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Hamsik: “Mi manca sentire il tifo del San Paolo. Con Sarri anni straordinari, di Benitez penso questo”

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La lunga intervista di Marek Hamsik, ex capitano del Napoli ed attuale giocatore ai microfoni de Il Mattino

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’ex capitano del Napoli ed attuale giocatore del Dalian, Marek Hamsik, ha rilasciato una lunga al quotidiano Il Mattino, in cui parla della sua esperienza in azzurro e del suo addio

Cosa le manca di Napoli?

«Ogni cosa. Gli amici, il cibo. Quella è lamia casa, lo è stata per dodici anni».

E del Napoli?

«Mi manca sentire il San Paolo, il tifo della gente. Mi manca una partita come quella contro la Juve che è in grado di dare delle sensazioni uniche e straordinarie come poche altre».

Le beghe del calcio italiano non le mancheranno: era da espulsione l’intervento di Meret?

«Difficile. Certo se Ronaldo non alza la gamba si può farmale, però è anche vero cheMeret non l’ha preso. Stare al posto dell’arbitro non è mai cosa semplice».

Era così irraggiungibile la Juve?

«Vedendo la partita e i novanta minuti in cui il Napoli ha dominato, direi proprio di no. Però poi pesano su tutto i soliti punti lasciati per strada nel corso del campionato che noi del Napoli riusciamo a perdere puntualmente e che loro, invece, non perdono mai».

Vero che se il Napoli fosse stato in lotta per lo scudetto non avrebbe chiesto a De Laurentiis di andarsene?

«Può darsi: perché vincere lo scudetto al Napoli, rendere felici i napoletani, sarebbe stata una cosa incredibile che non mi sarei perso per tutto l’oro del mondo».

In dodici anni a quale allenatore è rimasto più legato?

«Reja è stato il primo che ho avuto quando ero davvero piccolo, con Mazzarri abbiamo vinto le prime coppe, con Sarri abbiamo avuto l’orgoglio di aver giocato il calcio più bello d’Europa. E Ancelotti è un vero fuoriclasse della panchina».

Si è dimenticato di Benitez.

«Al di là delle troppe sostituzioni anche con lui il rapporto è stato buono. Però per il mio tipo di calcio i tre anni di Sarri sono stati straordinari»

Ha mai perdonato allo spagnolo la panchina di Kiev con il Dnipro?

«Quella mi è pesata, e non poco. Non l’ho capito, però l’ho perdonato».

Stasera il Napoli inizia la scalata verso la finale di Baku.

«Si può arrivare fino in fondo, abbiamo (perché Marek parla ancora come se fosse al Napoli, ndr) le carte in regola anche se ci sono tanti avversari temibili come Chelsea, Siviglia, Arsenal, Benfica, Valencia. E guai a pensare che il Salisburgo sia un avversario facile. Non lo è. E lo devono capire soprattutto i tifosi napoletani che devono dare una grossa mano nella gara di stasera come in tutte quelle in casa».

Cosa avrebbe detto prima di questa partita ai suoi compagni?

«Quello che loro sanno. A questi livelli non c’è squadra che faccia regali o ti renda la vita agevole».

Sarebbe diventato un calciatore migliore se avesse accettato la corte della Juve?

«Non ci ho pensato mai. Io sono contento per le scelte fatte, non ho rimpianti. Io per il Napoli e la sua maglia ho dato tutto. Sempre».

Dopo l’errore di Insigne dal dischetto che gli ha detto?

«Che è sempre il numero uno ed è il più forte di tutti. Sono contento che sia Lorenzo ad aver preso la mia fascia».

Che addio è stato?

«Non come volevo io, perché quando sono uscito dal campo con la Sampdoria non sapevo come sarebbe andata a finire. Ma è stato tutto rapido, improvviso. In poche ore ho detto sì e ho parlato ai miei compagni. Poi la trattativa si è prolungata ma in quei giorni sapevo che sarei andato via e che alla fine un accordo si sarebbe trovato. Ritornerò per salutare imiei tifosi come si deve».

Lo scudetto perso lo scorso anno è il suo più grande rimpianto?

«Sì, una ferita che brucia ancora. Ci siamo arrivati davvero a un soffio».

Perché Sarri dice che l’avete perso in albergo?

«Non è così. Le partite e i campionati si perdono in campo, non in albergo. E penso proprio di averlo perso sul terreno di gioco della Fiorentina».

A fine carriera si vede dirigente con il Napoli o allenatore?

«Alla fine, mi vedo per un bel po’ di anni in giro con i miei amici di Pinetamare a vedere partite allo stadio e a divertirci. Pinetamare è il posto del mio cuore, ho capito subito che era casa mia. E non mi è mai mancato niente».

 

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