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Castellammare di Stabia

Garibaldi a Ischia. Al Torrione un Abate foriano, suo primo biografo.

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Padre Giuseppe da Forio, al secolo Erasmo Di Lustro, francescano dei Minori Osservanti, tracciò un brillante panegirico dell’Eroe dei due Mondi.
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Padre Giuseppe da Forio, al secolo Erasmo Di Lustro, biografo di Giuseppe Garibaldi.

La storia dell’isola d’Ischia s’incrocia con quella dell’intera Italia. Ne è silente testimone il Torrione di Forio che dall’alto della sua mole sfida sornione i secoli e i terremoti. All’interno del Museo Civico Giovanni Maltese, lo scrigno che custodisce i segreti del Torrione, si apre, svelando ai sempre più frequenti visitatori, spaccati di epoche più o meno recenti. Com’è già abbastanza noto, testimoniato anche dallo storico foriano Giuseppe D’Ascia e dalla vasca tuttora presente presso un antico hotel casamicciolese, Giuseppe Garibaldi frequentò l’isola verde per curare la ferita riportata all’Aspromonte.

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Il Generale Giuseppe Garibaldi

«Sotto la direzione ed il disegno dell’architetto Gaetano Fazzini, venia dal signor Manzi costruito un elegante e spazioso stabilimento di Bagni Termo-Minerali, approfittando di due vene di acque trovate scavando due pozzi, le quali fatte analizzare dal Professore Raffaele Cappa, furono trovate medicamentose e non dissimili alle altre vene dell’antico Stabilimento di Gurgitello. Questo stabilimento Balneare è posto di fianco al suo palazzo ad uso di Albergo, quasi di fronte all’antico fonte dell’acqua dell’Occhio. La costruzione di questo Stabilimento di bagni è di stile greco. Un peristilio di ordine greco dà accesso alle sale dello stabilimento decorate alla pompeiana. Decentissimi camerini con vaschette di marmi bianchi, corridoi coverti, cortili adiacenti, atrii spaziosi e comodi, abbelliti da colonnati, ristorati da verzieri, circondano i bagni – sul cui vano di entrata havvi una iscrizione che tralasceremo. In uno di questi gabinetti da bagno il Generale Giuseppe Garibaldi per varii giorni nel mese di giugno 1864 si servì per curare la sua ferita al piede colle acque di Casamicciola, e nell’annesso Albergo prese stanza, quando arrivò in questo Comune, nelle ore vespertine del 19 giugno detto anno: nel quale albergo dimorò circa 8 giorni». 

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La vasca nella quale si curò Garibaldi, presso un noto hotel isolano

Meno nota è la biografia del Generale Garibaldi che scrisse Padre Giuseppe da Forio, abate dei frati francescani m.o. e edita dallo Stabilimento Tipografico Perrotta di Napoli nel 1862. Nei volumi pubblicati anche in successive edizioni fino alla terza, aggiornate fino al famoso “Obbedisco” di Bezzecca, il prelato traccia una visione del Nizzardo con l’entusiasmo e la consapevolezza di trovarsi a recensire un grande personaggio che aveva scritto la Storia d’Italia. Intriso d’ideali libertari e grato all’eroe per aver realizzato ciò cui gran parte degli italiani aspirava, l’Unità di un popolo, P. Giuseppe mette in risalto la semplicità del personaggio, rimarcandone la provenienza popolare. Garibaldi, nato a Nizza il 22 luglio del 1807 da famiglia di marinai e divenuto lui stesso provetto comandante, abbracciò la fede del Risorgimento che l’avrebbe portato ad essere uno dei principali artefici dell’Unità d’Italia. Erasmo Di Lustro, (nome di battesimo di P. Giuseppe) ne fu fiero fautore in un ambiente ostile, quello del regno di Ferdinando II e della Curia, al tempo schierata per gran parte con la monarchia napoletana. Con la sua illuminante e dotta predicazione, eseguita principalmente nella chiesa di Santa Maria La Nova a Napoli, ma anche nel circondario delle diocesi limitrofe, preparò le masse ignoranti al nuovo avanzante e ai modelli cristiani della nuova Italia. Il Generale Garibaldi, durante il periodo in cui fu Dittatore di Napoli, ebbe modo di apprezzarne la costruttiva dialettica e ascoltandolo il 20 settembre 1860 lo chiamò ”Primo oratore d’Italia dei tempi nuovi” e confidò ai suoi amici: «Questo monaco ha contribuito all’unità d’Italia con la sua parola, quanto io ho contribuito con la mia spada». Ma lo schierarsi apertamente a favore dei Savoia e di Garibaldi non ripagò il frate francescano, anzi fu avversato dalle gerarchie ecclesiastiche che lo perseguitarono in tutti i modi, limitandogli le predicazioni che rappresentavano per l’Abate Giuseppe l’unica fonte di sostentamento. A causa delle sue idee filo unitarie, fu costretto ad abbandonare l’ordine dei Minori Osservanti e riuscì ad ottenere, grazie a potenti intercessioni, l’iscrizione al clero secolare. Con tale carica evitò l’indigenza e pian piano riuscì ad aprire una scuola privata a Napoli dal 1862 al 1867. Amareggiato e avvilito ma non domo fece ritorno nel suo paese natale: Forio. Qui una nutrita schiera di allievi seppe apprezzare i suoi ideali libertari e la sua elevata cultura e dialettica. La biografia di Giuseppe Garibaldi non fu il suo unico testo scritto. Di Erasmo si ricordano la traduzione delle poesie di Percy Bysshe Shelley e vari altri scritti tra cui una Guida alle lezioni di eloquenza (Tipografia Luigi Banzoli, 1846, Napoli) e una monografia tecnica Spese di Culto. Numerose copie delle prediche eseguite in occasione di onoranze funebri, nozze o eventi particolari, d’insigni personaggi dell’epoca, sono custodite nelle varie chiese delle principali città italiane. Celebri sono l’elogio di Camillo Benso Conte di Cavour, il festeggiamento delle nozze di Maria Pia di Savoia e l’omaggio a Sigismondo Thalberg. Uno degli allievi dell’Abate fu Giovanni Maltese che apprese, oltre all’innata dialettica che Padre Giuseppe condivideva, anche con l’aiuto del libro di Basilio Puoti “l’Arte di scrivere in prosa” edito dalla Stamperia del Vaglio a Napoli nel 1848, le regole fondamentali della metrica. Con questi insegnamenti Giovanni cominciò a scrivere i suoi endecasillabi di “Cerrenne” e i sonetti di “N’crocchie” e per ripagarlo lo immortalò in un dipinto a carbonella tuttora custodito nel Museo Civico del Torrione di Forio. In occasione dei funerali del prelato, nel mese di gennaio del 1898, l’insigne letterato e giornalista foriano Luigi Patalano, che ne era stato intimo amico ed erede culturale, pronunciando il discorso commemorativo ripercorse i momenti significativi della vita dell’abate francescano e disse tra l’altro: «… P.  Giuseppe da Forio fu senza dubbio uno dei più grandi oratori sacri d’Italia ai suoi tempi, tra il 1845 e il 1860. I Borboni, che spesso lo vollero nelle loro private cappelle, lo ebbero carissimo malgrado le amare verità che spesso loro diceva. Ma in quei tempi in cui tutto poteva ottenersi dal regio favore P. Giuseppe da Forio, nulla volendo e nulla chiedendo, poteva permettersi di  richiamare il Sovrano ad una migliore comprensione ed osservanza dei suoi doveri. P Giuseppe da Forio, il “fulmine di eloquenza”, come lo definiva Il Fanfulla, (quotidiano italiano dell’800), trascinando il popolo con il fascino onnipotente del suo eloquio contribuì a propagandare il principio della necessaria unificazione come condizione imprescindibile della grandezza e della libertà della nostra Patria …».

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La lapide in commemorazione di P. Giuseppe da Forio.

Il Centro Ricerche Storiche D’Ambra, http://www.ricerchedambra.altervista.org/garibaldibicentenario.htm  da sempre dedito alla fruizione, raccolta documentaria e storiografica delle varie vicende che nel corso dei secoli hanno interessato l’Europa, è diretto dall’Avv. Nino D’Ambra, Presidente, tra l’altro, dell’Officina della Memoria l’organismo nato per la tutela e la propagazione delle radici del popolo di Forio. L’esimio ricercatore e autore, tra altre opere, di un compendio sulla vita dell’Eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi, le cui copie sono distribuite in tutte le Ambasciate italiane nel mondo, ha mandato recentemente in stampa il suo ultimo lavoro: Padre Giuseppe da Forio Francescano Garibaldino, da cui sono stati tratti alcuni stralci e notizie storiche. Nel 1922, quando già si respirava il totalitarismo imminente, i suoi concittadini vollero rendere omaggio, con l’apposizione di una lapide presso la sua ultima dimora, all’ingresso del centro storico, ad imperitura memoria di questo campione della libertà.

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el gruppo di promotori facevano parte, oltre al già citato Luigi Patalano, il Dott. Giuseppe Amalfitano, Vitantonio Matarese e  il padre e uno zio dell’Avv. Nino D’Ambra, Domenico e Giovanni. Tutti i visitatori del Museo Civico Giovanni Maltese, al Torrione di Forio www.iltorrioneforio.it,  possono beneficiare di queste e altre notizie inerenti al patrimonio culturale di Forio.

Luigi Castaldi

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