In oltre un’ora di appassionato intervento, Stefano Parisi ha disegnato i confini del suo programma politico, ma ha lasciato senza risposte alcune domande cruciali.Â
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l cuore del «liberalismo popolare» invocato dall’ex candidato sindaco del centrodestra a Milano risiede in alcune parole e espressioni-chiave: la libertà e il merito, la semplificazione burocratica e lo sviluppo digitale, il no alla concertazione e il sì al federalismo fiscale. Ha parlato di immigrazione e di etica («La politica deve essere legalità , dobbiamo avere persone integre») e ha toccato corde sensibili alla narrazione del centrodestra come l’eccesso di vincoli e controlli («L’autorità anticorruzione non serve»).
A dispetto dei ripetuti attacchi di Salvini, le critiche di Parisi all’Europa («Stagnante, in cui non crede più nessuno») sono sembrate parte del tentativo di tenere un canale di dialogo con la Lega, ribadito dall’appello finale all’unità del centrodestra. E certo anche con un occhio agli alleati va letto l’affondo contro Renzi sui rapporti con l’Ue e sulla ripresa che stenta («Gli 80 euro? Un inganno», il premier «è un pericolo per lo sviluppo dell’economia»), in un’invettiva che non ha risparmiato il Movimento 5 stelle («Non è vero che uno vale uno, per fare il sindaco di Roma servono persone esperte»).
Le parole non dette riguardano il contenitore destinato a ospitare il progetto. E’ vero, fin dal suo debutto sulla scena politica nazionale, Stefano Parisi ha detto di voler privilegiare i contenuti e in questi due mesi è stato coerente, cercando idee e competenze e sfuggendo alla trappola della polemica, soprattutto con chi in Forza Italia ne sta cercando di fermare il cammino. Ha cominciato a tessere una tela, non solo dentro i confini nazionali, dal momento che ha già incontrato almeno un paio di ambasciatori, tedesco e americano. Una politica dei piccoli passi che da ieri, però, richiede qualche cosa di più. Parisi ripete con forza la convinzione che in caso di sconfitta al referendum e di dimissioni di Renzi «non ci sarà il caos». Come ha detto ieri, «se siamo uniti il centrodestra sarà pronto, subito, a sostituire Renzi al governo». Poiché non è pensabile che lo possa fare il centrodestra sfilacciato e litigioso dell’ultima stagione, significa che l’ex direttore generale di Confindustria ha già in mente l’assetto che dovrebbe avere la coalizione. Sarà lui la nuova guida di Forza Italia? Nascerà un soggetto politico diverso?
«Noi siamo il futuro della politica», ha scandito davanti alla platea della convenzione programmatica, «Serve prendere iniziativa». I contenuti e i programmi sono imprescindibili, la base di un progetto politico, ma a poco più di due mesi dal referendum bisogna dire ai 10 milioni di elettori che Parisi vuole riconquistare in quale offerta politica si possono tradurre.
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