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Mafia, maxi retata nel palermitano, 33 arresti

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Palermo  Retata antimafia nel Palermitano. I boss volevano dominare ogni aspetto della vita del territorio attraverso attività estorsive e il condizionamento del sistema degli appalti e della vita politica.

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carabinieri della Compagnia di Termini Imerese hanno eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare (24 in carcere e 9 agli arresti domiciliari), emesse dal Gip di Palermo, Fabrizio Molinari, su richiesta della Procura diretta da Francesco Lo Voi, per associazione mafiosa, estorsione, furto, rapina, illecita detenzione di armi, intestazione fittizia di beni e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dall’agevolazione a Cosa nostra. Le indagini, in particolare, hanno ricostruito gli interessi mafiosi nella parte orientale della provincia di Palermo, a partire dal territorio di Bagheria sino ad arrivare ai confini delle province di Catania e Messina.

“Ci dobbiamo prendere il paese nelle mani” dicevano a proposito di Cerda che avevano messo a ferro a fuoco: in questa cornice di intimidazioni e di prepotenza si inquadra infatti il tentativo di condizionare le scelte dell’amministrazione comunale, con il rogo il 30 ottobre 2012, delle auto dell’allora sindaco Andrea Mendola che il successivo 5 novembre si dimise denunciando la sua solitudine e un “clima politico e sociale insostenibile. Le mie dimissioni non sono una resa alla criminalita’ organizzata, ma un monito per sensibilizzare chi di competenza. Ritengo che dal 1991, cioè da quando è stato sciolto per la prima volta il Consiglio Comunale dal ministro degli Interni, fino ad oggi non sia cambiato niente”, avvertiva. Le attività investigative coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis, Alessandro Picchi, Siro De Flammineis, Bruno Brucoli, Gaspare Spedale e Ennio Petrigni, hanno messo in luce la fitta serie di intimidazioni per acquisire la gestione e il controllo del territorio, delle attività economiche, nonché di quelle criminali. Altro dato significativo l’esatta definizione della demarcazione territoriale dei mandamenti di Trabia e San Mauro Castelverde, utile a definire con esattezza l’area di competenza, specie in relazione alle attività estorsive.

Emersi i nuovi organigrammi dei due storici mandamenti mafiosi di Trabia e San Mauro Castelverde, con i ruoli di vertice ricoperti, rispettivamente da Diego Rinella, affiancato da Michele Modica, capo clan di Trabia, nella gestione operativa degli affari illeciti e nei rapporti con le dipendenti cosche di Cerda, Caccamo e Termini Imerese; e per il mandamento di San Mauro Castelverde, da Francesco Bonomo, collaborato nella conduzione degli affari da altri affiliati incaricati, tra l’altro, del materiale trasporto di pizzini a reggenti e sodali delle famiglie mafiose di San Mauro Castelverde, Polizzi Generosa e Lascari.

L’operazione ha dunque dimostrato e al tempo stesso interrotto la progressiva riorganizzazione territoriale dell’associazione mafiosa in una vasta area della provincia, evidenziando come, coerentemente con il generale andamento di Cosa nostra, i due mandamenti abbiano dovuto rimodularsi a seguito delle operazioni di polizia condotte negli ultimi anni che hanno smantellato i gruppi criminali.

E’ il pizzo la principale attività esercitata dall’organizzazione mafiosa, con particolare riguardo alle imprese aggiudicatarie di appalti pubblici, costrette a presentarsi spontaneamente dal referente di zona (in relazione all’ubicazione dei cantieri) per la relativa “messa a posto”; il ricorso ad intimidazioni dirette, mediante la realizzazione di furti o danneggiamenti. Documentata la pesante pressione mafiosa sul tessuto produttivo nell’area orientale della provincia palermitana, ingenerando un clima di paura tale da scoraggiare le denunce. Ricostruite in particolare quattro estorsioni nei confronti di un imprenditore titolare di concessioni edilizie per la costruzione di alcune villette in contrada “Sant’Onofrio” di Trabia, di un’impresa edile impegnata nei lavori per la realizzazione di un istituto scolastico a Termini Imerese, di un’azienda aggiudicataria dei lavori di riqualificazione dell’ex cinema “Trinacria” di Polizzi Generosa e di una ditta edile aggiudicataria di un appalto pubblico, per un importo complessivo di circa trecentomila euro, per la ristrutturazione di un immobile denominato “Ex Carcere”, a Castelbuono.

Quando le vittime si ribellavano, scattava la rappresaglia, come nel maggio 2012, in contrada “Granza” di Sclafani Bagni, quando vennero incendiati e completamente distrutti quattro trattori e un bobcat parcheggiati all’interno di uno dei capannoni dell’azienda di proprietà di due imprenditori agricoli. Le intercettazione hanno consentito di ricostruire la dinamica di quei fatti, evidenziando le responsabilita’ della locale cosca mafiosa, che imputava al sindaco di non essere “vicino” alle istanze della criminalità organizzata. Per sfuggire alle intercettazioni, c’era chi come Gandolfo Interbartolo, al fine di trattare argomenti delicati con gli altri affiliati, sfruttava la sua posizione di geometra per organizzare incontri in aperta campagna o nello studio tecnico simulando di dovere effettuare sopralluoghi sugli appezzamenti di terreno. Ma anche la pianificazione di incontri in luoghi affollati.

Ammonta a un milione e mezzo di euro il valore dei beni sequestrati nell’ambito dell’operazione “Black Cat” dei carabinieri di Termini Imerese. Erano intestati ai familiari dei due capi mandamento di San Mauro Castelverde e Trabia, rispettivamente Francesco Bonomo e Diego Rinella. Un espediente per tentare di raggirare le misure di prevenzione. I sigilli sono scattati per due imprese: la”F.lli Bonomo s.a.s. di Bonomo Marianna, con sede in contrada Borrello di San Mauro Castelverde, e la ditta individuale “Rinella Giuseppe”, di contrada San Leonardo di Termini Imerese, chiaramente riconducibili ai due boss.

vivicentro.it/isole/cronaca –  (AGI)/Mafia, maxi retata nel palermitano, 33 arresti

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