span style="color: #ffffff;">MASSIMO GRAMELLINI –
A dispetto del nome ecologico, il Parco Verde di Caivano è un conglomerato orrendo di case attaccate l’una all’altra per farsi coraggio. A un certo punto da uno di questi palazzacci sono cominciati a cadere i bambini. Prima Antonio da una finestra. Poi Fortuna dal terrazzo, perdendo una scarpetta nel volo. La signora dell’ultimo piano ha negato di avere visto la bimba sul suo pianerottolo: in seguito si è scoperto che la scarpetta l’aveva nascosta lei. Ma tutta l’indagine è stata un rosario di reticenze e connivenze, di adulti che coprivano i colpevoli nel timore di ritorsioni, perché la paura è il veleno che hanno respirato per tutta la vita e il silenzio omertoso la migliore garanzia di sopravvivenza. Persino quando il reato da nascondere è il più abietto che si riesca a immaginare.
Anche i bambini del condominio, debitamente ammaestrati, hanno negato l’evidenza. Finché tre di loro, tre fratellini, sono stati strappati al Parco e presi in custodia dai servizi sociali. All’inizio non riuscivano nemmeno a giocare. Ma dopo qualche tempo si sono lasciati sedurre dall’ambiente amico e hanno iniziato a vivere, quindi a parlare. Rivelando gli orrori a cui avevano assistito e da cui si erano dovuti difendere, non sempre con successo. Se due coppie di orchi sono state messe nelle condizioni di non nuocere, lo si deve a quei bimbi che, a differenza dei grandi, hanno imparato a non avere paura. Il riscatto delle zone marce di questo Paese passa dal coraggio dei più piccoli. E da quello dello Stato di strapparli a famiglie perdute che hanno perso il diritto di allevarli.
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