Persecuzione Rohingya, il commissario ONU per i diritti umani: “Aung San Suu Kyi si sarebbe dovuta dimettere”
La leader birmana, premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi “avrebbe dovuto dimettersi” dopo la violenta campagna militare contro la minoranza musulmana Rohingya dell’anno scorso.
A dirlo è l’Alto commissario Onu per i diritti umani uscente Zeid Ràad Al Hussein, intervenuto ai microfoni della BBC. I tentativi del Nobel di giustificare le azioni dei militari sono “profondamente deplorevoli“, ha aggiunto.
Il pesante giudizio dell’Alto commissario sarebbe arrivato dopo la pubblicazione lunedì del rapporto della missione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che ora chiede l’incriminazione dei leader militari birmani per genocidio e crimini di guerra contro il popolo Rohingya.
Un rapporto che, però, il governo birmano ha respinto.
Suu Kyi “avrebbe potuto fare qualcosa“, ha ribadito Zeid Ràad Al Hussein. “Avrebbe potuto restare in silenzio o, meglio ancora, avrebbe potuto rassegnare le dimissioni“. E poi: “Non c’era alcun bisogno che lei fosse il portavoce dell’esercito birmano. Non era costretta a dire che si trattava di un iceberg di disinformazione. Erano menzogne“. Meglio ritornare agli arresti domiciliari, ha aggiunto, che “diventare un accessorio”.
Aung San Suu Kyi, 73 anni, ha trascorso 16 anni agli arresti domiciliari tra il 1989 e il 2010. Il Comitato per il Nobel della pace mercoledì ha chiarito che, malgrado le accuse delle Onu, non può esserle revocato il Nobel per la pace che le è stato conferito nel 1991.
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