Preso nella foga della campagna elettorale, il candidato premier del M5s Di Maio accusa Renzi di aver “ritirato” il bonus da 80 euro a 1 milione e mezzo di lavoratori dopo averglielo erogato. Non è esattamente così, come risulta dal fact-checking de lavoce.info.
Se Di Maio immagina l’esproprio degli 80 euro
Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a una dichiarazione di Luigi Di Maio sul bonus da 80 euro.
Come funziona il bonus
M
entre gli elettori cercano di destreggiarsi tra le proposte fiscali dei candidati, la campagna elettorale del 2018 sembra guardare anche al passato. Si parla spesso infatti del bonus 80 euro, che tutti criticano ma nessuno pare voler abolire del tutto.
In un’intervista all’Huffington Post il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha affermato:
“Renzi […] ha erogato un bonus selettivo ai lavoratori dipendenti, escludendo i più deboli e ritirandolo dopo un anno a un milione e mezzo di persone”.
Su questa vicenda Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle si erano già scontrati. Cerchiamo dunque di approfondire il motivo del contendere.
Gli 80 euro al mese, introdotti con il decreto n. 66 del 2014, più che un bonus sono tecnicamente un credito di imposta sull’Irpef per lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.
Ne hanno diritto i contribuenti la cui imposta lorda sia superiore alla detrazione per lavoro dipendente e il cui reddito sia inferiore a 26.600 euro. Per esempio, nel caso di un dipendente occupato per tutto l’anno con solo reddito da lavoro e senza familiari a carico, la soglia dalla quale è percepito il bonus è 8.145 euro. Al di sotto dei 24.600 euro gli 80 euro sono versati integralmente ogni mese; al di sopra invece si riducono progressivamente fino ad azzerarsi per i redditi superiori a 26.600 euro. Le soglie minime e massime sono state alzate con l’ultima legge di bilancio, per non intralciare l’aumento contrattuale dei dipendenti pubblici.
Per come è congeniata, la misura individua una platea ben precisa. I problemi possono però sorgere al momento della dichiarazione dei redditi. Il lavoratore può trovarsi a dichiarare un reddito più elevato rispetto a quanto calcolato dal datore di lavoro e può quindi non rientrare più nella fascia idonea per l’ottenimento del bonus. Oppure può non raggiungere la soglia minima, per esempio, a causa di un licenziamento. Ecco il caso a cui Di Maio si riferisce: chi ha beneficiato del bonus senza rientrare nelle fattispecie stabilite dalla legge deve restituirlo.
Gli 80 euro restituiti?
Non si tratta tuttavia di un “ritiro” della somma erogata, come sostiene il vicepresidente della Camera, che avrebbe richiesto un’azione attiva da parte del governo e del parlamento. Si tratta del naturale confronto che avviene con la dichiarazione Irpef, tra reddito, ritenute e acconti da una parte e l’imposta netta dall’altra. Per quanto il meccanismo possa risultare farraginoso, i termini utilizzati da un candidato premier sono importanti.
Non vi è dubbio, comunque, che la richiesta di restituzione può essere dolorosa per il contribuente. Immaginiamo un lavoratore che – per diversi motivi, come un licenziamento improvviso – non arrivi a raggiungere gli 8.145 euro di reddito, ma che nel frattempo abbia ricevuto il bonus 80 euro in busta paga. Dovrà restituirlo integralmente, con la possibilità di richiedere il pagamento rateale. Anche per questo motivo, su lavoce.info si è riflettuto sull’ambiguità dello strumento, che si propone di ridurre il costo del lavoro e allo stesso tempo di integrare il reddito dei lavoratori più poveri. Nella maggior parte dei casi di restituzione, il contribuente sembra avere un reddito annuale maggiore di quanto previsto, ma quasi un quarto di coloro che hanno dovuto rimborsare il bonus (nel 2014 il 23,4 per cento e nel 2015 il 25,3 per cento) ne hanno uno lordo inferiore ai 7.500 euro: per loro la restituzione può essere assai complicata.
Compensazioni e restituzioni
Nei due anni fiscali di applicazione del bonus 80 euro di cui sono pubblici i dati – 2014, parzialmente, e 2015 – i numeri sono stati altalenanti. Nel 2014, secondo i dati del ministero dell’Economia, i beneficiari sono stati 11,3 milioni. Tra coloro che hanno ricevuto gli 80 euro in dichiarazione, i soggetti a cui è stato accreditato per intero sono stati 509mila, mentre 1 milione e 112mila sono coloro che l’hanno ricevuto parzialmente. Le restituzioni sono state invece 798mila integrali e 651mila parziali. Nel 2015 invece i rapporti di forza tra compensazioni e restituzioni si sono invertiti: 1 milione e mezzo ha ricevuto il bonus (il 34 per cento integralmente), mentre 1 milione e 730mila hanno dovuto restituirlo (integralmente per il 56 per cento).
La dichiarazione di Di Maio non tiene dunque conto del risultato netto tra compensazioni e restituzioni, positiva nel 2014 (+172mila contribuenti) e negativa nel 2015 (-208mila contribuenti). Vedremo a partire dai dati sul 2016 se è possibile osservare una certa tendenza: per ora i dati in nostro possesso non lo permettono, essendo il caso del 2014 solo parziale (il bonus è stato introdotto da maggio).
Il verdetto
La dichiarazione del leader del Movimento 5 Stelle prende dunque in considerazione solo un dato, le restituzioni del 2015 (altro esempio di cherry-picking), senza tener conto delle compensazioni di segno opposto.
Le sue parole appaiono anche fuorvianti, perché – prive di ogni contestualizzazione e spiegazione – fanno intendere che il governo Renzi avrebbe ridotto la platea complessiva dei beneficiari di un milione e mezzo (non è avvenuto, la platea si è sempre assestata sugli 11 milioni di contribuenti). Pertanto, la sua dichiarazione non può che essere PARZIALMENTE FALSA.
Ecco come facciamo il fact-checking.
vivicentro.it/POLITICA
vivicentro/M5s e Di Maio continuano con le Fake News: ora è il turno degli 80 euro
lavoce.info/Se Di Maio immagina l’esproprio degli 80 euro (Lorenzo Borga e Mariasole Lisciandro)
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