Papa Francesco con profughi
Lieto come tutti per l’atto di bontà di Papa Francesco ma, e ne sono dolente, non mi riesce di buttar giù un senso di amaro che mi ha pervaso mente, cuore, bocca.
Non mi riesce di NON chiedermi:
ma è mai possibile che tra i migliaia di profughi NON ci fossero famiglie di CATTOLICI doppiamente perseguitati proprio perché tali sono e proprio dai confedeli di quelli portati ad una esistenza migliore dal Papa?
QUESTO il pensiero e la domanda che mi ronza nella mente e che non mi riesce di ignorare ed allontanare da me e, per la quale, non riesco a non vedere il tutto come una mera e sgradevole operazione stile “marketing”. E questo mi fa star male! Mi rovina la gioia che comunque provo per delle famiglie aiutate a vivere da uomini e non più da bestie (anche se credo che ormai, nei paesi cosiddetti “civili”, siaono sempre in più le persone che, potendo, sceglierebbero una “vita da bestia” in certe famiglie dove gli animali sono coccolati e curati più di quanto magari, alcune delle stesse famiglie, fanno o farebbero con altri “uomini”; ma questo è già altro).
Stanislao Barretta
Ciò premesso, eccovi la news così come è stata riportata su larepubblica e, se qualcun altro gradisse esprimere le proprie sensazioni e valutazioni alla stessa, non ha da far altro che commentare l’articolo o scriverci una email inviandola a redazione@vivicentro.it:
Il pontefice di ritorno dalla Grecia con 12 profughi: “Capisco le paure ma l’Europa non costruisca muri. L’incontro con Sanders a Santa Marta? La politica non c’entra”
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BORDO DEL VOLO PAPALE MITILENE-ROMA – “I profughi in Vaticano? Non c’è alcuna speculazione politica. Il mio è un gesto umanitario, un’ispirazione venuta una settimana fa a un mio collaboratore, che me l’ha proposta. E io ho accettato subito”. Non aspetta nemmeno le domande in volo, Papa Francesco. Siamo appena decollati da Mitilene, isola di Lesbo, Grecia. Un viaggio lampo di 5 ore, ma durante il quale il Pontefice argentino ha visitato il campo profughi dove tanti siriani, afghani, cingalesi dovranno essere respinti per tornare in Turchia, attraversata con la speranza di concludere il loro viaggio in Europa.
Appena vede i giornalisti Jorge Bergoglio entra subito nell’argomento. La scelta di portare 12 migranti con sé, e di accoglierli in Vaticano, è una mossa umanitaria di straordinario significato. Il Papa non lo dice, ma la valenza anche politica di questa decisione la si misura già nelle prime dichiarazioni di plauso e di critica che arrivano da tutto il mondo. “Prima di tutto voglio ringraziarvi per questa giornata di lavoro. Per me è stato troppo forte, troppo forte…”. Si commuove Francesco. Poi comincia ad ascoltare le domande, e a rispondere a una per una rimanendo per quasi un’ora in piedi, mentre l’Airbus A320 dell’Alitalia vola in direzione di Roma.
Santità, ma l’accordo sui profughi siglato da Unione Europea e Turchia per lei può funzionare?
“Gli accordi tra la Grecia e la Turchia io non li conoscevo bene, li ho visti sui giornali. Loro, i profughi che stiamo accogliendo, vengono in regola, con un accordo raggiunto fra tre governi, Vaticano, Italia e Grecia. Con la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio. E hanno il visto di ingresso. Ora Sant’Egidio troverà loro un posto di lavoro. Sono ospiti del Vaticano e si aggiungeranno alle due famiglie già ospitate dalle nostre parrocchie”.
Lei parla molto di accoglienza ma troppo poco di integrazione. Vedendo quello che sta accadendo in Europa, parecchie città con quartieri ghetto, e immigrati musulmani che fanno più fatica a integrarsi con valori occidentali, non sarebbe forse più utile privilegiare gli immigrati cristiani? Perché ha preso con sé tre famiglie musulmane?
“Non ho fatto una scelta tra cristiani e musulmani. Queste tre famiglie avevano le carte in regola e si poteva fare. C’erano due famiglie cristiane che non avevano i documenti in regola. Non è un privilegio, tutti sono figli di Dio. Ma è vero, oggi i ghetti esistono! E alcuni dei terroristi che hanno compiuto attentati sono figli e nipoti di persone nate in Europa. Che cosa è successo? Non c’è stata una politica d’integrazione. L’Europa deve riprendere questa capacità d’integrare, sono arrivate tante persone nomadi e ne hanno arricchito la cultura. C’è bisogno d’integrazione”.
Si parla di controlli e di rinforzi ai confini europei. Questa è la fine di Schengen e del sogno europeo?
“Non lo so, ma capisco i popoli che hanno una certa paura. Dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza. Ho sempre detto che fare muri non è una soluzione, abbiamo visto il secolo scorso la caduta di uno. Non si risolve niente. Dobbiamo fare ponti, ma in modo intelligente, con il dialogo, l’integrazione. Io capisco un certo timore, ma chiudere le frontiere non risolve niente, perché quella chiusura alla lunga fa male al proprio popolo e l’Europa ha bisogno di politiche di accoglienza, integrazione, crescita, lavoro e riforma dell’economia. Tutte queste cose sono i ponti che ci porteranno a non fare muri”.
Perché lei non fa differenza tra chi fugge la guerra e chi fugge la fame? L’Europa può accogliere tutta la miseria del mondo?
“Tutti e due sono effetto dello sfruttamento. Sfruttamento della terra. Io inviterei i trafficanti di armi, quelli che le procurano ai gruppi in Siria per esempio, a passare una giornata nel campo profughi che ho appena visitato a Lesbo. Credo che per loro sarebbe salutare”.
Lei stamane ha detto che questo sarebbe stato un viaggio triste, commovente. Però qualcosa è cambiato: ora qui ci sono 12 persone. È un piccolo gesto di fronte a chi volta la testa dall’altra parte?
“Faccio un plagio e rispondo con una frase non mia. Avevano domandato a Madre Teresa di Calcutta: “perché tanto sforzo e tanto lavoro solo per accompagnare le persone a morire?” E lei: “è una goccia d’acqua nel mare, ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso”. È un piccolo gesto ma uno di quei piccoli gesti che dobbiamo fare tutti noi, uomini e donne, per tendere la mano a chi ha bisogno “.
Questa mattina a Casa Santa Marta lei ha incontrato il candidato alla nomination democratica Bernie Sanders. Ha voluto entrare nella politica americana?
“Questa mattina mentre uscivo c’era lì il senatore Sanders, che era venuto al convegno sulla “Centesimus annus”. Lui sapeva che io uscivo a quell’ora e ha avuto la gentilezza di venirmi a salutare. Lui, insieme alla moglie, e un’altra coppia alloggiata a Santa Marta, come tutti i membri del convegno. Quando sono sceso l’ho salutato, una stretta di mano, niente di più. Questa si chiama “educazione”, non “immischiarsi in politica”. Se qualcuno pensa che dare un saluto sia immischiarsi in politica, gli raccomando di trovarsi uno psichiatra”.
vivicentro.it-cronaca / Papa Francesco: “Da Lesbo al Vaticano, piccolo gesto di accoglienza”. MARCO ANSALDO
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