Il ministro alla commissione che indaga sulla fine del parà Emanuele Scieri: “Ci furono inaccettabili ritardi”
Ci sono voluti 16 anni e 10 mesi perché un ministro della Repubblica collegasse la parola nonnismo al caso della morte del parà Emanuele Scieri nella caserma Gamerra di Pisa. Lo ha fatto ieri mattina Roberta Pinotti, titolare della Difesa, durante un’audizione davanti alla commissione parlamentare di indagine sul caso del militare ventiseienne di Siracusa morto in Toscana il 13 agosto del 1999 in circostanze mai chiarite. “Sentiamo forte il dovere – ha detto Pinotti – di rifiutare la prospettiva che la scomparsa di un giovane, innamorato della vita, presenti ancora oggi diverse circostanze non chiarite. Già allora evidente come quel drammatico fatto non potesse in alcun modo essere derubricato ad un ‘tragico evento’, e neppure ad un mero fatto di bullismo”.
La storia della morte di Emanuele Scieri è rimasta un buco nero. Malgrado le molte richieste non si è mai riusciti, fino ad ora, a mettere in piedi una commissione parlamentare sul caso. “Diversi deputati, di tutte le estrazioni politiche, hanno richiesto dal ’99 in poi e fino al 2009 che il Parlamento approfondisse il caso. Ma tutte le volte che si presentava il progetto alla Commissione Difesa non si raggiungeva la maggioranza – spiega Sofia Amoddio (Pd), presidente della Commissione d’inchiesta – Finalmente noi ci siamo riusciti”. La Commissione ha chiesto una serie di documenti al ministero della Difesa e all’Esercito. Pinotti ieri è stata molto disponibile a collaborare. “non troverete porte chiuse, e neppure socchiuse. Sono a vostra disposizione tutti gli atti in possesso dell’Amministrazione necessari ai vostri lavori, anche quelli più sensibili – ha detto Pinotti – La morte di Lele è una ferita ancora aperta anche per le forze armate: è un vulnus inaccettabile da noi e da tutte le istituzioni dello Stato, occorre ricercare tenacemente la verità”.
Emanuele Scieri cadde dalla torre di asciugatura dei paracadute, alta 12 metri, il 13 agosto. Nessuno lo cercò per due giorni. Come mai? Questo è uno dei misteri di questa storia. “L’inaccettabile e colpevole ritardo nel rinvenimento del corpo di Emanuele Scieri chiamava in causa responsabilità diverse da quelle attribuibili a coloro che, presumibilmente, potevano essere stati i diretti responsabili”, ha detto ieri Pinotti. Il ministro ha commentato anche il cosiddetto “Zibaldone”, una sorta di manuale del parà con la descrizione di vari scherzi ai quali sottomettere le reclute. “Un insieme inquietante di scritti di circa 120 pagine, in cui si mescolavano citazioni auliche con prescrizioni su una quantomeno opinabile ‘disciplina perfetta’; materiale certamente non rispondente, anche all’epoca, all’etica militare, assemblato dal Generale Celentano, allora comandante della Brigata Folgorè. Un compendio che letto con gli occhi di oggi suscita perplessità e sconcerto”.
La Difesa fece un’indagine interna in cui si accertò che “il giovane militare era caduto da quella scala ed era restato per un tempo incredibilmente lungo in un angolo della caserma, senza che nessuno sentisse l’obbligo di avviare delle ricerche”. In quel delicato passaggio storico, ha proseguito Pinotti, “quando si introducevano importantissime riforme in un settore rimasto per decenni uguale a se stesso, ogni sforzo doveva essere fatto per estirpare definitivamente il fenomeno nonnismo, quale forma di gerarchia parallela e di riproposizione di ‘riti di iniziazionè che, dalla goliardia, potevano scivolare facilmente nella violenza”. Sofia Amoddio inoltre ha spiegato di avere “bisogno urgente di una serie di atti. Dobbiamo accedere prima possibile agli archivi della caserma Gamerra”.
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