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e biciclette elettriche aprono un nuovo fronte di scontro commerciale tra Europa e Cina: i produttori del Vecchio Continente chiedono i dazi e accusano: «I loro prezzi sono sottocosto grazie ai sussidi del governo di Pechino».
Guerra alle bici elettriche cinesi. I produttori Ue chiedono i dazi
Sotto accusa l’aiuto di Pechino alle aziende nazionali: “I loro prezzi sono sottocosto grazie ai sussidi governativi”
«Le importazioni di e-bikes dalla Cina sono aumentate rapidamente e ora sono esplose», ha spiegato in una nota Moreno Fioravanti, il segretario generale dell’associazione. Le importazioni europee di biciclette elettriche erano infatti virtualmente zero nel 2010, ma sono incrementate negli anni in modo vertiginoso. Nel 2016 erano aumentate del 40 per cento sull’anno precedente a quota 430mila unità. Un quantitativo raggiunto e superato nella prima metà del 2017, con una previsione di vendita per quest’anno di addirittura oltre 800.000 esemplari.
Un disastro per i produttori europei di queste sempre più diffuse e popolari biciclette, che occupano tra dipendenti diretti e indiretti circa 90mila persone e che ogni anno investono ingenti risorse nello sviluppo di biciclette elettriche sempre più innovative, performanti e risparmio se di energia. Sono stati proprio gli europei a inventare la tecnologia della pedalata elettricamente assistita e, più di recente, la rivoluzionaria tecnologia del motore elettrico «centrale». Uno sforzo che rischia di essere del tutto vanificato, a dire dei produttori europei, dai sussidi versati ai produttori dal governo cinese, che pesano dal 30 fino al 50 per cento del prezzo del prodotto pronto per l’esportazione. «Oggi le e-bikes europee sono le migliori del mondo perché investiamo ogni anno un miliardo di euro per rinnovare e migliorare i modelli – afferma Fioravanti – ma qui ci sono dei sussidi che generano un esubero di capacità produttiva da parte della Cina e che si traducono in un dumping ai nostri danni. E senza legittime misure di difesa commerciale, la produzione europea rischia di essere spazzata via entro pochi anni dall’industria cinese, che supera la domanda interna di 23 milioni di pezzi».
Adesso la parola passa alla Commissione Europea che ha tempo entro fine ottobre per decidere se far partire un’indagine rispetto alla denuncia dei produttori europei. Questi ultimi hanno chiesto che i sussidi illegali del governo cinese vengano puniti anche retroattivamente. L’indagine degli uffici di Bruxelles, se la richiesta sarà accolta, potrà prendere anche 15 mesi di tempo; le eventuali misure antidumping potranno essere varate dalla Commissione nel giro di nove mesi.
Vale la pena di ricordare che la questione delle esportazioni di biciclette cinesi – le bici tradizionali sono soggette a misure antidumping da parte dell’Unione Europea già dal lontano 1993 – è già stata al centro di molti scontri commerciali: lo scorso dicembre la richiesta della Cina di eliminare i dazi sulle bici dell’Impero di Mezzo in quanto prodotto greenha fatto saltare un accordo commerciale globale tra Ue e Cina.
Il mercato europeo delle e-bikes – grazie alla nuova attenzione all’ambiente e alla salute, e soprattutto per rimediare ai problemi di mobilità nelle nostre città – è in grandissima crescita. In tutta Europa se ne producono circa 1 milione l’anno (+13% rispetto al 2015), ma se ne vendono 2 milioni, prevalentemente cinesi. In Paesi come Belgio e Olanda oltre la metà delle biciclette vendute è elettrica, ma anche in Italia c’è un vero e proprio boom. Nel 2016 ne sono state acquistate 124.000 esemplari, con un aumento stellare del 120% sul 2015 (mentre è stazionario, con un -2,6%, il mercato delle bici tradizionali). Quel che è più importante è che sono sempre più numerose le realtà italiane che progettano e producono in proprio i motori e l’elettronica, il cuore delle e-bikes. Un’industria importante che si sente minacciata dall’invasione delle bici elettriche cinesi che sono di peggiore qualità, ma hanno (per ora) un prezzo imbattibile.
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