La Juve Stabia di Walter Novellino cade rovinosamente a Potenza, dove i padroni di casa passeggiano imponendosi con un roboante 5-2.
CONTROPODIO
I
l giudizio di questa sera va alla squadra Juve Stabia nel suo complesso, davvero autrice di una delle pagine sportivamente più tristi ed avvilenti della propria ultracentenaria storia. Evidenti, ovviamente, le responsabilità della società a tutti i livelli, presidenziale, amministrativo e dirigenziale, la cui analisi è stata rimbalzata la scorsa settimana a fine stagione (si attende con impazienza) dal diesse Di Bari. L’aspetto però più concreto nel calcio si riferisce, e non potrebbe essere altrimenti, al campo da gioco, dove ancora una volta i tesserati della Juve Stabia hanno mostrato ben poco senso di appartenenza e volontà di difendere colori sociali, categoria e tifoseria. Giustamente nel corso dei mesi e delle settimane, sono state ammassate critiche più o meno corrette agli allenatori che si sono susseguiti in questa stagione ma troppo spesso tali dinamiche girevoli hanno posto la squadra sotto un parafulmine. Gli errori, i gol subiti, le espulsioni paiono frutto di un’indifferenza sempre più marcata rispetto a quelle che sono le sorti del club e della squadra, come se i risultati negativi e tutto ciò che comporteranno a fine stagione fossero scollegati dai calciatori che li stanno firmando, non andando ad incidere sul rispettivo futuro professionale. Non può che essere così, perché la squadra stabiese non è certo la più forte del torneo e probabilmente non vale nemmeno il miracoloso quarto posto a lungo cullato e protetto sotto la gestione Colucci (tacciato di essere fautore di un calcio noioso e difensivista) ma, con altrettanta certezza, non vale neanche le prestazioni raccapriccianti che sta offrendo. Ora che il baratro è sempre più vicino ma la situazione non è ancora irrecuperabile, la squadra (senza alcun elemento del club o dello staff tecnico a partecipare) si faccia un profondo esame di coscienza, si confronti e tragga le conclusioni più immediate e necessarie per evitare che il peggio si concretizzi, almeno in termini di atteggiamento. A farlo, devono essere non i calciatori ma prima ancora gli uomini che indossano la maglia gialloblu.