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Patto Italia-Libia sui migranti

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ccordo tra Italia e Libia per fermare l’immigrazione illegale, contrastare il traffico di esseri umani e rafforzare le frontiere. A Roma il premier Gentiloni e il collega libico Sarraj firmano un memorandum, che riceve il plauso dell’Unione europea: «Puntiamo a chiudere la rotta libica».

Firmato il patto fra Libia e Italia: “Fermeremo i flussi dei migranti”

Sarraj vola a Roma per siglare il memorandum triennale con il premier. Lotta al contrabbando e al traffico di esseri umani: sigillare le frontiere a Sud

ROMA – A poche ore da quel summit di Malta che si propone di chiudere la rotta Libia-Italia, Roma porta a casa un risultato storico firmando con il premier libico Sarraj il Memorandum d’intesa per fermare l’immigrazione illegale, il traffico di esseri umani e il contrabbando tra le sponde sud e nord del Mediterraneo. L’accordo, che ha validità triennale e sarà rinnovato alla scadenza, arriva in porto grazie alla mediazione di Minniti e in virtù dell’impegno del nostro Paese a collaborare con gli Stati attraversati dalle migrazioni, a partire dal nuovo Fondo per l’Africa. Otto articoli per mettere nero su bianco l’impegno di Tripoli a controllare le sue coste e quello italiano ad aiutare il partner nel monitoraggio delle frontiere sud, quelle da cui entrano i migranti africani che sognano di raggiungere l’Europa.

Tanto per cominciare c’è il lavoro di squadra nel Mediterraneo, da dove proviene il 90% dei migranti e dove finora si è vista in campo solo l’operazione Sophia. L’Italia, si legge nel testo, garantisce sostegno alle istituzioni di sicurezza e alle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione illegale. Vale a dire training, equipaggiamento, assistenza alla guardia costiera libica, droni per il controllo dei confini e la restituzione delle 12 motovedette che hanno già effettuato la manutenzione ma anche supporto per energie rinnovabili, infrastrutture, sanità, trasporti, sviluppo delle risorse umane.

Poi c’è il sud della Libia, tema cruciale per Tripoli perché, ammesso che la Libia si riprenda indietro tutti quelli che sfidano il mare, non può poi tenere in casa numeri del genere. Al momento, dice Mattia Toaldo dell’European Council on Foreign Relations, «ci sono in Libia 20 campi profughi ufficiali gestiti dal ministero dell’interno più molti in mano alle milizie». Un paese nel paese. Ecco dunque che l’accordo di Roma parla di «completamento del sistema di controllo dei confini terrestri del sud della Libia» ma anche di «adeguamento e finanziamento dei centri di accoglienza usufruendo di finanziamenti disponibili da parte italiana e di finanziamenti dell’Unione europea». Roma in particolare s’impegna in questo ambito con medicinali e attrezzature mediche per i centri sanitari che, come nel caso degli altri interventi, non comporteranno «oneri aggiuntivi» per il nostro bilancio rispetto agli stanziamenti già previsti. Bruxelles, vinte le resistenze di alcuni Paesi scettici sul peso del governo Sarraj, metterà i soldi (che dopo le proteste dell’insoddisfatto Sarraj saranno probabilmente di più dei 200 milioni previsti).

Si parte subito, oggi stesso, con l’occhio a domani. Il Memorandum cita infatti a chiusura «il sostegno alle organizzazioni internazionali che operano in Libia per proseguire gli sforzi mirati anche al rientro dei migranti nei propri paesi d’origine» e «l’avvio di programmi di sviluppo, attraverso iniziative di job creation». Nessuno può più perdere tempo. Si parla di Mediterraneo ma si guarda tutti a monte, ossia alla porosa Libia meridionale: la rotta che passa dal Niger, quella a cui affluiscono i migranti dell’Africa occidentale, è oggi la più controllata, anche grazie all’aiuto di Italia e Germania, ma le altre due, via Ciad e via Sudan, la valvola del Corno d’Africa, sono letteralmente sguarnite.

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