Così come al Santiago Bernabeu, anche all’Etihad Stadium Maurizio Sarri ha deciso di puntare su Amadou Diawara in cabina di regia. Anche in questo caso a partita non era come le altre: in campo si affrontavano due tra le squadre più in forma del momento e la competizione era la Champions League. Alla fine ha prevalso il City di Pep Guardiola che ha sì vinto , ma non stravinto.
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ell’elenco dei titolari, tra le fila azzurre, figura quel numero 42, un numero che dalle parti di Manchester (sponda City) fa affiorare alla mente bei ricordi. Diawara ha scelto questo numero perché è quello indossato da un certo Yaya Toure. E il giovane centrocampista incontra proprio il suo idolo prima di scendere in campo e scaricare l’emozione oltre che la tensione.
L’inizio, di sicuro, non è dei migliori: la prestazione di Diawara rispecchia quella complessiva della squadra che nei primi 25 minuti sembra essere rimasta all’interno dello spogliatoio. Gli uomini di Guardiola eclissano totalmente il centrocampo partenopeo, Amadou appare timido sia in fase di impostazione che in copertura. Ma con il passare dei minuti aumenta la fiducia degli uomini di Sarri e il Napoli mostra, a sprazzi, il suo gioco fallendo anche un rigore con Dries Mertens.
Nel secondo tempo il Napoli è un’altra squadra, Diawara un altro giocatore. Al minuto 72 un episodio fa venire fuori tutta la sua personalità: Ghoulam viene abbattuto in area di rigore e Antonio Mateu Lahoz assegna un altro penalty agli azzurri. Hamsik ha il pallone tra le mani, pronto a cederlo a Dries Mertens ma Diawara ha deciso: quel rigore lo calcerà lui. Sistema il pallone, guarda Ederson fino all’ultimo istante e la piazza all’amgolino; recupera il pallone dalla rete e corre verso il centro del campo. Quel signore ha solo 20 anni e non gli importa se la sua squadra è sotto di due gol e se ne ha già sbagliato uno nel primo tempo; non gli importa se l’avversario è uno dei club più forti al mondo: di coraggio e personalità Amadou Diawara ne ha da vendere, tanto di cappello…
a cura di Pasquale Ammora
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