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Ateneo.

In conclusione, l’intervento del prof. Vincenzo Caputo, autore del testo critico, ha chiarito i nodi cruciali della sua interessante ricerca, da cui si dipanano notevoli spunti di riflessione. Annibale Ruccello è un “federiciano”, essendosi laureato in Filosofia nel 1977 presso il prestigioso ateneo napoletano, e già da molti anni il Dipartimento di Studi Umanistici della “Federico II” ha voluto onorarne la memoria con una serie di importanti iniziative, come le edizioni critiche, con l’intento di ripubblicarne l’opera completa.

Le parole di Prof. Pasquale Sabbatino:

“L’edizione critica degli scritti di Annibale Ruccello parte da un progetto elaborato un decennio fa insieme all’amico e collega Matteo Palumbo presso il Dipartimento di studi umanistici ed è fondamentale, perché ci permette di recuperare l’opera dell’autore secondo le sue ultime volontà e nelle sue varie fasi redazionali – ha chiarito il prof. Pasquale Sabbatino, sottolineando che: “Altro obiettivo del progetto è quello di trasferire l’Archivio di Carlo De Nonno (compositore, chitarrista e poeta, che ha collaborato con Ruccello, partecipando al rinnovamento drammaturgico del ‘dopo Eduardo’ Negli anni ‘80), archivio denominato “Annibale Ruccello”, che verrà allestito dentro l’Università “Federico II”, in uno spazio che diventerà un centro di ricerca teatrale.”

“La grande audacia e l’esperienza filologica di Vincenzo Caputo – ha continuato il prof. Sabbatino – hanno permesso di recuperare almeno due di queste stratigrafie redazionali: la prima è quella chiamata “Testo Siae”, con la data del 10 ottobre del 1980.”

“La seconda, il testo di base, è quella del 16 dicembre del 1980, il copione andato in scena in quella data e conservato proprio nell’archivio di Carlo De Nonno, con altri scritti, che saranno consultabili in modalità digitale da ogni parte del mondo.”

“La terza, invece, è affidata alle recensioni di uno spettacolo del 1986: abbiamo le notizie dalle recensioni, ma non il testo.”

“La vicenda racconta il dolore di un travestito, marginale e emarginato dalla società, l’altro, il diverso, che vive in solitudine senza dialogare né con sé né con gli altri e quando lo fa viene fuori l’ipocrisia, il senso tragico dell’esistenza’.

L’intervento del Prof. Matteo Palumbo

L’importanza di fare chiarezza sulla stratigrafia del testo è stata ribadita anche dal prof. Matteo Palumbo, che nel suo lungo e articolato intervento si sofferma sugli apparentemente piccoli ma sostanziali mutamenti tra i due copioni.

La diversa ambientazione (nella prima versione è un basso in un quartiere popolare, nella seconda una stanza in un quartiere di travestiti) o il mutamento del nome della radio libera, che “invade la stanza”, e di quello del quartiere indicano l’apertura ad “universi altri, al di fuori di Napoli”.

“Annibale appartiene alla storia del teatro italiano, ma alla tradizione del teatro napoletano – sottolinea il prof. Palumbo – sono personaggi che vivono un senso di solitudine, che parte da essi per poi contagiare tutti: una dimensione allucinata delle passioni che non trovano spazio.”

Le storie di questi personaggi “sono, come Annibale le chiamava, tragedie “minimali”, in cui questi personaggi che non hanno un’identità, che fanno i conti con il desiderio di vita e con l’impossibilità che essa si realizzi. E significativamente “Le cinque rose di Jennifer” è il primo testo firmato solo da Annibale.”

Il Prof. Vincenzo Caputo autore dell’opera chiude la giornata

Il prof. Vincenzo Caputo, autore del testo e nuovo coordinatore del Master di II livello in Drammaturgia e Cinematografia, nel suo intervento si è soffermato soprattutto sui tanti aspetti significativi dell’opera analizzata:

“C’è un passaggio che mi ha sempre colpito molto – ha sottolineato – quello della telefonata a “Radio Cuore Libero” di un travestito, una certa Sonia, che chiama perché non ha nessuno con cui parlare e vuole declamare una poesia che si chiama “Solitudine”. Un passaggio fondamentale, un dolore gridato.”
Dagli elementi analizzati nel testo, emergono, inoltre, altri significativi spunti di carattere sociologico e antropologico, che rendono questo testo una preziosa guida per chi volesse avvicinarsi all’opera ruccelliana e approfondirne lo studio.


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