Frasi choc di odio sul Presidente Mattarella che esercita le sue prerogative costituzionali di nomina dei ministri nel marzo 2018
Odio su Mattarella nei social: è vilipendio al Capo dello Stato
Suscita umana tenerezza una donna di 68 anni che deve andare a processo perché ha offeso pesantemente e crudelmente il Presidente della Repubblica Mattarella, nel marzo del 2018, dopo le travagliate settimane di formazione del governo Lega CinqueStelle.
Tutti ricorderemo che il Capo dello Stato rifiutò il nome del prof. Paolo Savona nel ruolo di Ministro dell’Economia. Leghisti e penta stellati reagirono scompostamente soffiando sul fuoco del disorientamento popolare – specie di quelli non addentro ai delicati meccanismi istituzionali che prevedono il legittimo esercizio delle prerogative costituzionali del Presidente, (art. 92 Costituzione) nella nomina dei ministri.
Il presidente della Repubblica, agli insulti non si scompone ed anzi ribadisce che: “Per sconfiggere chi vuole seminare intolleranza e paura, dobbiamo tenere alta la sensibilità democratica e restare fedeli ai principi che ispirano la nostra convivenza“ democratica secondo i dettami della Costituzione.
A nulla valsero le sue sagge parole. La piazza mediatica, sobillata a dovere, risponde “generosamente” e sui vari social attacca il Presidente Mattarella, con insulti, offese e minacce di violenza fisica o di morte, evocando perfino la barbara morte del fratello Piersanti ucciso dalla mafia negli anni ’80 a Palermo.
Doverosamente la Digos, ha avviato una inchiesta per scovare questi leoni da tastiera che spargono odio a piene mani e sono venuti fuori i nomi di una decina di onorati cittadini, che si sono distinti per insulti grossolani e violenti, di crudeltà gratuita: Manlio Cassarà, palermitano, Michele Ivo Calabrese, barese, Eliodora Elvira Zanrosso, di Varese, Mirko Bonomo, palermitano, Massimiliano Volpi, romano, Dalves Porru, di Milano, Gennaro Zimotti, foggiano, Eddi Maria Cavaglieri, Davide Palotti, milanese. Per costoro l’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo è chiusa e verranno chiamati a processo, per rispondere del reato di vilipendio al Presidente della Repubblica (art. 278 Cod. Pen.) e, per qualcuno, di istigazione a delinquere.
Tra i vari nomi resi noti, la signora Eliodora Elvira Zanrosso, ha avuto il coraggio di venire allo scoperto. Lei è l’autrice di questa splendida frase, che trasuda finezza ed umana bontà, come si addice ad una signora di 68 anni: “Ti hanno ammazzato il fratello, cazzo non ti basta?”. Da trasecolare. Fa tenerezza questa donna che adesso dice di avere solo la terza media (quindi inesperta di informatica) e di essere nonna. Ma ai nipotini non si dà un buon insegnamento predicando ed esaltando la violenza.
A noi hanno insegnato che si combattono le idee non le persone. Queste idiozie che inneggiano alla violenza, non solo non si scrivono, ma non si devono neanche pensare. Tutto questo purtroppo è frutto dell’imbarbarimento della politica. Infatti lei attribuisce la sua reazione “impulsiva” al clima arroventato di quei giorni, con certi leader politici che soffiavano sul fuoco per infiammare gli animi e la piazza, fino ad esasperarli.
A
desso lei si dice pentita di ciò che ha commesso e pronta a chiedere scusa al presidente Mattarella. La signora, tra l’altro, afferma di aver vissuto gli anni ’80 e di ricordarsi chi fu Piersanti Mattarella, l’uomo politico che tentava di bonificare il costume politico in Regione. Meno male che, rasserenandosi gli animi, un pò di memoria storica riaffiora…
La signora, certamente, dovrebbe scusarsi con l’uomo Sergio Mattarella, offeso nei suoi sentimenti di lutto e di dolore per la perdita di un fratello crudelmente assassinato (tra l’altro per una nobile causa politica) e crediamo che troverebbe magnanimo perdono; ma l’offesa all’onorabilità del Presidente della Repubblica ed alle sue prerogative costituzionali resta. E per questo aspetto è giusto che paghi il suo conto con la Legge, secondo quanto stabiliranno i giudici. Secondo noi – ma non siamo giudici ! – la pena da comminare a questi disorientati cittadini non dovrebbe essere “punitiva” (ammenda o eventuale reclusione) ma una pena “pedagogica”: imparare e conoscere a menadito la Costituzione Italiana.
Siamo in uno stato di diritto e le leggi vanno conosciute e rispettate. La Legge non ammette ignoranza. La democrazia non è fatta di impulsività e di insulti, ma di riflessione e ragionamento.
Pertanto non solo dovrebbe scusarsi umanamente, ma dovrebbe capire di avere torto anche dal punto di vista giuridico, perché ha insultato il “nostro” Presidente della Repubblica nel suo legittimo esercizio delle sue prerogative costituzionali, per come la nostra Costituzione prevede e che lei (come tutti gli altri “leoni”) sconosceva.
Ed anche i singoli leader politici devono trarre un grande insegnamento da questa triste vicenda. Pur nell’asprezza della dialettica politica, devono imparare la moderazione nei toni, per non esasperare gli animi ed evitare che cittadini, normalmente pacifici, si ritrovino ad assumere posizioni delle quali, probabilmente, sconoscono le conseguenze. E soprattutto perché nella dialettica politica prevalga il ragionamento non la tifoseria. Perchè le parole in libertà diventano pietre che possono ferire.
I cittadini elettori vanno formati anche dal punto di vista giuridico. La Costituzione e gli organi dello Stato (Presidente, Primo Ministro, Governo, Parlamento, Corte Costituzionale) vanno conosciuti, sia nella loro composizione che nelle loro funzioni. Chi non conosce la Costituzione scatena questi inutili, incresciosi putiferi. La classe politica anziché litigare in continuazione sui vari talk show, perché non comincia a spiegare agli elettori l’architettura costituzionale del nostro ordinamento statale? La Pubblicità Progresso viene fatta solo nei periodi elettorali, con suadenti spot pubblicitari. Perché non usare anche questo potente strumento per fare formazione giuridico costituzionale verso i cittadini elettori?
Tutti quelli che vanno a votare dovrebbero conoscere a menadito la Costituzione repubblicana. Non si può giocare se non si conoscono le regole del gioco. Così come non si può guidare la macchina se non si conosce il Codice della Strada o la segnaletica o non si può sparare con un fucile se non si possiede il porto d’armi. Allo stesso modo non si dovrebbe poter votare se non si conosce la Costituzione, che contiene le regole del “gioco” democratatico.
È “antidemocratico” affermare ciò?
Carmelo TOSCANO
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