(di Virginia Murru)
Si parla di ‘preveggenza’ del crimine, di ‘predective policing’, ma non si va a scomodare stregoni o sensitivi, il KeyCrime è un potentissimo software, sul cui database sono stati inseriti dati relativi a reati avvenuti in precedenza, che poi vengono elaborati, comparati, con la velocità di un cervello elettronico.
Il sistema ‘ragiona’ con gli algoritmi, analizzando ogni dettaglio su un certo tipo di crimine, e fornendo infine elementi utili a sventare altri colpi dei criminali seriali. Non si parla neppure del film ‘Minority Report’, interpretato da Tom Cruise, dove l’investigatore protagonista, con strategie di preveggenza, riesce a prevenire gli assalti dei malviventi. No, non è fantascienza, qui è la Scienza che agisce, e, inutile dirlo, sempre attraverso l’intuito e l’intelligenza umana, con un mezzo di altissima tecnologia informatica, ossia un cervellone, un predective crime, che svolge funzioni di ‘detective’, e d’intelligence.
Lo fa ‘viaggiando’ in incognito sul web, e contribuendo a sventare rapine, e altri crimini, attraverso i dati che riesce ad elaborare. Sembra davvero il sogno avveniristico di ogni Commissariato, e invece il sistema ‘KeyCrime’ è in uso da diversi anni nella Questura di Milano, dove ormai da tempo si diffondono i risultati lusinghieri di queste tecniche innovative per la lotta contro il crimine. Un software che ci invidiano nel mondo intero, da tempo nelle mire degli Stati Uniti, che sta già pensando d’introdurlo per rendere più semplice e produttivo l’operato delle forze dell’ordine. Il sogno di ogni Squadra Mobile, comunque ‘avanguardismo’ nell’ambito dell’investigazione e della lotta contro i criminali che organizzano rapine in modo seriale.
E’ stato Mario Venturi, udinese, Assistente Capo della polizia di Stato, a inventare questo metodo rivoluzionario per la cattura dei criminali, studiando una procedura idonea ed efficace, tramite il cervellone, atta a prevenirne la reiterazione in futuro, con precise misure. Con fiuto da levriero, conosce ‘frequenze’ e abitudini di chi commette un certo tipo di reato, perché il suo metodo certosino ne analizza lo svolgimento, tramite i dati raccolti dalle indagini, e li trasferisce nel software ideato per l’analisi di questi input. “Questo è un lavoro che va affrontato con metodo e intuito” – sostiene Venturi.
Non si può che concordare, l’investigazione non è un gioco sul quale si può andare allo sbaraglio, e la macchina, per quanto non possa fare a meno dell’intelligenza umana, ha comunque capacità di elaborazione, e velocità, con la quale, la mente dell’uomo, da sola, non può competere. Sono gli enigmi della Scienza. Il software da lui brevettato è stato gratuitamente offerto in comodato d’uso alla Questura di Milano, dove peraltro da tempo Venturi è in servizio.
Ma come funziona in concreto, il KeyCrime? Prende in esame migliaia d’informazioni, concernenti reati commessi ai danni di esercizi commerciali, farmacie, banche, analizzando il comportamento del malvivente, quindi il vestiario, il modo di muoversi, di parlare; insomma le sue personali abitudini. Il software non è un semplice contenitore di dati: infatti analizza, confronta, in millesimi di secondo elabora e simula ‘ragionamenti’ tipici degli esseri umani, attraverso l’impiego di algoritmi, che hanno richiesto anni di studio per la realizzazione e la messa in opera di questi potenti mezzi informatici.
Svolge propriamente funzioni d’intelligence, ‘investiga’, con il finissimo fiuto di chi ne guida i passi, ossia dell’operatore che lo ha ideato e ne sa egregiamente sfruttare i pregi. Queste analisi, con alto indice di precisione, permettono di sventare colpi altrimenti destinati ad andare a segno. Permettono, con autentica ‘preveggenza’, di ‘presentire’ il momento (quando e dove ) in cui il criminale si appresta a compiere o reiterare il crimine. Per ogni reato il KeyCrime può registrare anche 20 mila dati, e questo dà l’idea della base sulla quale opera poi nell’analisi. Ma basta riflettere al fatto che partendo da pochi secondi di filmato di una telecamera di sorveglianza, si possono estrapolare più di 60 elementi utili alle indagini. E poi il resto lo fanno i dati storici, le caratteristiche fisiche e le abitudini del criminale, le armi di cui si serve nel corso delle rapine, il timbro di voce…
Il KeyCrime analizza in chiave scientifica tutti questi input, ed è in grado di fornire indicazioni preziose sulle prossime mosse del malvivente, quando colpirà ancora e dove, perfino le ore più a rischio per il posto preso di mira. I risultati sono nei numeri che indicano i bilanci annuali del crimine, ed è qui che si resta senza parole: praticamente la Questura di Milano – l’unica per il momento che si serve di queste sofisticate tecnologie informatiche – ha raggiunto traguardi senza precedenti, incredibili, con questo sistema di lotta contro il crimine.
A partire dal 2007, primo anno di sperimentazione del software, tutte le rapine ai danni di uffici postali, farmacie, banche, esercizi commerciali di Milano e hinterland, sono state inserite in una enorme banca dati (il KeyCrime), che permette poi, con automatismi informatici, di eseguire ricerche comparative. E’ praticamente una memoria efficientissima, che da sola sostituisce squadre d’investigatori, dato che ogni elemento viene messo al vaglio, incrociandolo e comparandolo con mille altre informazioni riguardanti il singolo reato.
Fatti pregressi e dati storici stipati nella memoria del software, consentono quindi di prevedere le prossime mosse, con attendibile precisione, e infine, attraverso il lavoro degli agenti, di prevenire e catturare, come spesso accade, il malvivente, cogliendolo in flagranza di reato. Anche questo risultato è merito del “Nero Wolfe” che ha ragionato come un essere umano, anche se in effetti è un ‘prodotto’ scientifico dell’intelligenza, che replica se stessa e ‘clona’ le sue potenzialità attraverso l’estro creativo. Non ci stupiamo più di nulla, tutto sembra scontato, ma in realtà queste sono conquiste che dovrebbero impressionarci. Con il KeyCrime sulla ‘torre di controllo’ della sicurezza a Milano, gioiellieri e dipendenti di istituti di credito (.. e non solo, ma comunque con la più alta incidenza di rischio), si sentono più protetti.
Lo dicono i numeri, che come al solito sono più eloquenti delle parole: nel 2008 le rapine ( ci si riferisce a obiettivi sensibili, quali farmacie, gioiellerie, supermercati e altri esercizi ) erano state 664, nel 2015 sono scese a ben 283. Le rapine in banca da 329 nel 2009, a 57 nel 2015. Un calo più che notevole. Una rapina su due, dal 2013, è stata sventata grazie all’impiego del software. I casi trattati con KeyCrime, e risolti positivamente nel 2007, anno di sperimentazione del software, sono passati dal 27% del 2008 al 54% del 2013, con ulteriori miglioramenti negli ultimi anni. Risultati eccezionali, perché le elaborazioni ottenute dall’uso del cervellone, e le indicazioni derivate da questi dati, sono state il più efficace deterrente del crimine, che è stato circoscritto e ridimensionato, riducendone anche i costi.
Il successo ottenuto da KeyCrime, non poteva passare sotto silenzio, non solo in Italia, ma anche all’estero. Un noto economista, docente all’Università di Essex, nel Regno Unito, prof. Giovanni Mastrobuoni, ha ritenuto eccezionali i risultati di questa tecnologia al servizio della Polizia alla Questura di Milano. Egli è ovviamente dell’avviso che non possa essere una procedura d’investigazione originale limitata al territorio della metropoli milanese, ma debba prendere il largo ovunque, se questi sono i risultati che ha garantito dopo quasi dieci anni di sperimentazione. “In ogni città – sostiene il prof. Mastrobuoni – si verificherebbero mille rapine in meno all’anno, e si salverebbe un capitale di oltre 3 milioni di Euro, sottraendoli ai malviventi.
Gande interesse ha destato il KeyCrime negli Stati Uniti, la validità del metodo investigativo ideato da Mario Venturi, che si avvale degli algoritmi, ha portato la suo eco fino alla Casa Bianca.
In un articolo pubblicato da Peter Orszag, economista e banchiere, collaboratore a suo tempo di Bill Clinton e Barak Obama, ex direttore dell’Office of Management and Budget, vi sono riferimenti chiari all’inefficienza del sistema giudiziario americano, e al modo in cui operano le forze dell’ordine, i cui risultati non sono ritenuti soddisfacenti. L’editorialista Peter Orsrzag, che ha pubblicato l’articolo nell’Agenzia Bloomberg, alla Chicago Tribune, all’HeraldNet e Charlotte Observer, esprime critiche di rilievo nei confronti dell’attività investigativa della Polizia americana, sui tempi eccessivi impiegati per venire a capo dei crimini commessi, procedura che egli considera superata e problematica.
Esprime riserve anche sulle pene detentive comminate agli autori dei reati, e sostiene che si dovrebbero rendere più brevi i tempi della detenzione, agendo sulla prevenzione e intervenendo con logiche dissuasive che esercitino pressioni psicologiche sui criminali, rendendoli consapevoli del rischio di cattura al quale si espongono compiendo atti illeciti, della pena certa alla quale essi vanno incontro contravvenendo alle leggi in vigore. Sarebbero inoltre necessari, secondo l’economista, interventi di carattere sociale che migliorassero la formazione e l’istruzione delle giovani generazioni, nonché le opportunità di lavoro, misure che già di per sé costituirebbero un deterrente nei confronti del crimine.
Secondo Orszag, le fasce vulnerabili, con inclinazione a delinquere, sarebbero sensibili alla prospettiva d’essere catturati, e adottando strategie per aumentare tale consapevolezza, risulterebbe più efficace delle lunghe pene detentive, perché scoraggerebbe i possibili autori dei reati. Orszag, nel suo editoriale, porta poi l’attenzione sul KeyCrime, sulla riduzione dei tempi di scoperta del crimine, e sulla soluzione del caso.
Si sofferma quindi sulle strategie del software in uso a Milano, e ritiene che sia un modello da adottare anche negli States. Fa poi riferimento al ricercatore dell’Università di Essex, mettendo a confronto i risultati ottenuti dalla polizia di Milano, che si serve del software keycrime, e quelli ottenuti dai Carabinieri. Nessuna concordanza in termini di risultanze, dato che è stato ormai accertato, dopo la sperimentazione di quasi dieci anni, che il software ideato da Venturi ha prodotto risultati di gran lunga migliori. Sono i bilanci annuali, i numeri, a dimostrarlo, non si tratta di opinioni.
Di rilevante importanza anche l’interesse suscitato dal KeyCrime a Boston. Il primo agosto scorso, il software è stato presentato al ‘Summer Institute’ del National Bureau of Economic Research. Si tratta di un meeting che si tiene ogni anno, dove si analizzano gli studi economici più interessanti e lungimiranti, che riguardano ricercatori di tutte le parti del mondo.
Per quel che riguarda gli sviluppi di questi metodi, Mario Venturi afferma che negli intenti del Ministero degli interni, c’è l’obiettivo di espandere e portare in tutto il territorio nazionale queste tecniche innovative. ‘Anche perché – aggiunge – è necessario comprendere che non solo costituiscono un deterrente per i reati, con la conseguente drastica riduzione degli eventi criminosi, ma in un versante caro ai tempi di crisi e ristrettezze economiche, il tutto si traduce in un grande risparmio’. Venturi afferma anche di non volersi fermare qui.
Il KeyCrime è ancora un ‘cantiere aperto’, suscettibile di miglioramenti. In programma c’è la realizzazione di un software ancora più sofisticato, sulla base di quello esistente: Il KeyCrime Cube. Il software avrebbe enormi capacità, perché applicabile su larga scala, nell’intero territorio dello stato, con il coordinamento del Ministero, sull’operato delle Questure. Il problema, come sempre, sono i mezzi finanziari in grado di portare avanti questi progetti, ma davanti alla prospettiva di esercitare un controllo sempre più esteso sul crimine, le risorse diventeranno disponibili.
Sarebbe poi il risparmio in termini di numeri che ne deriverebbe, a finanziare l’intero progetto.
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