#Ergastolo a #Mladic, per le cose che sono accadute (things that happened) durante la guerra in Bosnia tra il 1992 e il 1995. Tre anni in cui vennero massacrate più di ottomila persone e che gli fecero meritare l’appellativo di #boia di #Srebrenica. «La condanna di Mladic risuona ben al di là dei Balcani – scrive Stefano Stefanini nel suo editoriale – . In un momento di fragilità politica e di ansie illiberali, l’Europa scopre la tenuta dei valori e delle idee su cui è fondata».
I valori dell’Europa nella forza del Diritto
I
l percorso della giustizia è stato lungo. E’ arrivato a destinazione dopo un quarto di secolo. La condanna all’ergastolo di Ratko Mladic da parte del Tribunale dell’Onu per l’ex Jugoslavia è la prova che esiste ancora una comunità internazionale di valori e diritti umani.
Non è ridotta a un’anarchica competizione d’interessi e sovranità nazionali.
Fare giustizia era indispensabile per i Balcani; la riaffermazione dei valori era importante per un’Europa che dubita di se stessa.
Sono passati più di 22 anni dall’eccidio, a sangue freddo, di Srebrenica. Furono massacrate più di ottomila persone. Quel luglio del 1995 l’exJugoslavia toccò il fondo del precipizio di guerre civili, pulizie etniche e barbarie umanitarie. Per Europa e Occidente divenne impossibile continuare a guardare dall’altra parte.
Prima l’intervento militare e le missioni di stabilizzazione, poi gli allargamenti hanno trasformato i Balcani occidentali. Oggi quattro Paesi sono nella Nato (Slovenia, Croazia, Albania, Montenegro), due nell’Ue (Slovenia e Croazia); tutti gli altri sono candidati all’una, all’altra o ad entrambe. I semi di democrazia, rispetto dei diritti umani, legalità hanno attecchito, quand’anche faticosamente. Condizioni di vita e di benessere hanno fatto un balzo in avanti. I Balcani hanno ancora terreno da recuperare ma sono irriconoscibili rispetto agli Anni 90. In molto meglio.
Restano cicatrici non rimarginate. In Bosnia, dove il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, non ha ritegno nel chiamare Mladic «eroe»; in Macedonia dalla difficile coabitazione fra slavi e albanesi; fra Serbia e l’indipendente, ma non riconosciuto, Kosovo; in una miriade di micro-conflittualità dormienti. Giocano col fuoco i vagheggiamenti politici di «Grandi» Stati monoetnici – mai esistiti (gli Imperi ottomano e austroungarico erano, per definizione, multinazionali e plurietnici), dimenticando la lezione di Srebrenica e di altri orrori. La condanna di Ratko Mladic e quella, prima di lui, di Radovan Karadzic, costituiscono un potente ammonimento.
Il Tribunale per l’ex Jugoslavia è stato in attività per ventiquattro estenuanti anni (circa 500 testimoni, per il solo processo Mladic). Missione compiuta. La stessa del Processo di Norimberga per la Germania nazista. Di quella catarsi liberatoria hanno bisogno oggi i popoli balcanici. Ma non c’è liberazione senza «completa rievocazione degli eventi responsabili, che vengono rivissuti, a livello cosciente, sia sul piano razionale che su quello emotivo» (Treccani). E’ avvenuto senz’ombra di dubbio in Germania – e questo ne fa il grande Paese europeo che è oggi. Nei Balcani c’è chi se ne mostra capace; penso al Presidente serbo, Aleksandar Vucic, che l’anno scorso sfidò la sassaiola proprio a Srebrenica. C’è chi si avvita nel nazionalismo etnico, come Dodik e altri leader, non solo in Bosnia. Riflettano un attimo sulla sentenza di ieri.
La condanna di Mladic risuona ben al di là dei Balcani. In un momento di fragilità politica e di ansie illiberali, l’Europa scopre la tenuta dei valori e delle idee su cui è fondata. Non solo. Scopre che hanno una presa universale. Quella dell’Aja non è giustizia «occidentale»; è giustizia dell’Onu da parte di un tribunale la cui composizione riflette cinque continenti. Con buona pace del relativismo. Questo vale anche per i crimini contro l’umanità che sono stati e continuano, purtroppo, a venir commessi in Africa, in Asia, in qualsiasi parte del mondo.
L’Europa non vive un momento politicamente felice. E’ attraversata da faglie divisive, interne ed esterne. La crisi d’identità ha colpito il pilastro transatlantico con Brexit e col nazionalismo economico della presidenza Trump. Europa e Occidente continuano però a ritrovarsi nei valori fondanti e nelle radici culturali; la catarsi è un discendente diretto di Sofocle ed Euripide. Tenuta di valori e tutela di legalità e diritti umani sono spesso affidate a istituzioni internazionali, come Onu, Ue, Nato, Osce, che vengono messe in discussione dalla miopia egoistica e irrazionale dei movimenti populisti. Ragione di più per difenderle.
La sentenza dell’Aja contro Mladic non può riportare in vita le migliaia di vittime di Srebrenica e di altre barbarie. Ma ridà speranza e fiducia ai Balcani e all’Europa.
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