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a manovra bocciata da Bruxelles approderà in aula alla camera martedì 3 dicembre della prossima settimana. Il Governo è sempre al lavoro per cercare una soluzione sul deficit al 2,4% del PIL ed evitare così la procedura di infrazione ma tassi di interesse e disoccupazioni non sembra proprio che vogliano aiutare.
Il ministro dell’economia Giovanni Tria ha incontrato ieri sera in Argentina, dove in corso il G20, il commissario europeo Pierre Moscovici e si dice abbastanza fiducioso sulla possibilità di evitare la procedura di infrazione ed anche il presidente della commissione europea, Jean Paul junker, ha detto: “stiamo facendo progressi”
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Per contro, c’è da annotare che qualcosa sale ma, purtroppo, sono disoccupazione e tassi di interesse.
Partendo dalla prima i numeri ci dicono che, ad ottobre, la disoccupazione tocca il 10,6% dal 10,03% di settembre, quasi un punto percentuale in più rispetto ad agosto.
Questi i dati forniti dall’Istat:
Dopo il calo del mese scorso, la stima degli occupati a ottobre 2018 risulta sostanzialmente stabile. Il tasso di occupazione, pari al 58,7%, non fa registrare variazioni congiunturali.
Nell’ultimo mese la stabilità degli occupati deriva da un aumento dei dipendenti permanenti (+37 mila) e da diminuzioni per quelli a termine (-13 mila), che interrompono il trend positivo avviatosi nel mese di marzo, e per gli indipendenti (-16 mila). Con riferimento all’età, calano gli occupati tra i 25 e i 49 anni mentre si registra una lieve crescita tra i 15-24enni e un aumento più consistente tra gli ultracinquantenni.
Per il secondo mese consecutivo cresce la stima delle persone in cerca di occupazione (+2,4%, pari a +64 mila unità). L’aumento della disoccupazione si distribuisce su entrambe le componenti di genere e tutte le classi di età. Il tasso di disoccupazione sale al 10,6% (+0,2 punti percentuali su base mensile), quello giovanile aumenta lievemente e si attesta al 32,5% (+0,1 punti).
A ottobre si stima un calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,6%, pari a -77 mila unità). La diminuzione coinvolge uomini e donne e si distribuisce in tutte le classi di età ad eccezione dei 25-34enni. Il tasso di inattività scende al 34,2% (-0,2 punti percentuali).
Nel periodo agosto-ottobre 2018 l’occupazione risulta in calo rispetto al trimestre precedente (-0,2%, pari a -40 mila unità). La diminuzione interessa uomini e donne. Diminuiscono gli occupati tra i 15 e i 49 anni mentre aumentano gli ultracinquantenni. Nel trimestre crescono i dipendenti a termine (+62 mila) e calano sia i permanenti (-64 mila) sia gli indipendenti (-38 mila).
Nell’arco del trimestre al calo degli occupati si associa quello dei disoccupati (-2,5%, pari a -70 mila) mentre risultano in aumento gli inattivi (+0,4%, +56 mila).
Su base annua, l’occupazione cresce dello 0,7%, pari a +159 mila unità. L’espansione interessa uomini e donne e si concentra fortemente tra i lavoratori a termine (+296 mila); sostanzialmente stabili gli indipendenti, mentre si registra un’ampia flessione dei dipendenti permanenti (-140 mila). Nell’anno aumentano principalmente gli occupati ultracinquantenni (+330 mila) e, in misura più contenuta, i 15-24enni (+20 mila), mentre calano i 25-49enni (-190 mila). Al netto della componente demografica si stima comunque un segno positivo per l’occupazione in tutte le classi di età.
Nei dodici mesi, a fronte della crescita degli occupati si stima un calo dei disoccupati (-4,1%, pari a -118 mila unità) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,1%, -143 mila).
Per la seconda voce in salita, “tassi di interesse”, al fine di prevenire ed evitare reprimende dalla sottosegretaria Castelli, forse è opportuno prendere, e dare, atto che:
1) le riforme del sistema pensionistico in Italia – come affermato da lavoce.info – sono utili per leggere la dinamica del rapporto debito pubblico/Pil. Sono infatti un segnale dell’intenzione di spostarne i costi sulle generazioni future. E se il debito è già alto, i rischi sono enormi. I dati degli ultimi 50 anni, infatti, indicano che c’è una stretta relazione tra le riforme del sistema pensionistico e l’evoluzione del rapporto debito/Pil italiano. In particolare, politiche troppo generose coi pensionati – come quelle oggi in cantiere – si traducono in maggior debito per le generazioni future.;
2) di sicuro, l’aumento dello spread Btp-Bund non influenza il costo dei mutui esistenti, ma può avere effetto su quelli non ancora stipulati dato che, più alti tassi sui titoli pubblici, fanno salire il costo dei prestiti per le imprese e per i nuovi mutui per la casa e, in effetti, sta già accadendo, come mostrano i dati.
Tutto questo lo dicono Istat e numeri per cui sono cose reali e concrete, non un’invenzione dell’ex-ministro Padoan, o parere di chicchessia, come invece vorrebbe la sottosegretaria Castelli che, in questo caso, indubitabilmente merita uno dei suoi: “questo lo dice lei”
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