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Lettera alla Redazione: Il Guizzo del Tempo, di Flavio di Martino

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Scrivo questa lettera sull’onda delle suggestioni che sono quelle del testimone di un avvenimentoda cui rimane segnato, indissolubilmente, il secolo che è passato; il novecento.

L

o faccio mentre se ne scrive e se ne parla; mentre se ne scrive sui giornali e sulle riviste; mentre se ne parla sui canali televisivi come nei salotti e nei bar.
Lo faccio senza millanteria e senza voler competere con altri; con profondo rispetto dell’altrui pensiero, avvertendone l’arricchimento quando c’è differenza.
Lo faccio, soprattutto, sulla spinta che mi viene da quel Grazie pontificale pronunziato da Papa Francesco il due Ottobre duemiladiciassette, rivolgendosi agli anziani e invitandoli a testimoniare, per dare luminosità alla Società, i valori di amore e di saggezza di cui sono portatori.

Il fascino della Luna la vince su ogni remora e, a cinquant’anni dall’accaduto, spinge a parlarne sulla base di quanto è emerso dal primo allunaggio.

Quello dell’Apollo 11 che consentì ad Armstrong e Aldrin di mettere piede sul lastrico lunare lasciandovi impresse le proprie orme e posandovi una targa; targa firmata anche dal Presidente americano Nixon, leggibile sul Corriere della Sera del 20 Luglio 1969: “ Uomini giunti dal pianeta Terra qui posero per primi il piede. Luglio 1969, anno del Signore. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’Umanità.”
Questo mentre a Terra si scatena l’esultanza dei terrestri; degli americani, in maniera particolare, sia per il successo della loro straordinaria operazione scientifica; sia per l’apprezzamento espresso anche dai sovietici.
C’era chi, tra i contemporanei, rivolgendo il pensiero al passato, considerava quanto grande sarebbe stato lo stupore degli antenati rispetto alle fantastiche immagini che entravano nelle case attraverso i canali televisivi.
I conduttori si alternavano; ognuno con i propri commenti. Bruno Vespa, Tito Stagno, Ruggero Orlando erano fiumi in piena.
Fu un concorde e unanime inno di gloria per i pionieri lunari e per gli astronomi che, sognatori di un sogno, erano stati capaci di farlo diventare una magica realtà.
Una realtà indicativa di un Cielo dove non ci sono confini e dove l’Orsa Maggiore, simbolo perenne della libertà, ha consentito la scoperta dell’amalfitano Flavio Gioia: la Bussola.
Una realtà che consente ai detentori di quel bene assoluto che è la Fede di considerare il Creato come la maestosa Opera di Dio; rispetto alla Quale non può essere ignorata la sublime esternazione del Pontefice Paolo Sesto:

“…l’uomo è al centro di questa impresa; ci si rivela gigante, ci si rivela divino, non in sé ma nel suo principio e nel suo destino. Onore, dunque , all’uomo; onore alla sua dignità, al suo spirito, alla sua vita. E per i pensatori e gli eroi di questa favolosa impresa, oggi preghiamo.”

Nelle parole del Successore di Pietro appare chiara la sintonia con il pensiero di Protagora che considerava l’uomo “la misura di tutte le cose. “
E Lord Byron si esprimeva, nel merito, affermando che “ l’uomo si misura dal mento in su’ “; come sede centrale del suo nucleo pensante.

Era il ventidue Luglio del millenovecentosessantanove; cinquanta anni fa; quando i miei erano quarantatre, ben vissuti, ben portati e proiettati, allora, verso il futuro che è diventato oggi.
Il Papa era nella residenza estiva di Castel Gandolfo ed io, il giorno prima, ero in Consiglio Comunale per relazionare sul Bilancio di previsione per il millenovecentosessantanove come assessore alle Finanze della Giunta di Centro Sinistra.
Cosa che feci, senza che mi sfuggisse l’attenzione dell’uditorio, con le mie otto cartelle dicendo e lasciando scritto alla fine dell’ultima che:
“… qui la relazione finisce; ma non finisce il mio pensiero anche se per un attimo si è fermato alle ventidue e diciassette di ieri di fronte alla maestà del dominio dell’uomo e alla grandiosità di un avvenimento, com’è l’impensabile allunaggio di Armstrong e Aldrin nella Baia della Tranquillità L’uomo ha utilizzato il suo immenso patrimonio creativo per portare l’umanità ad una conquista fantastica che apre le porte sull’infinito.
La luna dei poeti, dei canzonieri, degli innamorati è ora di tutti gli uomini. Penso che questa conquista, sulla quale non calerà mai il sipario, dovrebbe servire a tutti per pensare anche ad altre conquiste, ognuno per la parte che può svolgere, affinché gli uomini, sulla terra, possano raggiungere la loro Baia della Tranquillità se per Tranquillità può intendersi lavoro, pace, scomparsa della povertà e della fame in un Mondo interamente conquistato alla causa della libertà e della democrazia.”

Questo ebbi a dire vivendo i miei quarantatre anni; senza minimamente pensare di poterlo ribadire, come faccio, nel ventunesimo secolo.

Tutto dovuto al Guizzo del Tempo che legando passato e presente mi fa rivivere l’insieme lucidamente; in operosa compagnia degli attuali novantatre anni che mi fanno sentire, non più giovane, è vero; ma non ancora vecchio!

Flavio di Martino

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