Nell’anniversario della morte, le Associazioni Massoniche omaggiano Giuseppe Zanardelli politico e massone ispirato dai valori di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza
Giuseppe Zanardelli, statista e massone, commemorato a Brescia nell’anniversario della morte
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el giorno di Santo Stefano una delegazione di Associazioni Massoniche rende omaggio a Giuseppe Zanardelli (Brescia 1826-1903) patriota, politico e statista militante della Sinistra storica animato dai valori massonici di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza fra gli uomini. A questi ideali si ispirò ed ad essi uniformò il suo agire, sia come Ministro e poi come Presidente del Consiglio. Nel maggio 1882 fece approvare una coraggiosa legge elettorale che allargava la base elettorale che dal 2% della popolazione passava al 7%, non era certo il suffragio universale auspicabile, ma un decisivo passo in avanti che ammetteva a votare non solo chi vantava un censo ma anche chi sapeva leggere e far di conto, avendo almeno frequentato le prime classi elementari. Rispetto al censo furono ammessi a votare chi pagava 20 lire annui di tasse dirette, rispetto alle 40 della precedente legge. In totale da 600 mila elettori della precedente legge elettorale si veniva a passare a 2 milioni di elettori col nuovo sistema. Un allargamento che permise alle classi popolari (soprattutto quelle scolarizzate del Nord! Ahinoi!) di avvicinarsi al democratico diritto di voto.
Nel 1889, sempre il “nostro” Zanardelli si fa promotore di una coraggiosa riforma del Codice Penale che, tra l’altro, prevedeva l’abolizione della pena di morte ed additato come modella dai democratici di mezzo mondo. Zanardelli affermava che «…le leggi devono essere scritte in modo che anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne il significato; e ciò deve dirsi specialmente di un codice penale, il quale concerne un grandissimo numero di cittadini, anche nelle classi popolari, ai quali deve essere dato modo di sapere ciò che dal codice è vietato, senza bisogno d’interpreti». Egli era convinto che la legge penale non dovesse mai dimenticare i diritti dell’uomo e del cittadino e che non dovesse giudicare il delinquente come persona irrecuperabile: non occorreva solo reprimere, ma soprattutto correggere ed educare. Concetti che poi sono stati recepiti dalla nostra Costituzione repubblicana: “Le pene… devono tendere alla rieducazione del condannato” (art.27).
Da presidente del Consiglio, pur ormai in precarie condizioni di salute, si occupò attivamente di riorganizzare la rete ferroviaria nazionale e rivolse, soprattutto la sua attenzione al Meridione, istituendo la monumentale opera dell’Acquedotto Pugliese, avviando un programma di industrializzazione della zona partenopea e compiendo un faticoso (per le sue peggiorate condizioni di salute) un faticoso viaggio di alcuni mesi in Basilicata per rendersi personalmente conto delle condizioni di miseria in cui versavano quelle dimenticate popolazioni di nuovi cittadini italiani.
Era estate inoltrata e pochi mesi dopo rassegnava le dimissioni e veniva a morire nella sua Brescia il giorno di santo Stefano del 1903.
Sono passati 116 anni ed i Bresciani ed i Fratelli massoni ne serbano sempre immutata memoria, fatta di rispetto ed ammirazione per tanto senso del dovere che animò la vita di questo cittadino esemplare che credeva nei valori del trinomio: Libertà, Fratellanza, ed Uguaglianza. E quanti ancora oggi ci credono e si sforzano di praticarli, questi eterni valori, ogni anno con deferenza si recano al suo monumento che sorge nel centro di Brescia e vi depongono una corona di alloro, come omaggio a un grande Uomo e come impegno a seguirne le orme, ognuno nel proprio operare quotidiano e nel posto che occupa nella umana società.
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