Con il suo fondo di oggi: “L’incertezza della Brexit che non arriva”, Marco Zatterin* torna sulla Brexit e sull’oceano di incertezze e tempeste che ha scatenato e continua a scatenare. Noi ve lo proponiamo dal momento che, con la sua solita limpidezza, rende ogni cosa comprensibile a tutti. Buona lettura.
L’incertezza della Brexit che non arriva MARCO ZATTERIN – Sorpresi e delusi per la seconda volta, adesso come il 23 giugno. Pochi a Bruxelles avevano previsto un’uscita di scena così rapida per il doppio sconfitto David Cameron. E pochi sono ora disposti a scommettere che l’arrivo di Theresa May possa accelerare davvero l’attuazione del progetto Brexit. Cambiano i volti, lascia l’apprendista stregone e arriva una potenziale nuova Thatcher. Ma per l’Europa non viene meno la cosa più importante: l’incertezza sul futuro dell’Unione, dei suoi progetti e della sua economia.
Ci si consola con l’auspicio che almeno la situazione si sia fatta più chiara. Sono spariti i profeti dell’addio all’Europa, di cui i mandarini brussellesi continuano anzitutto a incolpare la lotta intestina per la leadership dei conservatori. Entra in scena la signora May, esperta di questioni comunitarie, spina nel fianco in troppe discussioni sui migranti e libera circolazione, una politica dotata di una grande cinismo, al punto da riuscire a restare in mezzo nella campagna referendaria fra la difesa disperata di Cameron e l’offensiva sguaiata di Johnson & Co. Era considerata una sostenitrice del «remain», ma di questo non c’è più traccia. «Brexit vuol dire Brexit e sarà un successo», assicura.
Sebbene si sentano voci ammettere la speranza che in qualche modo il Regno Unito provi a ripensarci, le cancellerie europee sono pronte a farsi una ragione del divorzio britannico. Vorrebbero che fosse rapido, però. Senza negoziati preventivi, senza inutili lungaggini. Invece si dovrà aspettare ancora, prima di vedere accendere la luce dell’articolo 50 che apre i due anni di negoziato previsti dai Trattati per la separazione. I più ottimisti dicono che avverrà al vertice Ue di ottobre. Tutti gli altri restano sintonizzati sul summit di dicembre, con la predisposizione ad ammettere un possibile ulteriore slittamento.
Ai piani alti della Commissione si raccontano di recenti telefonate con David Cameron concluse con la convinzione che a Downing Street non avessero davvero un piano sul da farsi. C’è anche sensazione che l’addio della signora Leadsom sia stato più repentino di quanto servisse per decidere una strategia. «Nessuno avvia un negoziato senza sapere cosa chiedere», si sottolinea nella capitale europea. Così è inutile farsi illusioni. Scenario facile è che si resti nel limbo della Brexit per altri lunghi mesi.
Questo implica incertezza. Usciranno? Davvero? Quando? Come? La più rosea delle previsioni rivela che nell’attesa di una mossa britannica, e forse anche nel corso del negoziato, l’Europa si sentirà paralizzata o quasi. Incapaci di darsi un orientamento evolutivo, e divisi sull’esigenza di approfondire il patto comunitario come chiave del futuro, i Ventisette faticheranno più che in passato a governare l’economia, a garantire la sicurezza dei cittadini, a gestire le migrazioni, a crescere e a creare occupazione. Sarà come essere seduti alla fermata dell’autobus e aspettare un mezzo che non ha lasciato il deposito.
Si rischia molto. In termini congiunturali e politici. Quelli del «bicchiere mezzo pieno» citano i sondaggi effettuati in Danimarca, Svezia e Finlandia dopo il referendum britannico con la crescita netta dei favorevoli all’Ue. Più che la politica ha evidentemente fatto la sua parte la paura, il che potrebbe rassicurare dai timori di eccessivi populismi. E’ solo un’impressione, però. La verità è che qualunque sia l’esito della vicenda Brexit, deve avvenire in fretta. Ogni mese perso sulla strada del divorzio non farà che aumentare il conto. Per l’Europa, come per il Regno Unito.
* MARCO ZATTERIN è un Giornalista (figlio del non dimenticaticabile Ugo Zatterin) che da anni lavora con la STAMPA come responsabile di Economia e che, attualmente, ricopre l’incarico di corrispondente da Bruxelle U.E. da dove riesce a raccontarci i fatti che la stanno corrodendo e, per farlo, utilizza in maniera egregia la sua solita limpidezza che gli consente di rende ogni cosa comprensibile a tutti.
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