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Lista Civica Viviamo Montirone: raccolta firme in Piazza A. Manzoni

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La Lista Civica Viviamo Montirone comunica la propria adesione alla proposta di legge su iniziativa popolare “Figli Costituenti”.

L

a proposta ha l’obiettivo di introdurre nella Costituzione della Repubblica Italiana i principi di equità generazionale, sviluppo sostenibile e tutela dell’ambiente come diritto fondamentale; maggiori informazioni sono disponibili sul sito  https://figlicostituenti.eu

A tale riguardo, è stato organizzato – per le giornate di sabato 7 e domenica 8 settembre, dalle ore 9.00 alle 19.00 – un evento di raccolta firme in Piazza Alessandro Manzoni a Montirone.

I tre obiettivi

Equità fra generazioni

Le scelte compiute da chi c’è “qui ed ora” possono rendere impossibile la vita a chi verrà domani, e il cambiamento climatico ne è solo l’esempio più lampante.

Ma purtroppo chi vivrà domani non può sedersi al tavolo del “contratto sociale” per far valere i propri interessi.
Le generazioni future sono costrette a subire gli effetti di scelte politiche fatte adesso, sulla base dell’opinione pubblica di adesso, e su cui non hanno voce in capitolo.

In Italia questo squilibrio ha portato a risultati drammatici.

  • Debito pubblico altissimo
  • spese in istruzione scarsissime
  • regali elettorali al posto degli investimenti
  • nessun sostegno al lavoro femminile
  • devastazioni ambientali

Questa è stata la moneta con cui i politici si sono comprati – e continuano a comprarsi — il consenso delle generazioni più affollate e benestanti.

Motivo per cui oggi in Italia un povero su due ha meno di 35 anni. Motivo per cui, rispetto al 1990, il reddito medio di una famiglia con capofamiglia sotto i 35 anni è calato del 60%, mentre quello di una famiglia con capofamiglia sopra i 60 anni è cresciuto di altrettanto.
La storia italiana, insomma, continua ad essere un film con una generazione protagonista e le altre ridotte a comparse.

Ecco perché è necessario introdurre l’equità fra generazioni nella Carta costituzionale.

Un intervento che non è solo simbolico, ma ha conseguenze concretissime: può ostacolare le manovre finanziarie miopi, l’indebitamento irresponsabile, le “clausole” che scaricano nuove tasse sugli anni a venire per lavarsene le mani, i tagli all’istruzione, gli appalti privi di adeguati criteri ambientali, e qualsiasi altro tentativo di ipotecare il futuro per fare favori a chicchessia nel presente.

Per mettere in pratica questo principio teorico bisognerà formare un’apposita Commissione parlamentare che esamini alla luce di questo criterio le leggi di volta in volta discusse dalle Camere, a partire dalla legge di bilancio.

Non è nulla di trascendentale: l’ASVIS svolge già informalmente da anni questo prezioso servizio.

Forse non basterà questa riforma per portare intorno al tavolo delle trattative del “contratto sociale” anche persone che ancora non esistono. Ma sarà il primo passo verso la costruzione di uno Stato moderno e all’altezza del nostro tempo. Fino a ieri l’equità si esercitava solo “in verticale”, fra le persone che vivevano in un unico punto del tempo:  oggi è necessario esercitarla anche “in orizzontale”, preoccupandoci di garantire anche i diritti di chi vivrà in futuro.

È dal 1972 che circola l’espressione “sviluppo sostenibile”. Ma nel dibattito pubblico di decine di Paesi è entrata soltanto da tre anni, cioè da quando le Nazioni Unite hanno diramato l’Agenda 2030.

Si tratta di un documento che propone a ciascuno dei 193 Stati di impegnarsi a rivedere il suo modello di sviluppo sotto i tre grandi profili della sostenibilità ambientale, della sostenibilità sociale e della sostenibilità economica.

Che cosa significa?

Che se un Paese vuole far crescere il suo prodotto interno lordo, i suoi consumi e il benessere dei suoi cittadini, deve stare attento a non farlo attraverso mezzi che poi comprometteranno sul lungo periodo quello stesso benessere.

Tra questi mezzi, ad esempio, c’è la distruzione del capitale naturale (come nel caso del consumo di suolo o dell’inquinamento delle acque), la corruzione, la concentrazione dei profitti nelle mani di una minoranza, la dipendenza dalle fonti fossili. Ma ci sono anche gli scarsi investimenti in istruzione e la mancata valorizzazione del lavoro femminile: errori, insomma, che prima o poi presentano sempre il conto da pagare, minando la competitività di ogni Paese che li abbia commessi.

Come fare, allora, ad adottare un modello di sviluppo sostenibile?

L’Agenda 2030 elenca 17 obiettivi, legati a 169 traguardi da raggiungere, e raggruppati  in cinque aree, chiamate per comodità “le cinque P” dal nome della loro iniziale, e sono:

  • Le Persone — eliminare fame e povertà in tutte le forme e garantire dignità e uguaglianza;
  • La Prosperità – garantire vite prospere e piene in armonia con la natura;
  • La Pace – promuovere società pacifiche, giuste e inclusive;
  • Le Partnership — implementare l’agenda attraverso solide collaborazioni fra Stati;
  • Il Pianeta – proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future.

Sulla scia dell’Unione Europea, che è stata la grande ispiratrice dell’Agenda 2030 e l’istituzione più determinata nell’attuarla, anche l’Italia si è dotata di una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

È abbastanza? Purtroppo no.

L’Istat, ad esempio, ha da poco certificato che abbiamo tuttora notevoli lacune da colmare sui 17 parametri. Quando il nostro governo ha allegato all’ultimo DEF(Documento Economia e Finanza) la valutazione dell’impatto sul BES (Benessere Equo e Sostenibile), l’ha fatto sulla base di vecchie stime ormai brutalmente smentite dai fatti.
Ci serve un cambio di marcia, e ci serve al più presto.

Ecco perché è necessario introdurre lo sviluppo sostenibile nella Carta Costituzionale.

Introdurlo nella Carta, ma non per farlo restare sulla carta: questa riforma, infatti, permetterà all’Italia di dotarsi di nuovi strumenti di controllo sull’effettiva sostenibilità delle leggi, dal semplice ricorso alla Consulta alla formazione di un’apposita Commissione in Parlamento.

Difesa dell’ambiente

Negli ultimi quarant’anni la Terra ha perso metà delle sue specie animali.

  • Ha perso metà delle forme di vita che abitavano gli oceani.
  • Ha perso una quantità di foreste per un’estensione pari a quella dell’Europa.
  • Ha visto ridursi del 50% i ghiacci artici e ancora di più quelli di alta quota.
  • Ha subìto la desertificazione di una fascia di territorio immensa, che tocca quasi tutte le regioni da cui scappa un alto numero di profughi: Senegal, Nigeria, Sudan, Corno d’Africa, Siria, nord del subcontinente indiano.
  • Ha assistito a eventi climatici estremi , resi possibili da una concentrazione di energia negli oceani senza precedenti: pensiamo alle recenti inondazioni in Mozambico e in Bangladesh.
  • Si è ritrovata 250.000 tonnellate di plastica che galleggiano sul pelo dell’acqua, per non parlare di quella dispersa in profondità e delle microplastiche.
  • E le emissioni di gas serra, la deforestazione, lo sversamento dei rifiuti, l’uso irrazionale dell’acqua e il consumo di suolo non accennano a diminuire, nonostante il susseguirsi rituale delle Rio, delle Kyoto, delle Parigi, delle Katovice.

Le proiezioni dell’IPCC ci dicono che, se non ridurremo drasticamente tali attività entro il 2030, non riusciremo ad impedire che scatti la “retroazione positiva” nei ghiacci polari e nelle foreste equatoriali, ossia lo scioglimento automatico dei primi e la combustione automatica delle seconde, anche senza nessun intervento umano.

Il pianeta perderà così le ultime barriere che impedivano il suo surriscaldamento.

Sappiamo che a quel punto le temperature potranno aumentare in pochi decenni fino a +6° rispetto all’era preindustriale. L’ultima volta che si è registrato un simile calore, è avvenuta un’estinzione di massa.

In Italia ci sentiamo ancora perlopiù immuni da questi problemi, ma poco alla volta stanno entrando anche nella nostra vita quotidiana. Le stagioni sempre più calde mettono a dura prova la nostra agricoltura e rendono la vita difficile ai nostri anziani.  Il ritiro dei ghiacci alpini e l’inquinamento dei mari danneggiano fiorenti attività economiche. I sussidi alle fonti fossili pesano come un macigno sui nostri bilanci pubblici.

La difesa dell’ambiente è ormai una necessità.

Impostare un nuovo rapporto fra l’uomo e la natura è la sfida del nostro tempo.
Questo non vuol dire solo ridurre l’inquinamento, ma anche “lasciar respirare” la natura con delle aree protette più estese, più finanziate e meglio amministrate.

Le reazioni ufficiali del governo italiano sono state timide. La proposta di PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), ad esempio, non ha affrontato con la dovuta risolutezza né il rinnovamento del parco edifici né quello del parco trasporti, vale a dire gli interventi contro l’inquinamento che toccherebbero più da vicino la quotidianità degli italiani, ma che proprio per questo sarebbero più efficaci.

Ecco perché è necessario introdurre la tutela dell’ambiente, non più solo “del paesaggio”, nella Carta costituzionale.

Noi siamo già in campo per farlo.

LA LISTA CIVICA VIVIAMO MONTIRONE

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