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Castellammare di Stabia

Giovanni Esposito: Amo la mia Castellammare, il mio sogno è allenare la Juve Stabia

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ggi abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Giovanni Esposito, giovane allenatore di Castellammare di Stabia, che non ha avuto fortuna nella sua carriera di calciatore e ancora meno ne sta avendo come allenatore, anche se le sue doti non sono passate inosservate ad allenatori del calibro di Sasà Campilongo e Maurizio Sarri.

Queste sono state le sue parole:

Ciao Giovanni, in tanti a Castellammare di Stabia, tua città di origine ti conoscono, soprattutto chi del calcio ne ha fatto il proprio mestiere ti conosce non solo in veste di tifoso della Juve Stabia, ma anche in veste di calciatore e ore di allenatore. A chi invece non ti conosce vuoi fare una sorta di autopresentazione?

Voglio iniziare con l’esperienza alla Libertas Stabia quando nello staff c’era anche il mio carissimo amico Giovanni Somma. In quel periodo vincemmo tutto quello che c’era da vincere con il settore giovanile, è stato un periodo bellissimo perché con Giovanni c’è un rapporto di stima reciproca oltre che di amicizia e con lui è stato facile lavorare perché è una persona preparata e di stile che ti mette subito a tuo agio.

La sua trafila anche nella Juve Stabia parla chiaro: dal settore giovanile come Dirigente accompagnatore è passato ad essere responsabile marketing; questo fa capire a tutti le qualità professionali di una persona come Giovanni che resta comunque umile e “silenzioso” nel suo lavoro al servizio degli altri.

Io comunque nasco come allenatore dieci anni fa sotto la guida di Macera che in Campania è il più preparato. Sono stato con lui a Paestum vincendo il campionato Juniores arrivando in finale a giocare con il Pianura dei Capasso che era una società fortissima dell’epoca.

Sono poi andato ad allenare il Gladiator, ho allenato l’Ischia vincendo il campionato allievi con tutti i giocatori dell’isola, prima e unica volta che sia accaduto un fatto del genere. L’esperienza di Ischia è stata bellissima e la porto ancora nel cuore non solo per il rapporto che si è formato con gli isolani, che ancora oggi mi stimano e non fanno mancare manifestazioni di affetto nei miei riguardi, ma anche per i mezzi messi a disposizione dalla società. Nel periodo ischitano ho lavorato come mi piace: vivendo sull’isola e pensando esclusivamente ad allenare i ragazzi in quanto lo stipendio che percepivo mi permetteva di far vivere la mia famiglia.

Successivamente sono stato a Torre Annunziata vincendo un campionato allievi con il Savoia, nel periodo in cui Luce mise a disposizione ingenti risorse economiche anche per il settore giovanile. Purtroppo sappiamo tutti come si è evoluta l’esperienza Luce, con le vicende giudiziarie che mortificarono una programmazione seria per fare calcio a Torre Annunziata.  Anche a Torre, nonostante ci sia una certa rivalità con Castellammare, mi stimano ancora e sognano un domani la mia presenza sulla panchina dei Bianchi per allenare la prima squadra.

L’apice della tua carriera finora quale è stata?

Sicuramente la mia esperienza come secondo di Campilongo a Taranto, ricordo ancora il mio incontro con il grande Sasà, allenatore che secondo me è sottovalutato, il quale mi vide allenare e mi scelse come suo secondo: fu un sogno. Quando siamo arrivati a Taranto abbiamo trovato una situazione bollente con la squadra che era stata contestata “fisicamente” due settimane prima e con il calciomercato di riparazione nel pieno svolgimento, ricordo che in un allenamento erano rimasti solo 12 giocatori. Abbiamo ricostruito una squadra ma non siamo stati neanche fortunati, ricordo ancora quel calcio di rigore sbagliato al 90’ a Potenza, quello fu il crocevia della stagione. La nostra esperienza non è continuata a Taranto perché non hanno blindato Mister Campilongo e hanno permesso attacchi verso di lui da più parti. Dopo il ripescaggio hanno scelto di ricostruire ancora una volta la rosa e di affidarsi a Papagni che è un signor allenatore per la categoria. Sicuramente i rossoblù non devono avere la frenesia di vincere perché, dopo il ripescaggio, questo deve essere un campionato di assestamento per poi puntare il tutto per tutto il prossimo anno. L’esperienza di Taranto è stata importante per me, perché ti misuri con una piazza calda che ti mette tanta pressione e ti forma nel carattere, ringrazierò a vita Mister Campilongo.

Perché secondo te con un curriculum del genere non ti hanno mai preso in considerazione a Castellammare?

Non so perché sia successo questo, i tifosi della curva mi conoscono e sanno che io amo i colori gialloblè, tant’è che in passato sono andato anch’io in trasferta a seguire le Vespe a Reggio Calabria in occasione dei play off, a Bitonto quando Puntureri segnò la rete della promozione. Non posso dire di non essere ben voluto. Per il carattere che ho, allenare la Juve Stabia sarebbe stato deleterio soprattutto per la mia salute, perché sarei stato troppo coinvolto.

Mi dispiace però dire che Castellammare non mi abbia mai dato niente e, nonostante i miei risultati precedenti parlino chiaro, non ho mai ricevuto una chiamata, magari anche solo per discutere e capire se poteva esserci la possibilità di trovare un accordo.

Non ho mai avuto persone alle spalle che mi abbiano aiutato a trovare una sistemazione e forse questo il mio problema. Gli attestati di stima nei miei riguardi non mancano, ma poi all’atto pratico non si traducono in occasioni di lavoro, forse perché è difficile concedere fiducia agli allenatori giovani con me, nonostante non stiamo parlando di piazze come Barcellona, Juventus, Bayern Monaco. Mi basterebbe allenare anche solo il settore giovanile. In altre piazze italiane invece gli allenatori delle formazioni giovanili sono quasi sempre del posto.

L’anno scorso sono stato molto vicino ad allenare a Castellammare, quando la Juve Stabia contattò Campilongo per il dopo Ciullo, confesso che non ci ho dormito la notte perché da tifoso sapeva che la situazione era delicata. Sottolineo ancora una volta che il nostro mancato arrivo non è stata colpa mia o del Mister. Si era parlato di una richiesta di Campilongo di portare a Castellammare cinque membri del suo staff, ma questa è una notizia falsa.

Nella vita posso dire mai dire mai e chi sa se un giorno riuscirò ad arrivare su una panchina stabiese.

Che ne pensi della frase “Valuta bene un professionista e dagli il giusto valore, perché alla fine ti costerà di più allontanare l’incompetente”.

Oggi è difficile allenare perché devi essere ruffiano e legarti a Direttore e Dirigenti per avere una carriera più semplice, io sono l’opposto, voglio essere libero di esprimere le miei opinioni e il mio modo di essere, per questo ho maggiore difficoltà. A questo ci possiamo aggiungere che non facendo altri lavori, l’unica fonte di sostentamento della mia famiglia è lo stipendio da allenatore.

Se oggi io avessi un altro lavoro ti dico addirittura che forse non farei neanche l’allenatore, perché questo è un mondo difficilissimo. Altri miei colleghi invece pur di allenare, accettano tutte le condizioni economiche proposte e queste fa “svalutare” il nostro mestiere.

Posso però dire che la scuola italiana di allenatori è la migliore al mondo, anche se in Italia siamo indietro per la gestione dei giovani calciatori e per le strutture messe a disposizione.

La tua carriera, tolta l’esperienza di Taranto, è stata al servizio dei giovani ci parli del tuo progetto a Massalubrense? C’è solo questo in futuro o stai pensando ad altro?

A Massalubrense c’è una realtà avviata con una scuola calcio che ha chiesto il mio aiuto, ufficializzeremo il progetto a giorni, però posso già dire che è una realtà che mi piace in quanto non c’è quella pressione da parte dei genitori. Noi siamo allenatori e in quanto tali dobbiamo badare ad esaltare le qualità di un giovane, ma la base ci deve essere e non siamo noi che costruiamo i calciatori.

A Massalubrense si respira proprio quest’aria, tutti i genitori non pensano di avere in famiglia il loro Ronaldo o Messi e ti fanno lavorare in pace. A loro interessa solo che il proprio figlio si diverta e faccio un poco di movimento, poi sta a noi individuare eventualmente quello che può fare carriera.

Il mio ruolo sarò non solo quello di allenatore in campo ma anche di supporto ai ragazzi fuori dal rettangolo di gioco.

A quale allenatore ti ispiri?

Io ho le mie idee e non mi piace studiare gli altri allenatori, io ho un mio credo calcistico giusto o sbagliato che sia. Mi piace aggiornarmi ma nulla più, ho le mie idee. Posso essere paragonato a Conte per la grinta che metto in campo, mi piace Sarri per la sua genuinità perché non sono uno “costruito” ma dico sempre quello che penso, anche se non piace agli altri.

Sarri lo preferisco perché anch’io sono un fumatore che si nasconde per poter fumare senza farsi vedere.

Questa sera è la notte di San Lorenzo, qual’è un desiderio che vorresti si realizzasse?

Un desiderio importante per me quest’anno già si realizzerà: mia moglie tra poco metterà al mondo il nostro terzo figlio, il secondo maschio, e per me questo è già un anno bellissimo.

Giovanni noi ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato e ti auguriamo un domani di vederti allenare una squadra di Castellammare di Stabia.

Mi farebbe piacere perché anch’io sono tifoso delle Vespe e a quelli che mi dicono che quando vado a vedere le partite è perché voglio gufare la squadra della mia città, rispondo che sono solo degli ignoranti. Nell’attesa di un’eventuale chiamata, spero che la Juve Stabia riesca a tornare nel calcio che conta perché l’emozione che ho provato a Roma quando mi sono abbracciato con Giglio è una cosa che mi porto dentro.

Mario Vollono

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