La legge Severino non regge alla prova in Parlamento. Pd e Forza Italia salvano Augusto Minzolini che resta in carica come senatore dopo la condanna a due anni e mezzo per peculato. Il voto scatena la reazione del M5S che parla di «voto di scambio» fra Renzi e Berlusconi. Luigi Di Maio strappa il testo della legge e afferma che «adesso si rischiano reazioni violente».
Il Pd salva Minzolini, Di Maio choc
Respinta la decadenza del senatore condannato per peculato. Lui: mi dimetto comunque. Il deputato M5S strappa il testo della legge Severino: «Poi non lamentatevi della violenza»
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grillini non credevano ai loro occhi: mai si era materializzata un’occasione così ghiotta di mettere tutti nello stesso mazzo, da Renzi a Berlusconi passando per Lotti e, appunto, Minzolini. Sullo slancio sono andati parecchio in là. Davanti alle telecamere, Luigi Di Maio ha fatto teatralmente a pezzi una fotocopia della Severino: «Ora non esiste più, fate prima a riaprire le patrie galere». E poi, con un linguaggio incendiario: «Non vi lamentate se i cittadini vengono a manifestare in maniera violenta». Quasi una giustificazione preventiva. Addirittura il blog di Grillo ha pubblicato i nomi dei sostenitori di Minzolini, mettendoli nel mirino peggio che in una pubblica gogna. Compresi personaggi di spessore come Pietro Ichino, Luigi Manconi , Mario Tronti, Giorgio Tonini e perfino Rosaria Capacchione, cronista giudiziaria costretta a vivere sotto scorta per le minacce della camorra.
Il caso Berlusconi
Paradossale la convergenza di giudizio tra la Taverna (M5s) e Brunetta (Fi): a questo punto sarebbe logico che tornasse in Senato pure Berlusconi, che ne fu espulso nel nome della legge Severino. Non si arriverà a tanto, ma il voto di ieri marca effettivamente una svolta. «Si apre il tema di un nuovo rapporto tra politica e magistratura», coglie il vento nuovo Bonaiuti, già portavoce del Cav ai tempi d’oro. Basta con il finto ossequio alle Procure, iniziato da Tangentopoli, si valuti caso per caso: i 19 senatori Pd pro-Minzolini considerano eccessivo che a condannarlo in appello, aumentandogli la pena rispetto alle richieste degli stessi pm, fosse stato un giudice molto impegnato a sinistra, tanto da essere eletto prima alla Camera e poi in Senato, salvo rientrare poi nei ranghi della magistratura (la legge lo consente, ma chi si farebbe giudicare da un avversario?). È un punto su cui Minzolini, abilmente, ha battuto nell’auto-difesa. Che forse non sarebbe comunque bastata a salvarlo, se subito dopo non avesse preso la parola una fresca fuoriuscita dal Pd, Doris Lo Moro: così accesa nei toni, talmente scatenata nelle conclusioni da causare per reazione nel suo ex partito un moto di simpatia verso il quasi ex senatore «azzurro». A voto palese è finita con 137 no alla decadenza contro 114 sì. Minzolini ha promesso che lascerà il Senato comunque. Ma dimettersi non è facile. Ci sono tre ex grillini che ci stanno provando da inizio legislatura, e le loro richieste vengono puntualmente bocciate.
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