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arò – La soddisfazione di Matteo Renzi è pienamente giustificata, ma la partita per il ritorno di Salvatore Girone in Italia non è ancora chiusa. Aver ragione è una magra soddisfazione, soprattutto per Girone e per i suoi cari, se l’India riesce a insabbiarlo a tempo indeterminato. Qui entra in gioco non il diritto che ci da ragione, ma la nostra capacità di convincere l’India.
La decisione del Tribunale dell’Aia, di autorizzare il rientro di Salvatore Girone in Italia in pendenza dell’arbitrato internazionale sulla giurisdizione nel merito è un successo, politico e diplomatico oltre che giuridico, del nostro governo. Premia la scelta del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Esteri Gentiloni di adire le vie della giustizia internazionale, dopo aver esaurito quelle della diplomazia bilaterale con l’India. E la pazienza nei confronti degli eterni rinvii di Delhi. È anche il primo punto a nostro favore in una controversia nella quale l’Italia non aveva mai avuto buone carte da giocare. Bisogna adesso amministrare il vantaggio.
La reazione indiana a caldo non è incoraggiante ma nemmeno sorprendente. Punta sul vivo Delhi ha rivendicato la propria giurisdizione sovrana nel caso sulle modalità della libertà provvisoria di Girone.
Vuole che siano decise dalla Corte Suprema indiana. Vedremo cosa dice esattamente il testo dell’ordinanza del Tribunale. Se, come sembra, prevede che le «condizioni del rientro» siano «concordate fra Italia e India», Delhi vi trova un appiglio. Specioso quanto si vuole, ma sufficiente a procrastinare il rientro di Girone in Italia.
La giustizia internazionale è forzatamente salomonica. Affida l’esecuzione agli Stati; non ha strumenti per farsene carico. A concordare le condizioni del rientro dovrebbe bastare un’intesa con le autorità indiane: qualcosa in più di semplici pratiche burocratiche, ma senza ricorrere alla massima autorità giurisdizionale del Paese. Ci sono due motivi per cui Delhi la rivendica: primo, per mantenere il principio della giurisdizione indiana nel processo ai due marò, che è la materia principale del contendere nella vertenza fra Italia e India; secondo, per l’istintiva ripicca di mettere i bastoni fra le ruote all’immediato ritorno di Salvatore Girone in Italia.
L’Italia deve ora destreggiarsi fra questi due ostacoli. Fattibile, ma richiede un attento dosaggio fra prese di posizioni pubbliche e diplomazia bilaterale. L’India non può contestare la decisione del Tribunale dell’Aia sul rientro. Può, ad arte, rinviarne l’attuazione alle calende greche. Non è nuova a queste tattiche: nella lontana primavera del 2013 aveva promesso un processo «rapido e equilibrato» – senza nessun seguito. Il pericolo dunque è un’attesa in tempi biblici della Corte Suprema di Delhi. Chiedere al Tribunale arbitrale un’interpretazione autentica? Ammesso che sia sufficientemente tranciante a nostro favore, anch’essa richiederebbe tempi non brevi. Nel frattempo Salvatore Girone rimarrebbe a Delhi.
Ci vuole la collaborazione dell’India. Il sesto senso di Matteo Renzi ne ha colto subito la necessità col messaggio di amicizia rivolto direttamente al Primo Ministro indiano, Narendra Modi. Non è scontato che l’India si senta obbligata a un atteggiamento costruttivo. Bisogna cercar di condurcela per mano. Innanzitutto, svincolando il rientro «in attesa di arbitrato» dalla questione sulla giurisdizione e indicando che anche l’Italia non ne farà precedente nel merito.
In secondo luogo, l’India chiede garanzie che Girone e Massimiliano Latorre (il cui «permesso per motivi di salute» scade il 30 settembre) tornino per il processo, se l’arbitrato internazionale gli darà ragione (decisione attesa fra due anni). Non ci resta che dargliele – la decisione di ieri è una misura transitoria – in cambio di una rapida autorizzazione al rientro di Girone che, purtroppo, non è solo una procedura burocratica. Infine serve insistere sul messaggio politico di Renzi: cos’ha da guadagnare Delhi a intestardirsi?
L’Italia ha appena tagliato un Gran Premio della Montagna, ma di qui al traguardo ci sono altre salite. Intanto la priorità è consentire a Salvatore Girone di tornare a casa. Per ora.
vivicentro.it-opinione / lastampa / Marò, si apre la fase più delicata della trattativa STEFANO STEFANINI
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