(
Adnkronos) – “Bisogna lavorare su una sanità di prossimità in maniera sempre più integrata, multidisciplinare e multiprofessionale, fare in modo che ci sia un vero lavoro d’équipe sul territorio, che ci sia un’interconnessione per fare in modo che tra servizi e tra sistemi ci si connetta” in un sistema con “sentinelle sociali che possono allertare dei percorsi”.Lo ha detto all’Adnkronos Salute Barbara Mangiacavalli, presidente nazionale Federazione Ordini e professioni infermieristiche (Fnopi), alla presentazione – oggi a Roma – del convegno ‘Le povertà sanitarie in Italia’, previsto a Verona il prossimo 10 maggio.
Si tratta del primo di una serie di incontri promossi dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute e dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, la Conferenza episcopale italiana, in collaborazione con le 11 federazioni e i consigli nazionali delle professioni sanitarie e sociosanitarie, in avvicinamento al Giubileo sanitario del 2025, dedicato alle povertà sanitarie. “Noi abbiamo questa ricchezza, va solo messa in rete”.I collegamenti esistono già nelle “amministrazioni comunali con i servizi sociali – aggiunge Mangaicavalli – C’è la rete sanitaria pura, ma anche quella socioassistenziale”, oltre alle persone che svolgono “un servizio, nelle piccole parrocchie, nelle piccole comunità”, ma anche “delle associazioni di volontariato, del gruppo anziani, del negozio sotto casa, la portinaia del condominio, se siamo nei nuclei urbani.
Abbiamo un territorio con una ricchezza importante anche dal punto di vista della solidarietà.Abbiamo bisogno di metterla in rete, di potenziarla.
Chiunque opera nel campo della sanità e si confronta tutti i giorni con la fragilità, con la disabilità e con la malattia, si rende conto che per un verso la malattia è molto democratica, per l’altro ci sono delle disuguaglianze importanti”. Al di là dei “determinanti non sanitari della salute – quindi il livello di istruzione, la cultura, la vivibilità, la salubrità degli ambienti – che ci sono e sono comunque combattere”, per la presidente Fnopi è fondamentale la questione dell’accesso alla salute che “non è uguale e non è omogeneo e non è solo un problema di presenza di servizi.In Italia – continua – siamo abituati a parlare di mobilità sanitaria attiva e passiva, con regioni meno fortunate dove i cittadini si devono spostare.
Ma anche all’interno delle cosiddette ‘regioni fortunate’ ci sono fasce di popolazione che, per fragilità loro, non riescono ad accedere ai servizi.Penso soprattutto ai servizi territoriali, perché quando si arriva in pronto soccorso, anche se l’accesso è in qualche modo inappropriato, la persona viene accolta nel nostro Servizio sanitario nazionale”. Sul territorio ci sono “costellazioni di servizi – spiega Mangiacavalli – che spesso sono ancora troppo poco in rete, troppo poco integrate, interconnesse, dove, la maggior parte delle volte, è il cittadino, e la sua famiglia”, che si deve “districare” in un percorso che è “una corsa ad ostacoli” per accedere a diritti come “esenzioni o per alcuni presidi, ricoveri in strutture alternative alle strutture per acuti.
Stiamo assistendo a una disomogeneità di erogazione di prestazioni e di servizi.Chi ha più strumenti riesce ad averli, chi ha meno strumenti a volte si trova a perdere”. Particolarmente rilevante è il tema della solitudine. “L’Italia – osserva la presidente Fnopi – sta diventando un Paese più vecchio, più povero e più solo.
Noi ci troviamo spesso a fare i conti con persone che vivono in completa solitudine, persone che per questioni legate allo stigma, per patologie particolari, hanno situazioni familiari precarie e importanti che spesso non vengono intercettate dai servizi.Il senso della povertà sanitaria – conclude – è anche quello di riflettere su queste situazioni e fare in modo che i professionisti e il sistema non si occupino solo di quelli che arrivano in qualche modo ai servizi, ma di quelli che non arrivano”. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Lascia un commento