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Castellammare di Stabia

Macron sfida l’Italia per Fincantieri, ma in serata chiama il premier per ricucire

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Parigi nazionalizza i cantieri Saint Nazaire promessi a Fincantieri e propone i centri per rifugiati in Libia per poi correggere il tiro. Paolo Gentiloni non nasconde la sua irritazione, così come i ministri Padoan e Calenda. Ma in serata il presidente francese chiama il premier per ricucire: ad agosto un summit in Francia con Merkel e Rajoy per discutere della partita sui migranti.

La telefonata con l’Eliseo per ricucire. In agosto summit anche con la Merkel

ROMA – L’appuntamento per un faccia a faccia europeo è per il 28 agosto. In Francia, per discutere di crisi libica, si incontreranno il presidente Emmanuel Macron, il nostro premier Paolo Gentiloni, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il capo del governo spagnolo Mariano Rajoy. Forse l’invito verrà esteso anche ai rappresentanti di Ciad e Niger, i due Paesi africani in cui, ha spiegato ieri Macron, potrebbero in futuro sorgere centri di orientamento e pre-verifica delle richieste d’asilo. Lo hanno concordato ieri pomeriggio Gentiloni e Macron, nel corso di una telefonata chiarificatrice dopo le tensioni della giornata, in parte stemperate quando l’Eliseo ha smentito la notizia di voler creare quest’estate hotspot in Libia per esaminare le candidature dei rifugiati.

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a può darsi che un incontro Italia-Francia si tenga anche prima: l’Eliseo ha chiarito che «la Francia non vuole emarginare l’Italia», e il presidente Macron, al telefono con Gentiloni, ha espresso la volontà di venire a Roma nelle prossime settimane, anche se da Palazzo Chigi una risposta ancora non è arrivata. Di certo, la Libia è stata al centro della giornata di ieri: un summit tra premier, ministri interessati (Alfano per gli Esteri, Minniti per l’Interno e Pinotti per la Difesa), e vertici di sicurezza e servizi ha affrontato la richiesta avanzata dal capo di governo al-Sarraj di navi italiane nelle acque del Paese africano per lottare contro i trafficanti di uomini. Sul tavolo, la necessità di discutere quale tipo di missione proporre a deputati e senatori (oggi un provvedimento arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri, da portare la settimana prossima in Parlamento), quali regole di ingaggio stabilire con la controparte libica, quale consistenza dare alla missione.

A Palazzo Chigi si sono confrontate due linee: una più favorevole a un intervento light, di dimensioni contenute, e una, prevalente, più propensa a una missione di dimensioni consistenti. Alla fine, si tratterà di una missione di appoggio e supporto alla Marina e alla Guardia costiera libica che utilizzerà mezzi dell’operazione Mare sicuro, composta da circa 700 militari: si parla di quattro o cinque navi e altrettanti aerei, forse droni e un sottomarino, e centinaia di militari, comandati da un ammiraglio a bordo di una fregata Fremm. È previsto che forniremo anche una piattaforma per riparare i mezzi libici. Chiarezza dovrà esserci sul trattamento dei nostri soldati («evitiamo un nuovo caso marò», raccomanda una fonte di governo) e su quello riservato ai migranti riportati sulle coste libiche.

Intanto, esponenti di maggioranza in Parlamento stanno già lavorando per cercare un consenso più ampio possibile al provvedimento. Da Forza Italia, Silvio Berlusconi dice che «l’accordo con le autorità libiche è l’unica soluzione»: se la proposta del governo sarà efficace, loro voteranno a favore. Mentre la sinistra di Mdp definisce «non scontato» il suo via libera. Martedì l’approdo in Parlamento.

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