La Polizia di Stato di Palermo ha ricostruito l’organigramma, le dinamiche sul territorio ed i rapporti con altre compagini mafiose.
All’alba di oggi, circa 100 uomini della Squadra Mobile, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo, con l’operazione ‘Padronanza’ hanno eseguito l’ordinanza di applicazione della misura cautelare emessa dal G.I.P. del locale Tribunale nei confronti di:
- ALBAMONTE Girolamo, nato a Palermo il 03/10/1981 (carcere);
- ALFANO SALVATORE, nato a Palermo il 12/02/1956 (carcere);
- BONDI’ GIUSEPPE, nato a Palermo il 21/01/1981 (domiciliari);
- CARELLA GIUSEPPE, nato a Palermo il 06/04/1970 (carcere);
- DE LUCA ANGELO, nato a Palermo il 23/07/1984 (carcere);
- DI FILIPPO FRANCESCO, nato a Palermo il 26/08/1978 (carcere);
- LANNO VINCENZO, nato a Palermo il 30/06/1993 (carcere);
- LA ROSA FRANCESCO PAOLO, nato a Palermo il 02/08/1965 (carcere);
- PIRANIO BIAGIO, nato a Corleone il 04/02/1952 (carcere);
- RUNFOLO VINCENZO, nato a Palermo il 01/05/1984 (domiciliari);
- ZARCONE Nicolò, nato a Palermo il 11/06/1983 (carcere);
tutti indagati, a diverso titolo, per associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata, trasferimento fraudolento di valori aggravato ed altro.
Il provvedimento giunge al termine di una complessa attività d’indagine, diretta dal pool di magistrati coordinati dal Procuratore Aggiunto Salvatore DE LUCA, protrattasi per quasi due anni ed effettuata sul mandamento mafioso della Noce, con particolare riferimento alla famiglia di Cruillas.
Secondo l’ipotesi investigativa, confermata dal G.I.P., i fatti si possono riassumere come segue.
Una ristretta cerchia di sodali, guidata dall’anziano boss Giovanni NICOLETTI (deceduto nel febbraio di quest’anno) esercitava il controllo capillare della vasta porzione di territorio ricadente nell’area cittadina di Cruillas (il nome del quartiere è riferito a quello dei Cruillas, nobili originari della Catalogna, che si trasferì a Palermo nel XIII secolo al seguito del re Pietro III di Aragona),
Biagio PIRANIO, meccanico pressoché incensurato, rappresentava l’alter ego di NICOLETTI sul territorio, filtrando gli appuntamenti per il capo e gestendo la rete relazionale della famiglia mafiosa in modo da garantire la riservatezza delle comunicazioni.
PIRANIO, inoltre, curava per conto di NICOLETTI il settore della mediazione nelle transazioni immobiliari; sono stati, infatti, documentati diversi episodi di compravendita di terreni in cui acquirente e venditore hanno dovuto versare nelle casse dell’organizzazione mafiosa una somma di denaro a titolo di sensaleria.
La famiglia mafiosa era molto attiva anche nelle estorsioni e nella gestione delle scommesse abusive sulle piattaforme on line; delegato alla cura di questi affari, era Francesco DI FILIPPO, efficiente terminale operativo di NICOLETTI.
DI FILIPPO poteva contare su un gruppo di soldati spregiudicati e sempre pronti ad organizzare pestaggi e danneggiamenti.
Tra questi, DE LUCA Angelo e LANNO Vincenzo; il primo, su mandato di DI FILIPPO, si è anche reso responsabile di un incendio di un terreno a scopo intimidatorio mentre LANNO, in compagnia di DE LUCA, è stato fermato da personale della Squadra Mobile poco prima di compiere il pesante danneggiamento di una rivendita di auto.
A DI FILIPPO, inoltre, erano demandati i compiti di collegamento con gli esponenti delle altre famiglie mafiose. Tra gli incontri più rilevanti, possono citarsi quelli con Masino INZERILLO, capo del mandamento di Passo di Rigano, che ha più volte ricevuto DI FILIPPO per mediare il prezzo di alcune estorsioni. Per tale motivo, DI FILIPPO è stato tratto in arresto nello scorso mese di luglio durante l’operazione “New Connection”.
Giuseppe CARELLA era l’interfaccia economica di NICOLETTI sul territorio; tramite due ditte di costruzione, fittiziamente intestate ad Alfonso SIINO e oggi sottoposte a sequestro preventivo, CARELLA aveva conquistato una rilevante quota di mercato nel settore dell’edilizia.
Nel febbraio del 2018, con l’operazione “Game Over”, NICOLETTI è stato assoggettato a misura cautelare, determinando lo spostamento degli equilibri interni al mandamento verso la famiglia della Noce e, segnatamente, sulla persona di Salvatore ALFANO, uomo d’onore di quest’ultima famiglia, tornato in libertà nel novembre del 2015 dopo una lunga detenzione scaturita dall’indagine “Gotha”.
ALFANO, dopo la scarcerazione, ha mantenuto un profilo basso e riservato per un lungo periodo fino a quando l’arresto di NICOLETTI e, pochi mesi dopo, di Giovanni MUSSO, all’epoca reggente della famiglia della Noce, lo hanno “obbligato” ad assumere la responsabilità di riorganizzare la compagine mafiosa, ponendosi quale punto di riferimento dell’intero mandamento.
A partire da quel momento, tra i mesi di giugno e dicembre 2018, ad ulteriore testimonianza della centralità del boss della Noce nelle dinamiche mafiose palermitane, sono stati documentati numerosi incontri tra lo stesso ALFANO e diversi personaggi di spicco di cosa nostra palermitana.
Tra i tanti, vale la pena di citare Settimo MINEO, capo del mandamento di Pagliarelli, Ignazio TRAINA, di Santa Maria di Gesù, Girolamo MONTI, di Borgo Vecchio, Salvatore MACHI’, di Brancaccio.
Si tratta di un momento storico di grande valenza strategica per l’organizzazione mafiosa; nel maggio del 2018, infatti, per la prima volta dopo decenni e proprio su iniziativa di Settimo MINEO, era tornata a riunirsi la commissione provinciale di cosa nostra.
Appare, pertanto, del tutto plausibile, anche alla luce delle successive acquisizioni tecniche, l’ipotesi che ALFANO sia stato in qualche modo coinvolto in quell’importante progetto riservato ai più autorevoli esponenti di cosa nostra palermitana.
Nel dicembre del 2018, l’operazione dei Carabinieri Cupola 2.0, con la quale sono stati tratti in arresto Settimo MINEO e numerosi altri protagonisti di quella vicenda, ha comportato una sovraesposizione mediatica di ALFANO che lo ha indotto a delegare la gestione dell’ordinaria amministrazione a Girolamo ALBAMONTE, riservandosi di intervenire nelle questioni più delicate.
È il caso, ad esempio, di una sconsiderata pretesa estorsiva avanzata da DI FILIPPO e DE LUCA, prontamente ridimensionata dal boss della Noce, in danno di un commerciante che era già a posto con l’organizzazione mafiosa.
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