Latorre e Girone
L
a Corte ha l’impegno solenne espresso dalla delegazione italiana a rimandare Latorre e Girone in India se il processo dovrà farsi lì. Così l’agente indiana Neeru Chadha, durante la seconda udienza all’Aja, ai giudici che le chiedevano “cosa sarebbe accettabile” per permettere il ritorno del fuciliere in Italia in attesa della decisione sulla giurisdizione del caso marò. Ripensando alla retromarcia del governo Monti, basterà?
L’AJA – Proprio in chiusura della seconda udienza al Tribunale arbitrale dell’Aja chiamato a decidere sulla richiesta italiana di far rientrare in patria il fuciliere Salvatore Girone dall’India in attesa che la corte stabilisca a chi compete la giurisdizione sul caso dei marò, l’agente di Nuova Delhi ha dovuto cambiare momentaneamente ma significativamente registro. La signora Neeru Chadha era alle prese con la sua dichiarazione finale, in cui ribadiva l’opposizione dell’India alle “misure provvisorie avanzate dall’Italia”, quando si è sentita rivolgere dai cinque giudici del panel il seguente interrogativo: “Cosa sarebbe accettabile per l’India” per permettere il ritorno di Girone in Italia? “L’India – ha risposto la signora Neeru – necessita dell’assicurazione che in caso venga riconosciuta la giurisdizione indiana sia garantita la presenza di Salvatore Girone” a Delhi per un eventuale processo a suo carico. Subito dopo, è stata l’agente indiana a incalzare i giudici: “Il Tribunale arbitrale stabilisca le garanzie”.
Potrebbe sembrare un’apertura, di fronte all’atteggiamento di totale chiusura portato avanti dall’India nella due giorni olandese. Ma quella di lasciare l’iniziativa al Tribunale arbitrale potrebbe essere anche un esercizio retorico. Come potrebbe la Corte garantire che, nel caso in cui l’India si veda riconosciuta la giurisdizione sul caso, Roma accetti pacificamente di rimettere Salvatore Girone e il collega Massimiliano Latorre – accusati di aver ucciso due pescatori indiani al largo del Kerala nel corso del servizio di vigilanza anti-pirateria prestato a bordo della petroliera “Enrica Lexie” nel 2012 – su un aereo con destinazione Nuova Delhi? Per due giorni, la delegazione italiana ha espresso l’impegno di Roma a rispettare il verdetto del Tribunale dell’Aja sulla giurisdizione, impegnandosi solennemente, nella seconda giornata di udienza e prima della dichiarazione finale indiana, a rimettere i due marò alla giustizia indiana in caso di verdetto sfavorevole. Può bastare? Alla corte decidere.
Alla corte, in particolare, decidere sull’affidabilità, sull’onorabilità della parola di Roma. Lo ha evidenziato in aula l’avvocato del team legale italiano, Sir Daniel Bethlehem, esprimendosi sulle garanzie richieste dall’India per un eventuale ritorno di Girone: “L’Italia si impegna solennemente, non con l’India, ma con il Tribunale arbitrale cui l’Italia stessa si è rivolta per risolvere questa disputa. La vostra decisione sulla richiesta italiana – ha a quel punto rimarcato sir Bethlehem rivolgendosi a cinque giudici – si riduce a una questione essenziale: questo Tribunale considera affidabile, di fatto e di diritto, l’impegno dell’Italia a restituire Girone all’India, se questo fosse richiesto dalla decisione del Tribunale stesso? Se sì, le misure provvisorie che l’Italia richiede sono sia appropriate che necessarie”.
Purtroppo per l’Italia, un precedente ben noto potrebbe essere strumentalizzato dall’India per mettere in dubbio la solennità dell’impegno italiano. L’iniziale rifiuto del governo Monti a far tornare in India Girone e Latorre dopo che ai due fucilieri di marina era stato concesso di rientrare in Italia per riabbracciare le famiglie durante le vacanze natalizie. L’iniziale fermezza dell’esecutivo dei tecnici franò ben presto di fronte alle quotidiane rimostranze di Nuova Delhi, fino a lasciar posto al finale più prevedibile: la ripartenza dei marò nel marzo del 2013. Era un altro governo, dedicato a ben altra mission, salvare i conti italiani dal crack. Quel governo cercò anche di salvare la faccia, senza riuscirci, dando risalto all’aver ottenuto, durante una trattativa gestita dall’allora segretario agli Esteri Staffan De Mistura, che Girone e Latorre non avrebbero rischiato la pena di morte. Ma quel triste balletto potrebbe generare oggi conseguenze ben più gravi della brutta figura.
Per contro, l’India potrebbe anche scegliere di non tirare troppo la corda. Perché Nuova Delhi ha importanti accordi commerciali in ballo in sede Ue e sa bene che mettere in discussione l’onorabilità di uno Stato membro dell’Unione del peso dell’Italia potrebbe comprometterne la conclusione. Durante il vertice a porte chiuse con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, il premier Narendra Modi si è impegnato a “rispettare in ogni caso le decisioni dell’arbitrato internazionale in corso” all’Aja, riferiscono fonti qualificate Ue a Bruxelles, secondo le quali l’impegno dovrebbe comprendere anche le “misure provvisorie” che l’arbitrato deciderà entro qualche settimana, oltre alla sentenza finale sulla giurisdizione, attesa non prima del 2018. Le fonti hanno sottolineato che quest’impegno figura al punto 12 della “dichiarazione congiunta” sottoscritta alla conclusione del vertice Ue-India: “Il massimo che si poteva ottenere”.
vivicentro.it-cronaca / larepubblica / Marò, India apre spiraglio su Latorre e Girone : “Tribunale arbitrale stabilisca garanzie che Girone tornerà” di PAOLO GALLORI
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