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Pescara del Tronto, borgo raso al suolo dal sisma, i soccorritori non perdono mai la speranza. Lavorano senza lesinare sulla fatica. La loro soddisfazione si chiama Giorgia, 8 anni, estratta viva dalle macerie dopo 15 ore di polvere, sassi, e paura.
Il paesino delle vacanze raso al suolo come in guerra FRANCESCO GRIGNETTI*
Giorgia, a 8 anni viva dopo 15 ore: il miracolo nel borgo cancellato. Salvata dalle macerie nella frazione distrutta ha sorriso ai suoi salvatori
Il paese che non c’è più era qui, aggrappato a una collina. Al suo posto c’è ora un grande silenzio. Il mormorio del fiume Tronto, a valle; il vento tra gli alberi; e poi il respiro affannoso di chi scava, e scava, e scava.
Pescara del Tronto, il paese che non c’è più, alle 3,30 della notte ha smesso di essere un borgo ed è tornato ad essere pietre. Qui sembra davvero che sia finita la speranza, oltre che la vita dei suoi abitanti. Un paese non può scomparire così, d’un colpo, come se l’avessero bombardato nella notte. E invece, no. A Pescara del Tronto i soccorritori non danno mai per morta la speranza. Lavorano senza lesinare sulla fatica. Gente in divisa e chi è arrivato con il badile del cantiere e vuole dare una mano. E hanno ragione a non mollare. La loro soddisfazione si chiamerà Giorgia, 8 anni, trovata dopo 15 ore di polvere, sassi, e paura. L’hanno chiamata a lungo e non rispondeva. I parenti che erano fermi a indicare quali massi spostare tremavano ormai. E la sorellina Giulia, di qualche anno più grande, purtroppo a sera non l’avevano ancora trovata. Lei invece, la piccola Giulia, che ha avuto anche la forza di sorridere ai suoi salvatori, salva per miracolo perché si è formato un incastro di travi che l’hanno protetta dalle pietre, alla fine è stata tirata fuori. Erano le 18. Dai resti di Pescara del Tronto si è alzato un lungo applauso liberatorio, spontaneo, tra chi, vigili del fuoco, paramedici, speleologi e soccorso alpino, volontari vari, mangiava polvere da ore e trovava per lo più cadaveri.
Per arrivare a Pescara del Tronto, lasciata la via Salaria, ci si inerpica per una strada che ora è ridotta a un sentiero. «La nostra frazione è rasa al suolo», si dispera il sindaco di Arquata del Tronto, Alessandro Petrucci. Sì, qui la natura si è accanita particolarmente. «Una cosa così non avrei potuto mai immaginarla», racconta un sopravvissuto, Vincenzo Di Schiavi, come tanti romano di adozione. «Sembrava che non dovesse finire mai. La scossa sarà andata avanti due o tre minuti. Prima il letto ha sussultato e ci ha svegliato, a me e mia moglie; poi ha cominciato a oscillare. Le scosse sbattevano il letto contro il muro. Bum, bum. Non riuscivamo a scendere».
Il signor Vincenzo e la moglie si sono salvati. Suo suocero, che abitava in una vecchia casa in pietra, non ce l’ha fatta. Il corpo l’hanno trovato attorno all’ora di pranzo. Mentre racconta, si tiene stretto il cagnolino al petto. E così fa la moglie. «Boh, dicono che i cani ti avvertono di un terremoto in arrivo. Questi hanno dormito…».
Il dramma di Pescara del Tronto è che storie così sono in pochi a poterle raccontare. Il grosso dei suoi abitanti è ancora sotto le macerie. Si parla di 100, 120 abitanti sepolti. «Dio perdona, la natura no», dice il vescovo di Ascoli, monsignor D’Ercole, che dalle 5 del mattino è in giro per queste frazioni e poi si è fermato al parco giochi di Pescara del Tronto, trasformata in un obitorio a cielo aperto. «Perché la natura si vendica, se la offendi». E mentre parla, fa un largo giro con le braccia indicando le case che un tempo dovevano essere tutte aggrappate a questa collina e che ora sono una distesa di macerie.
Pescara del Tronto era un paesino di villeggianti. La sua parabola ricorda quella di tutti i nostri borghi di montagna: cinquanta anime d’inverno, cinquecento a ferragosto, quando tutte le seconde case sono aperte. «Se questa scossa succedeva una settimana fa, qui era una strage», spiega un altro dei sopravvissuti, Giuseppe Cafini, che normalmente vive a Pomezia. «Noi ci siamo salvati perché grazie a Dio i solai hanno retto. Una parete è come esplosa, ma il resto ha tenuto». Quando la botta è finita, ha preso una torcia e con l’aiuto della moglie ha portato fuori padre, suocera, e badante.
Subito dopo la scossa, hanno cominciato a vagare tra le rovine e a chiamarsi tra di loro, gli abitanti. Al buio. «Accanto a me c’era una famiglia di romani, che si erano comprati una casetta e ci avevano messo almeno 5 anni a mettersela a posto. Ho capito che non c’era niente da fare. Era venuto tutto giù». I vigili del fuoco li hanno estratti al mattino: morti padre, madre e figlia. Uno strazio.
E c’è chi si è salvato perché sono arrivati i parenti a salvarlo. Riccardo Vertecchi, 60 anni, che abita a Cascia, si è messo in macchina alle 5 del mattino con il fratello. Gente di poche parole e molti fatti, i suoi nipotini Leone e Samuele erano stati con lui a Cascia fino a ferragosto. Poi erano andati dai nonni, a Pescara del Tronto. Mentre Mauro, il papà dei bambini, arrivava anche lui guidando lungo la Salaria, il signor Riccardo è andato a prendersi i piccoli. Scavando a mani nude, assieme ai primi vigili del fuoco che nel frattempo erano arrivati da Ascoli, ha salvato bimbi e nonna. «Un miracolo». Il nonno non ce l’ha fatta. E come lui tanti, troppi bambini.
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*Â INVIATO AD ARQUATA DEL TRONTO
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